Essere Conte

LE QUATTRO ‘C’

Chelsea, Cobham, Cahill, Conte.

Quattro parole per una sola lettera, quattro legami resi quasi indissolubili da un girone d’andata che, comunque vada a finire, resterà negli annali come la miglior partenza dei Blues nella storia.

Eppure non era cominciata nel migliore dei modi l’avventura del tecnico azzurro sulla panchina lussuosa di Stamford Bridge; non che 10 punti in 6 partite fossero pochi, ma una doppia sberla rossa firmata Liverpool ed Arsenal non fa quasi mai bene allo stomaco. In quel ‘quasi’ è racchiusa però tutta la diversità delle squadre comandate da Antonio Conte, allenatore capace di rendere le sue squadre perfette con un gioco umile, capace di riconoscere i propri limiti.

Anche perché poi la goduria vale doppio.

Il Chelsea è una legione non ancora perfetta se ci si ferma a leggere i nomi sul tabellino, ma la conoscenza tattica del mister più ‘passionate’ del pianeta e la duttilità di uomini chiave – quali Azpilicueta e Moses – hanno reso i londinesi una corazzata ad oggi inarrestabile.

Chelsea è il corpo con cui ci si presenta di fronte agli avversari, Cobham il cuore pulsante in cui passano gran parte delle idee, Conte il cervello e Cahill il capitano.

Proprio Antonio è riuscito a rendere Gary un beniamino dei tifosi oltre che un giocatore sicuro in campo. Con David Luiz compone un binomio quasi unico, con la consapevolezza la non perfezione sia il vero punto di forza.

OPINIONE PERSONALE

Lo Stoke City, avversario di Conte nell’ultimo giorno dell’anno, credo possa essere l’ammazza-grandi capace di stoppare anche solo per un momento la cavalcata sin qui trionfale dei Blues, ma probabilmente mi sbaglierò. Un po’ come contro il West Bromwich, un po’ come con il Crystal Palace, un po’ come contro l’Everton.

Tornerà persino la ‘calamita’ Diego Costa, capace di attrarre i centrali difensivi di ogni squadra liberando spazi per gli inserimenti di esterni famosi per la loro velocità e potenza: Hazard o Pedro, Willian o qualche underdog dalle retrovie.
Chelsea Manchester United

LA RIVOLUZIONE DI SETTEMBRE 

La rivoluzione del contismo, argomento di cui si è trattato lungamente nelle scorse settimane, è partita dalla sconfitta contro l’Arsenal.

Da quel momento, come ammesso da Conte stesso, ha capito di dover cambiar qualcosa, rischiare tutto con la speranza di non dover rimpiangere niente.

Che il 3-5-2 sia il modulo preferito dal mister leccese non devo di certo essere io a dirvelo, nemmeno che Eden Hazard sia il giocatore con il più alto numero di falli subiti a partita in Premier League o che Diego Costa trovi la porta con una media positiva del 58%. Più alta di Cristiano Ronaldo, tanto per rendere l’idea.

I Blues da quel giorno si sono focalizzati solamente sul 3-4-3, modulo che si sta rivelando devastante e decisivo in un campionato che fa della tecnica e della velocità le armi in più per vincere e convincere i tifosi.

Chelsea

Tatticamente non ci soffermeremo ad analizzare il Chelsea, da una parte per mancanza di conoscenza e dall’altra per non macchiare un quadro attualmente più simile a un capolavoro che ad una squadra di calcio, ma bisogna soffermarsi anche sullo staff di cui può disporre Antonio Conte:

  • Angelo Alessio, assistant first team coach
  • Gianluca Conte, assistant first team coach nonché fratello minore;
  • Steve Holland, anch’egli assistant first team coach;
  • Gianluca Spinelli, allenatore dei portieri coadiuvato da Henrique Hilario;
  • Paolo Bertelli, Julio Tous, Chris Jones e Constantino Coratti, tutti e quattro fitness managers;
  •  Carlo Cudicini nel ruolo di Team Manager e braccio destro del mister;
  • Tiberio Ancora, nutrizionista;
  • Paco Biosca, medical director.

12 uomini, non un numero qualunque, al servizio di Antonio Conte, un giusto mix di Inghilterra ed Italia, senza dimenticarsi della colonia ispanico-brasiliana che da tempo popola Stamford Bridge.

Fabregas, Azpilicueta, Marcos Alonso, Pedro, Diego Costa, David Luiz e Willian: tutti preziosissimi ed utili alla causa del Chelsea.

CESSIONE DA OSCAR 

Con un ringraziamento speciale allo Shanghai SIPG, i Blues incasseranno circa 60.000.000 di euro dalla vendita del brasiliano Oscar.

Oscar

CONTE ERA 

Un allenatore che rientrava nella categoria dei diversi, dei ‘coraggiosi’ e degli innovativi.

La sua conferenza stampa ai tempi del Siena, quando il suo curriculum era decisamente meno decorato e decoroso di quanto non possa essere oggi, lui si esprimeva così.

Senza tanti giri di parole, “c’è gente che ha goduto a vederci perdere”.

CONCETTO DI SCONFITTA 

Come ricordato e ribadito nella celebre intervista rilasciata a Paolo Condò, ‘la sconfitta mi fa male’.

Dicono che non vada a dormire quando non ottenga i tre punti, persino nelle amichevoli.

Soffermarsi in silenzio a guardare i lati negativi è una singolarità del vincente, primo passo per il successo, tappa inevitabile e dolorosa per poter davvero comprendere al meglio dove si possa agire, migliorare e di conseguenza sbaragliare la concorrenza.

CONTE SARA’

Se il buongiorno si vede dal mattino, Antonio Conte diventerà il miglior allenatore di dei prossimi 10 anni. Ne sono convinto, non solo per averlo visto in prima persona ed aver avuto la fortuna di farlo da vicino, lo sostengo con fermezza perché non ho mai visto una persona abbracciare sistematicamente in ordine di ruolo tutti i giocatori scesi in campo, quasi in segno di rispetto per tutto quel che hanno fatto in suo nome.

Essere Conte oggi sembra facile, probabilmente perché si ha l’impressione che gli riesca davvero tutto. In realtà, alla sua squadra quasi perfetta riesce quasi tutto, ma avere dei lati negativi da analizzare e dai quali ripartire è esattamente ciò che vuole e di cui ha bisogno il tecnico del Chelsea per mantenere alta la concentrazione di tutti.

Già, perché le squadre di Conte portano in campo un gioco ben preciso, un’idea delineata chiaramente ed ampiamente ripetuta con un inglese piuttosto maccheronico ma altrettanto efficace: il Chelsea di Conte porta in campo un’idea of football, la sua idea of football. Che poi sia perfetta o quasi poco importa, perché nel calcio sono le vittorie a fare la differenza.

E, visti i risultati sul campo, inizio a credere che si tratti di una rivoluzione. La rivoluzione di settembre.

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