La figura di Gervinho è emblematicamente raccolta in uno dei proverbi africani più famosi. “Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella o morirà di fame. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, non importa che tu sia leone o gazzella, l’importante è che cominci a correre”.
Sembra proprio che Gervais Lombe Yao Kaoussi, che noi conosciamo come Gervinho, abbia preso questo detto e ne abbia fatto un ideale di vita.
Corri ragazzo, corri
Ho iniziato a giocare in una squadra del mio paese prima di passare all’accademia di Abidjan quando avevo 11 anni, lì è iniziata la mia formazione calcistica. Si giocava senza scarpe, per ottenere il primo paio bisognava superare tre test, uno all’anno.
I pochi negozi Nike ivoriani di fine anni ’90 hanno rasentato il boom di vendite, curiosamente grazie a una coppia di giovani promesse, formata da Gervinho e Yaya Tourè. Rispettivamente classe ’83 e ’87, i due sono agli antipodi. Yaya, già in adolescenza simile fisicamente al discobolo di Mirone, ma con temperamento da Minotauro. Gervinho è l’opposto, esile di corporatura tanto da sembrare malnutrito, apparenza che nella società locale viene spesso collegata a una bassa estrazione sociale. In realtà, Gervinho proviene da una benestante famiglia di Anyama; è, però, molto gracile e soprattutto si muove con la rapidità di chi conosce il valore del tempo, inesorabile giudice nella vita di chi non può permettersi il lusso di sprecarlo. E’ un lungimirante e determinato calcolatore, conosce bene i propri mezzi sin dal trasferimento al Le Mans, e sa quanto le sue capacità possano esplodere in un concentrato di corsa e tecnica. Non ha la pelle dura, ma è d’introversa fragilità e riesce, nonostante il proprio carattere, a isolarsi da qualsiasi fonte di energia negativa che lo circonda. Lo dimostra annullando in pratica le pressioni al suo primo tocco di palla francese. I dirigenti del Le Mans hanno acquisito un quantitativo immane di fiducia in loro stessi, poiché hanno appena lanciato nel calcio europeo un connazionale di Gervinho, leggermene più anziano e con una capigliatura simile, è Didier Drogba. Nella Loira è inevitabile che si crei un hype enorme su Gervinho e Romaric, appena sbarcati dalla Costa d’Avorio proprio come Didier. La rete segnata agli storici rivali del Nancy lascia intendere a tutta la Ligue 1 che Gervinho ha del potenziale. Del calciatore africano ha ben poco, per questo il suo primo allenatore brasiliano gli ha affibbiato questo soprannome di derivazione portoghese, come se gli ricordasse qualche fenomeno della sua terra natia.
Rudi Garcia, il mentore
Ha bisogno di stimoli, il suo talento grezzo va inserito in un contesto dove le sue caratteristiche non vengano snaturate, Gervinho appartiene alle fasce, il centro del campo non gli è mai interessato. Il motivo per cui difficilmente ha reso in posizioni che non fossero laterali sta nella sua emotività, non ama la confusione, il disordine, preferisce correre via dalla durezza di tackle e contrasti per accarezzare dolcemente la palla. Bastano pochi attimi a Rudi Garcia per capire a pieno la personalità di Gervinho, l’allenatore ha già in mente il progetto del formidabile Lille e sa che il genio quieto della Freccia Nera risulterà fondamentale quando i nervi in campo salteranno e non potrà contare sul troppo pepato Hazard o l’aggressivo Moussa Sow. La stagione dello scudetto 2010/2011 consacra la figura psicologica di Rudi Garcia: egli valorizza Gervinho al punto da farlo evolvere da astro nascente in certezza a soli 23 anni, tanto da andare in doppia cifra in entrambe le stagioni senza ricoprire altri ruoli al di fuori dell’ala nel 4-3-3. L’abilità di Gervinho nel saper adattare il proprio stile di gioco sia sulla laterale destra sia sulla sinistra è una capacità che esprime alla perfezione quanto possa essere utile a qualsiasi top club europeo. Paradossalmente, risalta anche più di Hazard. Il successo spesso estrae dall’armadio scheletri nascosti, e Gervinho ne ha uno in particolare, il denaro. L’intelligenza di avere chiaro il valore dei propri dribbling è un’arma a doppio taglio, che durante la carriera ha scandito la frequenza di alti e bassi.
