Uno sguardo sulla destra al quadretto di San Gennaro mentre si percorre la scalinata e poi occhi issati in alto, ruotare il corpo di 360° gradi perdendosi fra le macchie azzurre sugli spalti e sentire la voce di “Decibel” Bellini che chiama il tuo nome. Cinquantamila persone che timidamente rispondono pronunciando il tuo cognome, prendendosi quella licenza, tutta partenopea, di declinare l’accento e raddoppiarne qualche consonante.
Mareeeeek….Hamm-sìkk!
228 volte dopo Marek Hamsik non sorride più a quella strana pronuncia distante anni luce dalla fonetica slava da cui proviene il suo cognome, e quel timido grido è diventato un boato, un eco ridondante circa tutta l’area metropolitana di Napoli, che sembra possa non terminare mai.
Ten years gone
Ai tempi del Brescia si fermò dopo l’allenamento a calciare i rigori, il suo tecnico di allora, Maran, gli disse di continuare fin quando non ne avesse sbagliato uno. Hamšik ne segnò 56 di fila – li sai tirare disse il trentino – nel mentre si fece sera e lo fece smettere perché si era fatto troppo tardi.

Mentre scorro la playlist che sto ascoltando, parte un pezzo dei Led Zeppelin. Ten years gone è il titolo, dieci anni passati, come quelli trascorsi da questo episodio, nel quale più o meno tutti nell’ambiente bresciano capirono la personalità e la freddezza di un ragazzo appena ventenne, che da allora non venne più trattato come un ragazzino nello spogliatoio, ma già come un vero leader.
Napoli, Hamsik lo ha visto crescere: dieci anni di azzurro, dai venti ai trenta. Il tempo che intercorre in cui un ragazzo diventa uomo. Lo stesso tempo in cui lo slovacco è diventato un eroe silenzioso per tutti i tifosi partenopei, facendosi beffe degli stereotipi e dei facili luoghi comuni sulla città, senza mai insinuare alcun dubbio.
Nell’era De Laurentiis molti sudamericani hanno acceso e scaldato il cuore dei napoletani, sperando invano che si ripetesse quella magia degli anni ’80 che ha portato un ragazzo riccioluto, con la sua esuberanza e le sue contraddizioni ma con un talento fuori dal normale a essere idolatrato a tal punto da sconfinare tra sacro e profano. Ma i tempi sono cambiati, e questo non è stato possibile.
È come se Marek avesse capito le esigenze di un intero popolo, prendendosi questa responsabilità, come se avesse capito di che cosa avessero bisogno.
Lui che non possiede quel carisma tipico latino, ma che caratterialmente rispecchia alla perfezione i tratti del ragazzo dell’est. Freddo e distaccato, che vive nella penombra di chi sa essere protagonista e sa interagire come tale.
Live from Knebworth, 1979
Indivisibili
Napoli mi ha dato tutto ciò di cui ho bisogno. A Napoli, il calcio è come una religione e lo Stadio San Paolo è la sua chiesa. Il calcio è ciò a cui pensano quando si svegliano, quello di cui parlano tutto il giorno, è quello che sognano di notte. Spesso si ha l’impressione che il calcio sia l’unica cosa che conta. Io ci sono abituato. Il calcio è la mia vita da ventinove anni.

Essere Hamšik…a Napoli tutti lo sono: dai bambini che giocano per strada indossando la sua 17, alle anziane signore che abitano i vasci. Tutti conoscono la sua importanza e il suo attaccamento alla Città. E se lui ha avuto bisogno di tutto ciò, come ha scritto in una lettera rivolta alla squadra e ai tifosi, Napoli ha bisogno di Marek Hamsik.
Il suo temperamento e la sua pacatezza d’animo sono diventate necessarie per la realtà partenopea: vivace, turbolenta e instabile, che vive un rapporto di totale fanatismo con il calcio, con tutti i problemi che ne possono conseguire. La sua calma e il suo modo di essere sono totalmente agli antipodi con la figura di Diego Armando Maradona, ma proprio perché è un personaggio probabilmente irripetibile, c’era bisogno di qualcos’altro, di un leader che mantenesse i piedi ancorati a terra.
A differenza della gran parte dei calciatori che hanno preferito godersi lo splendido panorama di Posillipo, Hamšik ha scelto di abitare a Castel Volturno, vicino al campo di allenamento. Un paese del litorale dimizio che in passato è stato teatro di molte faide camorristiche, territorio stuprato dalla malavita che mostra scenari deturpati, più simili a paesaggi post-sovietici che possono in qualche modo ricordare la sua infanzia slovacca.
Terra che ha ispirato molti, e ultimamente con grande successo Edoardo De Angelis, con la sua pellicola Indivisibili, la quale narra di due genitori in gravi difficoltà economiche che campa sfruttando Viola e Dasy, due gemelle siamesi usate come fenomeno da baraccone. Sono appunto indivisibili, come lo sono Marek e il Napoli, con l’unica grande differenza: Hamšik ne ha fatto una scelta di vita, senza costrizione alcuna.

