Questa sera l’Italia dovrà ribaltare il risultato di venerdì scorso e staccare il pass per il Mondiale. Dovrà, non proverà. Perchè, per gli Azzurri, la partecipazione al Campionato del Mondo non è solo una piacevole abitudine, ma un obbligo.
In Russia non si potrà stare senza Italia, non solo per noi, ma anche per le altre nazionali: senza di noi, senza sapere che ci siamo, senza batterci, alzare quella meravigliosa coppa non sarebbe la stessa cosa.
Motivo per cui, a San Siro contro la Svezia si deve ribaltare l’1-0 dell’andata, in qualsiasi modo, e andare al Mondiale.
Al resto dei problemi ci penseremo dopo.
Non cadere dalla Scala
Partiamo dal primo punto a nostro favore: San Siro.
A Stoccolma la Svezia ha avuto dalla sua parte un pubblico caldo e un atteggiamento rabbioso e scorbutico, che i nostri hanno patito e non hanno affrontato nella giusta maniera; qui, noi avremmo dalla nostra la Scala del Calcio, stadio in cui l’Italia non ha mai perso neanche una volta nella sua storia.
Ha perso a Milano, sì, due volte, ma non al Meazza: entrambe contro l’Ungheria, una volta nel 1911 e una nel 1925, prima alla Arena Civica e poi allo Stadio Viale Lombardia.
Ma erano i tempi di Cevenini, Caligaris, De Pra e via dicendo, a calcio si giocava ancora con le maglie di lana e il pallone cucito con le stringhe.
Su 43 partite poi, l’Italia a San Siro non ha mai perso e ha vinto 26 volte.
Le statistiche sono noiose, ma servono a far capire quanto sia importante e decisivo questo tempio per l’Italia, e quanto sarebbe davvero storico e deplorevole fallire per la prima volta.
L’ultimo incontro al Meazza è avvenuto quasi un anno fa, nel novembre 2016: era una delle prime volte del Gallo Belotti in Nazionale e l’Italia pareggiava a reti bianche, giocando abbastanza bene, contro una Germania sperimentale.
Stasera sono previste più di 75.000 persone e l’effetto sarà davvero strano: l’entusiasmo e l’esaltazione si taglieranno con il coltello, ma l’ombra del fallimento è dietro l’angolo, motivo per cui lo stadio potrebbe trasformarsi in un unico, terribile, fischio assordante da un momento all’altro.
Nel 2003 a San Siro andava in scena un Italia-Galles, valido per le qualificazioni agli Europei di Portogallo, che dovrebbe essere il modello di partita da imitare stasera.
Era una Nazionale fortissima, il nostro tridente era formato da Inzaghi, Del Piero e Vieri, e molti dei ragazzi in campo di lì a tre anni sarebbero diventati campioni del mondo.
Eppure davanti c’era il Galles di Giggs e Bellamy, non uno squadrone ma nemmeno gli ultimi arrivati.
Risultato? Annichiliti, tripletta di Pippo Inzaghi e rigore di Del Piero, 4-0 e tutti a casa. Questo dovrebbe essere lo spirito stasera, ma temiamo che la Svezia non si aprirà in questa maniera.
Così, giusto per ricordarvi chi potevamo schierare in quegli anni.
San Siro è uno stadio compatto, rumorosissimo e gratificante, ha una conformazione che ti permette un contatto stretto con il pubblico, uno dei pochi in Italia; è dove abbiamo vinto la semifinale contro l’Austria nel 1934, prima di diventare per la prima volta campioni del mondo.
San Siro è lo stadio per eccellenza, quel luogo magico a cui ti appelli quando sei senza forze, stremato e senza idee. Un po’ come la nostra Nazionale adesso.
Solo l’italianità del Meazza può risollevarci. L’ultimo gol azzurro qui è stato nel novembre di 3 anni fa: l’Italia di Conte si giocava le qualificazioni agli Europei in Francia e pareggiava contro la Croazia grazie ad Antonio Candreva, che sarà presente stasera.
Lui, tra l’altro, ora gioca nell’Inter e a San Siro ci è abituato abbastanza, chissà che la magia non si ripeta.
Accorgimenti e semplicità
Parlando di tattica, come può l’Italia ribaltare la Svezia? Con gli esterni.
La risposta è abbastanza semplice: l’armata gialla soffre molto la velocità di palleggio e, come abbiamo visto anche all’andata, i cross dal fondo.
Motivo per cui sarebbe d’uopo inserire un tridente d’attacco dinamico, formato da un motorino instancabile che crossi, anche bene – Candreva – e da un giocatore estroso e imprevedibile, che risponde al nome di Lorenzo Insigne. Ovviamente, con un grande finalizzatore al centro.
E, tra Immobile e Belotti, c’è l’imbarazzo della scelta.
Dovremo essere bravi a non metterla sul piano fisico, a differenza loro, ma a spaventarli con l’intensità delle giocate.
Bisogna aspettarsi un’attenzione eccessiva e maniacale da parte di Buffon e da tutta la retroguardia, magari formata da quattro giocatori anzichè tre, visto che Forsberg e compagnia li abbiamo sofferti abbastanza e con due terzini di contenimento, riusciremmo a limitare l’impeto svedese e a ripartire meglio, magari.
