La meteora atalantina
L’anno scorso, a Bergamo, si è celebrato un trionfo. La meteora atalantina faceva il record di punti nel campionato a girone unico (ben 72) e si assicurava uno storico quarto posto nella Serie A, massimo risultato mai raggiunto dalla formazione lombarda. Trentasei giornate dopo, l’Atalanta di Gasperini non è scomparsa dai radar. Nonostante le dolorose cessioni, i Bergamaschi sono ancora lì, con le mani in pasta nella lotta europea, e con sei punti a disposizione hanno tutte le carte in regola per trasformarsi in habitué dell’Europa League.
Il sogno non è finito, è divenuto normalità. La meteora atalantina ha acquisito un’orbita stabile, e si è trasformata nell’ecosistema più ammirevole del nostro campionato.

Gasperini, anno zero
Gian Piero Gasperini è un allenatore da anno zero. Lui è l’uomo giusto quando una squadra di serie A rischia il fallout, quando si deve rialzare la testa e ripartire con coraggio. La sua carriera è fatta di risultati straordinari, se facciamo un confronto tra la situazione al suo arrivo e quella alla sua partenza.
Un tempo l’imperatore Augusto si vantava di aver trovato una Roma di mattoni, e di aver lasciato ai posteri una Roma di marmo. Per Gasperini, nel calcio è lo stesso. Arrivò al Genoa quando le cose si erano messe piuttosto male: era il 2006, e il Grifone galleggiava in Serie B senza dare molto senso alle sue stagioni.
Se pensiamo che, nella stessa annata, la lega cadetta era affollata dal Napoli in risalita e dalla Juventus punita da Calciopoli, la faccenda si complicava ulteriormente. Nel giro di quattro anni, Gasp riuscì a riportare il Genoa in Serie A, a rivincere un derby della lanterna (sempre blucerchiato dal 2002) e a qualificarsi per l’Europa League, togliendosi lo sfizio del record di punti nella massima competizione (68).
Sembrava il momento del grande salto: Gian Piero Gasperini, l’allenatore dell’anno zero, era il profilo più indicato per una squadra che andava ricostruita dalle fondamenta. Era l’Inter post-Triplete, ma Gasp non si dimostrò all’altezza. Volle imporre un 3-4-3 troppo futurista a una vecchia guardia carica di trofei e con la testa ancora cinta di alloro. Dopo cinque partite ufficiali venne esonerato; non era passato neppure il mese di settembre. Gasperini è l’unico allenatore nella storia dell’Inter a non aver mai vinto un match ufficiale. L’anno zero, questa volta, era arrivato per lui.

La rivincita di Gasperini
Gasperini ha vissuto anni bui, dopo la scottatura all’Inter. Come molti suoi colleghi è rimasto intrappolato nei tentacoli di Zamparini, il quale tra esoneri e contro-esoneri ha avuto a che fare con una trentina di allenatori nel suo Palermo. Dopo un’esperienza – diciamo così – burrascosa, Gasp è tornato nella sua Genova, dove si è tolto qualche altro sfizio con i rossoblu che gravitavano pericolosamente nelle zone basse della classifica. Dopo un paio di salvezze tranquille e un sesto posto, sentiva di aver recuperato le forze per una nuova avventura calcistica.
Da bravo marinaio, Gasperini lasciò il porto di Genova per lanciarsi verso terre inesplorate. La Lombardia non gli aveva portato fortuna, men che meno i colori nerazzurri. Quando arrivò all’Atalanta, qualcuno storse il naso. Era l’estate del 2016, a Bergamo si viveva una situazione esplosiva.
Gasperini era tornato all’anno zero ma questa volta intendeva far scattare i calendari, costruendo a Bergamo il suo primo, storico anno uno.
L’anno scorso, con il leggendario quarto posto, ha messo tutte le basi necessarie per costruire un grande progetto. Ma la fortuna, nel calcio, va monetizzata; bisogna avere tornaconti, perché non si vive di sole illusioni. E Gasperini sembra averlo capito.

La testuggine di Bergamo
L’anno zero dell’Atalanta si era chiuso nel migliore dei modi: un pareggio in casa del Milan per sigillare il quarto posto, dopo una serie di vittorie prestigiose e il record di punti in serie A.
Il primo passo per costruire l’anno uno passava dalla rosa. L’Atalanta ha venduto alcuni dei suoi migliori giocatori: tra Gagliardini e Kessiè aveva perso praticamente tutto il centrocampo, senza parlare di Conti, anche lui emigrato a Milano, e di Caldara e Spinazzola, entrambi promessi alla Juve. Con una Europa League davanti e un campionato indubbiamente più difficile, Gasperini ha compiuto un autentico miracolo trasformando la grande annata 2016/17 in qualcosa di straordinariamente concreto.