Ieri, oggi, domani, Marekiaro
Dell’Hamsik calciatore in questi dieci anni, il campionato italiano ne ha potuto ammirare il talento e le qualità tecniche di un giocatore atipico, ma pressoché completo grazie alla sua attitudine e il suo estro. Durante la partita egli tende a scomparire dall’azione, quasi invisibile agli occhi, per poi comparire con estrema concretezza e un senso del gol sopra la media per un centrocampista.
A Napoli c’è un movimento che tutti sanno distinguere, un suo marchio di fabbrica, il controllo di palla a seguire spalle alla porta che lui effettua in qualsiasi posizione del campo, già improntato all’azione conseguente, una rapidità di pensiero che il San Paolo ricambia spesso con un boato di stupore e adrenalinico.

Con Reja e Mazzari, da Benitez a Sarri
Nella sua prima parte di carriera, Reja e Mazzarri lo hanno utilizzato come centrocampista offensivo in un 3-5-2, sfruttando la sua letale capacità di inserimento tra le linee che gli consente di andare in doppia cifra praticamente tutte le stagioni. In questi anni Hamšik è un prospetto giovane corteggiato da grandi club europei, ma sono le squadre italiane a bramarlo più di tutti: c’è un allenatore italiano che lo stima particolarmente, ed è Max Allegri, che lo ha cercato insistentemente nel 2011 quando allenava il Milan, e con la Juventus poi nel 2015.
C’è stato però un momento in cui la sua permanenza a Napoli non era più così scontata. Il biennio 2013-2015, sotto la guida di Rafa Benitez, è stato il periodo più difficile dello slovacco in maglia azzurra. All’origine un problema tattico, ma più a fondo una sintonia mai sbocciata. Il tecnico spagnolo lo predilige spalle alla punta nel suo 4-2-3-1: dopo un buon inizio nel 2013 Hamsik soffre questa posizione che ne limita i movimenti, in una zona di campo in cui non è più il centro nevralgico del gioco, a tal punto che comincia a crearsi un inaspettato dualismo con de Guzmán che Benitez apprezza a differenza dei supporters partenopei. Le sue medie realizzative calano, e sul suo viso si può leggere una lampante insoddisfazione che mai aveva manifestato nei sette anni antecedenti.
La sua completa maturazione avviene con l’arrivo di Maurizio Sarri, che gli ricama un ruolo del tutto diverso dai precedenti. Ne fa una mezzala sinistra di un 4-3-3, arretrando la sua posizione di parecchi metri, con compiti di copertura oltre che di sviluppo del gioco. Questo nuovo ruolo gli si addice e parecchio. Hamšik ha molta porzione di campo davanti a sé e può sfruttare la sua grande visione di gioco, creando una catena di sinistra con Ghoulam e Insigne che produce una mole di gioco elevata e di ottima qualità.

Hamšik sarà
Indelebile
Quello che resterà di Hamsik a Napoli sarà un ricordo vivo di un campione che non passa tutti i decenni, che va oltre i numeri e i tanti record inanellati. Il più significativo, è il record di gol in maglia azzurra detenuto da Diego Armando Maradona con 115 marcature. Allo slovacco gliene mancano tre per superarlo, in pratica si aspetta soltanto di celebrarlo. Quello che forse gli farà ancora più onore osservando il tipo di ragazzo, è quello del record di presenze, detenuto da Giuseppe Bruscolotti con 511, compagno di Diego ai tempi dei due scudetti. Obiettivo che potrà essere raggiunto la prossima stagione viste le sue 457 partite disputate.
Ma il suo rapporto con il popolo partenopeo va ben oltre questo: è nella cultura popolare, nella quotidianità, è dentro le case, è impresso sui muri, è di fatto Indelebile.
Lo scorso 3 luglio, il writer napoletano Jorit gli ha dedicato un murales a Quarto, paese nella periferia nord-ovest della Città.
Non è stato il più facile degli inizi di stagione per Hamsik. Lo slovacco sta facendo fatica a entrare in condizione a differenza di molti suoi compagni, l’esplosione definitiva di Zielinski e le buone prestazioni di Marko Rog stanno creando una concorrenza notevole che mai ha dovuto patire nel corso degli anni.
Un segnale che però può essere un fattore decisivo per il suo ultimo capitolo, ancora tutto da scrivere in quel di Partenope. Una rosa competitiva per puntare in alto, coronando il sogno di vincere uno Scudetto e sentire un nome più di tutti riecheggiare. Quello di Marek Hamsik.