Ranieri è stato esonerato. Mentre in Europa League la Fiorentina si suicida sportivamente, nell’East Midlands abbiamo un’altra vittima illustre, che sedette per quattro anni nella panchina viola: Claudio Ranieri. Non basta il 2-1 ottenuto in quell’inferno di circa 43.000 posti chiamato Sanchez-Pizjuan, la dirigenza ha preso la sua decisione: il web si scatena.
“Dov’è la riconoscenza?”, “Ingrati”, “Meritate di marcire in League One”: Ranieri ha fatto breccia nel cuore dei tifosi, dei calciofili che necessitavano di emozioni più di quanto avrebbero immaginato. Perché in un calcio sempre più costituito da aziende, più che squadre, dovevamo nutrirci di favole che occultavano la mole di denaro che circola.
Ranieri è l’uomo di tutti noi. Lo abbiamo sentito tante, tantissime volte, eppure non ci stuferemo mai: Claudio incarna la rivincita. La rivincita di chi, nel 2010, arrivò secondo in classifica con 80 punti totalizzati, ma anche di chi si trovò un Monaco bestiale in semifinale di Champions(con “Nando” Morientes a comandare la classifica marcatori, che tempi), quando allenava il Chelsea. La carriera di Claudio sembrava aver subito una sorta di maleficio, sortilegio, e i risultati lo testimoniavano: a Londra lo chiamavano Tinkerman. Tradotto, l’indeciso, colui che sperimentava le formazioni cercando in maniera forsennata di riparare qualcosa(vedi il verbo to tinker).
Rimbalzava come una palla pazza da una squadra all’altra, come un vagabondo alla ricerca di un qualcosa che nemmeno lui sapeva. Forse una riconoscenza del lavoro tecnico-tattico che svolgeva, forse quella: oppure un titolo nazionale, per esempio. Le coppe non sono mancate, ma il campionato si, quello lo ha dovuto aspettare per tanto tempo, ma alla fine è riuscito ad ottenerlo. Come un bambino che non può gustarsi un gelato alla crema, finché non riga dritto.
L’ha strappato nella maniera più assurda possibile, con il Leicester City. Da eroe maledetto ad eroe, punto: sir Claudio ha fatto la storia. E forse, poteva lasciare da vincente.
Non lo ha fatto, ed è stato miseramente punito dal Dio del calcio. A tal proposito vorremmo raccontarvi un aneddoto proveniente dalla mitologia greca. Il protagonista si chiama Erisittone, re della Tessaglia, conosciuta come Eolia: il nostro personaggio non temeva la collera degli dei, e procedeva imperterrito nelle sue pratiche di violenza. La giustizia divina gli fu fatale, quando abbatté un bosco sacro alla dea Demetra per costruirsi una sala da pranzo. Erisittone fu condannato alla fame eterna, insaziabile, tanto da vendere tutte le ricchezze della famiglia per procurarsi più cibo possibile. Non poteva sfuggire al suo destino, marchiato e segnato da una giustizia troppo grande per essere dominata: diventò mendicante e finì per divorarsi.
Come la dea Demetra, anche il Dio del Calcio – se esiste – avrà punito Ranieri per la sua decisione di proseguire l’avventura al Leicester: scelta comprensibile, d’altronde Claudio non voleva perdersi i suoi pargoli blu nei prati più importanti d’Europa. Era una scelta di cuore, aveva ancora fame. Il Dio, però, l’ha avvisato:
“Sai che sei stato quasi sempre esonerato al secondo anno, Claudio? E sai che non potrai replicare le gesta dello scorso anno?”
Probabilmente lo sapeva. Sapeva anche della maledizione che puntualmente, dal 2012, colpisce ogni allenatore detentore del titolo: insomma, se vinci la Premier, non saranno rose e fiori l’anno seguente.
La maledizione dei campioni della #PremierLeague: #Ranieri è solo l'ultimo di una lunga serie… ???????????????? pic.twitter.com/kOgFuObhfK
— Eurosport IT (@Eurosport_IT) February 24, 2017
Non sapeva, forse, che il gruppo di volpi sazie e sature potesse voltargli le spalle, così: quelle volpi che sentiva come figlie, alcune rivalutate dopo stagioni obsolete e anonime, altre che lavoravano in fabbrica anni prima. Ranieri ha rivitalizzato chiunque, ma i risultati hanno subito un’impennata negativa impressionante: la difesa balla come un adolescente alle prime volte in discoteca, il centrocampo soffre prepotentemente la mancanza di N’golo Kanté, sottrattogli dalle grinfie di quel maledetto Chelsea, quell’avventura che ispirò la stampa inglese a soprannominarlo “Tinkerman“: stavolta, però, era impossibile riparare.
Ci sono perdite troppo grandi, soprattutto di motivazioni che simboleggiano un campionato disastroso, con le Foxes ammanettate nella piena lotta salvezza. Una miriade di gol subiti(43) in relazione a quelli incassati nella scorsa stagione(36) mettono in luce crepe troppo grandi, e in questi casi paga l’allenatore. Emblematico è il punto di vista di tifosi e non, che fuoriesce da quell’immensa giungla chiamata Internet:
“Beh, facile: in campionato ormai le motivazioni scarseggiano, mentre in Champions possono mettersi in mostra.”
Ora Ranieri se ne va, da eroe. Eroe un po’ maledetto, ma indimenticabile. Perché se mai avrete un figlio, raccontategli dell’impresa del Leicester, così pura e genuina, incontaminata, e sopratutto esemplificativa del concetto più classico, ovvero “never back down“. Non mollare mai, neanche se la vita ti rivolge uno schiaffo continuo a cinque mani, come quelle di Ranieri che salutano Leicester.
Quelle mani, Claudio, se le mette al cuore, e ce le mettiamo anche noi. Perché il fiume di felicità che sgorgava nel tuo volto alla vittoria finale aveva cancellato tutti i malefici che, forse, quel Dio del Calcio ti ha rivolto.