Se l’Atalanta è riuscita a uscire a testa alta agli ottavi di finale contro il Borussia Dortmund, una delle regine del calcio europeo, è perché nulla è lasciato al caso. Se la formazione bergamasca milita ancora tra le prime sei della classe, è perché Gasperini sta costruendo il suo anno uno, e lo sta facendo da basi tattiche molto solide.
Il suo 3-4-3, ormai una costante del calcio italiano, ha subito un’evoluzione mai vista prima. Se ai tempi del Genoa questo schema esaltò Milito prima e Palacio poi, nell’Atalanta che si è ritrovata tra le mani, il Gasp non ha individuato un terminale offensivo capace di capitalizzare il lavoro della squadra.
Quindi, Gasperini ha adattato i suoi, senza mai improvvisare. Il giocatore decisivo gioca largo a sinistra; è il Papu Gomez, di cui abbiamo parlato ampiamente l’anno scorso e che in questa stagione punta a guadagnarsi una maglia da titolare ai mondiali di Russia. Nel 3-4-3 dell’anno uno, Gomez diventa regista avanzato del gioco, ed è il calciatore che tocca più palloni in fase offensiva. Largo dall’altra parte gioca uno a rotazione tra Ilicic, Petagna e Cornelius; il centro dell’attacco, lasciato provocatoriamente vuoto, viene occupato da Cristante, che di professione fa il centrocampista ma con le sue scorribande sulla linea difensiva avversaria è diventato semplicemente catastrofico.
Ricapitolando: centrali difensivi in uscita alta, esterni di centrocampo dalla condizione atletica invidiabile; pressing offensivo, Gomez e Ilicic a giocare negli half spaces. Sono scelte coraggiose, quelle di Gasperini, che ha riproposto la stessa identità di gioco della stagione scorsa anche in questa difficile annata.
Il sistema Gasperini
Questa è la magia del sistema Gasperini: riesce a esaltare le caratteristiche dei suoi uomini senza snaturare il solito 3-4-3. Cristante ha dimostrato un killer instinct impressionante; in mediana, De Roon detta i tempi della squadra (cosa che non gli riusciva altrettanto bene nella sua ultima esperienza inglese). Persino due colossi come Petagna e Cornelius lavorano molto per la squadra e sono migliorati nella manovra offensiva. Per non parlare dei centrali di difesa, che sono il vero capolavoro tattico di Gasperini: Masiello, Toloi e Palomino (o Mancini) si muovono e pensano come un corpo solo, e spesso uno dei tre è autorizzato a staccarsi in marcatura sino a centrocampo. Un esempio perfetto di sincronismo tattico difensivo.

Gasperini è sempre stato molto bravo, storicamente, a tirar fuori il meglio dai giocatori. Ma forse solo con quest’ultima esperienza ci si è resi conto che Gasp non li spreme (per usare un termine che ricorda Mourinho), li migliora. Gasperini è come una botte di rovere per il vino rosso. Una garanzia di qualità. Certe volte, il suo sistema riesce a migliorare a tal punto i giocatori che questi, quando si trasferiscono in un’altra squadra, non riescono a mantenere la stessa brillantezza. I casi di Gagliardini e Kessiè dovrebbero essere sufficienti a spiegarlo.
Bergamo isola felice
Con la riconferma (quasi certa) in Europa League, l’Atalanta si distingue anche quest’anno come un’oasi nel calcio italiano.
Nonostante le cessioni illustri, il modello filosofico bergamasco non è stato alterato nei suoi pilastri fondamentali: crescita giovanile, coraggio tattico, sostenibilità economica. Una triade a cui Gasperini ha dedicato il biennio che ci lasciamo alle spalle, e che intende utilizzare come guida nel suo futuro a Bergamo.
L’Atalanta è riuscita a dare continuità al proprio progetto perché ha saputo trattenere la sua punta di diamante (il Papu Gomez, che quasi sicuramente giocherà un mondiale da protagonista con l’Argentina dei fenomeni) e perché ha dato fiducia a giovani che hanno ripagato sul campo. Perché se l’Inter ha il settore giovanile qualitativamente migliore, l’Atalanta ha quello più pronto all’impatto con la massima serie. Chiedere a Gasperini dei vari Barrow, Mancini, Gagliardini e Kessiè, lanciati sul grande palcoscenico nel modo giusto.
La gioventù dorata
La jeunesse dorée dell’Atalanta dovrebbe essere dichiarata patrimonio calcistico della nostra nazione. Perché tra l’avere un giovane forte tecnicamente e l’avere un giovane pronto mentalmente scorre una differenza abissale. Questo vuoto, che spesso trascina con sé i migliori giovani, lo sa colmare solo Gasperini. Il suo ultimo capolavoro è il giovanissimo Barrow, che ha già segnato tre volte in Serie A e ha fatto vedere cose molto interessanti negli ultimi turni di campionato, costringendo Petagna e Cornelius alla panchina.

Il sistema Gasperini non è mai stato così giovane e bello. Una riconferma in Europa League sarebbe la ciliegina sulla torta di un movimento oculato e coraggioso, che punta ad affermarsi stabilmente in un campionato dove le giganti milanesi rialzano la testa, e le squadre del centro-sud non accennano a calare il rendimento. Gasperini è ad un passo dal coronare il sogno di un trionfale anno uno. Resta da vedere se, dopo la delusione interista, l’allenatore dei bergamaschi riuscirà a confermarsi ad altissimi livelli, magari con le giovani reclute che ha lanciato in Serie A.