Il centrocampo dovrà fare a meno di Verratti, purtroppo. Ovviamente, Ventura non dovrà fare l’errore di schierare nuovamente il doppio regista: Jorginho e De Rossi non possono giocare insieme, per cui a fianco al romanista ci vogliono due mezzali rocciose come Parolo e Gagliardini.
Il resto verrà da sé soltanto se si faranno le cose semplici, quelle che vanno fatte, senza esperimenti, senza due centravanti che si pestino i piedi, senza centrocampo a due e senza complicarsi ulteriormente la vita.
Del resto, c’è in ballo un Mondiale. Ecco, questa sì che sarebbe una buona opzione per battere la Svezia.
Primo: non prenderlo
«Primo: non prenderle!» diceva Enzo Bearzot nel 1982, alla vigilia di quel leggendario Italia-Brasile.
Ricordiamoci di quelle semplici parole quando è il caso di farlo. Non prendere gol è la cosa da cui partire per costruire una partita attenta e arrembante, altrimenti ce ne serviranno tre per passare.
E in difesa non dovremmo avere problemi, non ne abbiamo mai avuti. Ventura lo sa e lo sappiamo anche noi.
E poi, la Svezia ha faticato a segnare a casa sua, giocando per non subire troppo dall’Italia e mostrando un tasso tecnico decisamente non notevole ma, al contrario, una difesa di ferro.
Ecco perchè un gol ci mortificherebbe, spingendoci ad attaccare confusamente, magari soffrendo qualche contropiede di troppo che finirebbe per condannarci definitivamente.
Possiamo prenderle, all’andata ne abbiamo già prese a sufficienza: Bonucci è uscito dal campo con il setto nasale spezzato e De Rossi, Barzagli e Chiellini hanno rimediato qualche contusione di troppo.
Forse ne abbiamo date meno di quante ne meritassero gli svedesi, ma in questi casi è meglio parlare di calcio.
Il gol, invece, quello non dobbiamo prenderlo. Abbiamo a malapena la testa per affrontare una partita in cui è necessario segnare almeno un gol senza subirne, doverne fare tre, quattro o cinque sarebbe davvero una responsabilità troppo pesante. Non prendiamolo.
Quelle rimonte
L’Italia dovrà rimontare, questo lo sappiamo.
Ma abbiamo nel DNA la capacità di ribaltare le partite? Ad occhio e croce no, soprattutto conoscendo la poca cazzimma dimostrata da questo gruppo.
Eppure, negli ultimi anni, ci sono state rimonte che, non fossero avvenute, avrebbero potuto cambiare le sorti della nostra Nazionale.
Come dimenticare, ad esempio, quell’Italia-Cipro 3-2 del 2009, con gli Azzurri sotto 0-2 fino a un quarto d’ora dalla fine? Poi salì in cattedra Alberto Gilardino che, con una fantastica tripletta, la ribaltò in 12 minuti, con l’ultimo gol segnato al novantaduesimo minuto.
Nel 2010 ci fu un’altra bella rimonta, forse più facile di quella contro Cipro, ma comunque molto sudata: si giocava in Estonia e l’Italia perdeva 1-0 fino a che Antonio Cassano non decise di vincerla da solo con un gol e un assist di tacco ai limiti dell’impossibile per Bonucci.
Da ricordare anche quella rocambolesca partita contro il Giappone alla Confederations Cup del 2013: i nipponici andarono in vantaggio per 2-0, poi però l’Italia, con una grande grinta, riuscì a ribaltarla e a segnare tre reti con De Rossi, Balotelli e un’autorete di Uchida.
Non bastò, perchè il Giappone pareggiò con Okazaki, ma a quattro minuti dalla fine ci pensò Sebastian Giovinco a farci trionfare con il risultato di 4-3.
L’ultima rimonta degna di nota è avvenuta proprio con Gian Piero Ventura in panchina, più di un anno fa: si giocava l’andata contro la Macedonia, ci fu il primo gol del Gallo Belotti con la maglia azzurra e poi il vuoto.
Due gol degli avversari e tanta, tanta difficoltà fino ad un quarto d’ora dalla fine quando il nostro cuore e Ciro Immobile con una doppietta riuscirono a farci vincere 3-2 al minuto 92.
Ovviamente il paragone con la partita di stasera non può esistere a livello di motivazione ed importanza dell’impegno: dobbiamo ribaltare un playoff Mondiale, segnare almeno una rete per andare ai supplementari e avremo certamente un livello d’ansia differente.
Ma la strada da seguire è questa.
Credere nelle nostre possibilità. Perchè siamo l’Italia, un aiuto dal firmamento del calcio ci arriva sempre: è banale dirlo, ma è importante.
Ci fa sentire forti, anche se stiamo passando uno dei momenti più bassi della nostra storia.
Al resto, come già detto, ci penseremo dopo. Battiamo la Svezia, vinciamo da Italia, prendiamoci il Mondiale.
Forza Azzurri.