Magic Box

Succede, molte volte, che la vita ti possa riservare delle sorprese. Succede, molte volte, che da un giorno all’altro la società ti esonera senza un motivo apparentemente plausibile. Succede, se ti chiami Gary Rowett e sei l’allenatore del Birmingham City.

Succede, soprattutto, se hai la sfortuna di avere alle spalle una dirigenza quasi mai presente, che al termine football affianca solamente il termine money, che alla passione sportiva affianca solamente l’introito economico. E fu così che Gary Rowett, da due anni sulla panchina dei Blues, viene licenziato dopo che, proprio quest’anno, era a soli 3 punti dalla terza posizione: “vogliamo investire su un profilo che garantisca risultati a medio-lungo termine”, dicono i piani alti. E non vogliamoessere nei panni dei tifosi quando, la mattina successiva, al risveglio hanno letto su tutti i giornali la notizia: il nuovo allenatore si chiamava Gianfranco Zola.

Magic Box, proprio lui. Per una volta “vittima” di una magia, lui che le magie era solito mostrarle sul rettangolo verde: quella fatta dai capi della Trillion Trophy Asia che, al posto del classico coniglio, hanno tirato fuori dal cappello uno dei giocatori più forti della storia del calcio italiano, e l’hanno buttato lì, inavvertitamente e inaspettatamente, sulla panchina del St Andrew’s, con un unico obiettivo: migliorare il suo miglior risultato ottenuto da allenatore. Si, è ancora sulla bocca di tutti, in Inghilterra, quel miracolo sportivo avvenuto quattro anni fa nella cittadina di Watford, dove i cosiddetti Hornets, sotto la guida del tecnico sardo, riuscirono ad arrivare ai playoff di Championship dopo una cavalcata tanto trionfale quanto irrazionale (Watford-Leicester dovrebbe ricordare a tutti, infatti, che il calcio è uno sport meraviglioso). E, se proprio vogliamo cercare – e trovare – l’ago nel pagliaio, le modalità del suo approdo ai gialloneri furono le stesse del suo sbarco a Birmingham: ai tempi fu l’allontanamento di Sean Dyche (attuale allenatore del Burnley), giovanissimo e in rampa di lancio, a spianargli la strada; adesso, il pluricitato Rowett. In comune, il malcontento dei tifosi, prima e dopo; i playoff prima, e nel migliore dei casi, i playoff dopo.

zola

Oltre agli elogi, però, bisogna anche dire che questa è stata una scelta rischiosa. Il punto di forza del Birmingham City finora è stato proprio il non essere cambiato nel corso del calciomercato estivo: rosa speculare a quella dello scorso anno, con una sola partenza (non distruttiva) ai fini dell’economia della squadra. Conoscere i tempi e il modo di giocare dei compagni di squadra può essere uno dei punti di forza per affrontare al meglio una stagione sportiva, e cambiando il tecnico, il fautore di tutto, rischi solo di mandare all’aria quanto di buono è stato creato. Zola, poi, è reduce da due esperienze abbastanza fallimentari, con il Cagliari in Serie A – in una stagione conclusa con la retrocessione delle teste di moro – e con l’Al-Arabi, in un campionato non tra i più difficili del pianeta. Come ci ricorda la storia, però, Arsène Wenger è diventato il Wenger che tutti noi conosciamo dopo aver fatto un anno di transizione al Nagoya Campus, in Giappone, e Quique Sanchez Flores è tornato in Europa a fare faville con squadre di medio-bassa classifica dopo aver trascorso 4 anni in Arabia Saudita. “50 e 50”, quindi, come direbbe Gerry Scotti: meglio non mettere subito le mani avanti su un epilogo che potrebbe rivelarsi sbagliato.

Tra l’altro, appena un mese fa, Zola era tornato nel Regno Unito – precisamente a Londra – per festeggiare i 20 anni dal suo passaggio al Chelsea, squadra per cui nel 2007 è stato eletto “miglior giocatore della storia”, e nel frattempo anche per salutare Antonio Conte, allenatore che stima profondamente e con cui dice di essere sempre in contatto. Pur essendo a due ore di macchina di distanza e pur avendo lo stesso colore di maglietta, da Blues a Blues c’è una certa, netta differenza, soprattutto se a Stamford Bridge vedi giocare Diego Costa e poi ti ritrovi a dover scegliere tra Donaldson, Jutkiewicz e Che Adams. Magari, e sottolineiamo magari, ci sarà un ritorno di fiamma di Diego Fabbrini, il numero 10 italiano che fino alla scorsa settimana aveva giocato col contagocce.

zola

Sul campo, da calciatore, Zola ha già dimostrato di essere capace, giocandosela alla grande con Maradona e con Gullit, ed estrapolando ogni conoscenza necessaria da miti del calcio nostrano come Nevio Scala – a Parma – e Ranieri – a Napoli. Non sempre il dopo carriera va alla grande, ma Zola deve dimostrare a tutti, per dirla simpaticamente, di chiamarsi Gianfranco e non “Gorgon” (come diceva un comico di Zelig). Sperando che a fine stagione dal cappello uscirà un coniglio, e dal Magic Box uscirà una promozione attesa per 6 anni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.