Il dio denaro
Ritagliatosi uno spazio notevole in Nazionale maggiore, brucia erroneamente le tappe andandosene all’Arsenal ancora in piena crescita calcistica. 11 milioni di euro non sono pochi e l’Emirates ha senza dubbio il suo fascino, un po’ meno Arsene Wenger che del 4-3-3 non ha mai voluto sentir parlare. In poco tempo Gervinho comprende di essersi tuffato in un’avida avventura che può soltanto deteriorarlo. Pur ottenendo chance in Premier, scompare fisicamente dal sistema dei Gunners in men che non si dica, non può reggere i ritmi inglesi troppo distanti dal suo modo di vivere il pallone. Rudi Garcia quasi piange di malinconia al vederlo perdere fiato negli stadi britannici, lo sa, il suo velocista non è finito, ha solamente bisogno di nuovi stimoli.
Roma caput mundi
Perciò lo mette alla prova. Sarà Roma la culla della rinascita di Gervinho. Ritrova l’equilibrio spirituale per assentarsi dal fervore romano, si concentra unicamente su una sorta di flashback che lo riporterà indietro fino al periodo d’oro del Lille. Gervinho edizione 2013-14 è la fotocopia di quel treno imprendibile che viaggiava al limite del tachimetro sulle corsie transalpine. La catena di destra giallorossa composta da lui, Pjanic e Maicon sarà il vero lume della Roma, 85 punti totalizzati sembrano presagire una prossima eruzione della Capitale, ma una rocambolesca sconfitta con il Catania concede ai giallorossi l’unica gioia di tornare in Champions League. Il Gervinho italiano è un omaggio alla bellezza della semplicità, è formidabile facendo solamente due cose: spostare la palla prima dell’intervento avversario e subire conseguenti falli. È legge, se non va via devono abbatterlo. Gervinho porta in campo la propria personalità, non è mai superfluo, scarta i difensori con elementari cambi di direzione da scuola calcio, svolti però a una velocità insostenibile per un giocatore di calcio. I 9 gol della prima stagione purtroppo non sono altro che l’illusione dell’ascesa definitiva, il climax discendente che lo porta dalla vetta alla panchina giunge al termine nella maniera meno amara possibile. Il taglio sul lancio di Nainggolan che lo proietta dritto in porta è il più bello degli addii, gol decisivo del 2-0 nel derby, già con le valige in mano. Ritiene di aver dato tutto, ha vinto la Coppa d’Africa, riscattando quell’errore dal dischetto che nel 2012 aveva regalato il trofeo allo Zambia. I soldi cinesi luccicano troppo per passare inosservati.
Fine e rinascita
Il corrispettivo fisso stabilito per accasarsi all’Hebei è di 27 milioni di euro l’anno, sufficienti per vivere senza preoccupazioni economiche. Il 29 luglio del 2017 in Gervinho scatta una scintilla, un vuoto lo sta divorando, ha segnato il centesimo sigillo in carriera contro lo Shanghai Shenhua, doloroso dejà-vu che l’ha svegliato dal paradiso monetario in cui stava sprofondando. A 31 anni, ha dimostrato quanto il tempo per lui sia importante, ha intenzione di sfruttare ogni singolo minuto di salute sportiva a sua disposizione, per questo ha scelto Parma, l’emblema della resurrezione. D’Aversa pensa poco al suo caro 3-4-3, comprende che la salvezza deve essere affidata ai piedi di Gervinho, dunque il sistema tattico potrà essere uno e uno soltanto. Se con la Juventus è stato capace di inserirsi di testa per tornare a gioire in Serie A, quello che accade contro il Cagliari ne è una logica conseguenza. Era da Bruno Peres che non vedevamo un’impresa così maradoniana nelle fattezze.
Gervinho sarà
La fame di riscatto di Gervinho è stata premiata, attualmente è il capitano della Costa d’Avorio. Personaggio pirandelliano, sta dando prova di quanto realmente il bambino che è in noi possa ripresentarsi in qualunque momento della nostra vita. Le capacità motorie non hanno subito alcuna corrosione, sul piano mentale per Gervinho è in corso una seconda giovinezza che può davvero donargli le chiavi calcistiche della città di Parma. La maturazione potrebbe arrivare costruendo una coppia complementare insieme a Inglese, soprattutto per variare a partita in corso le tattiche, seppur ben consolidate, di un Parma che pare avere tutte le carte in regola per disputare un campionato esemplare e che ha in Gervinho l’arma dalla lama più affilata.