Se devo immaginare la faccia di Donnarumma nell’esatto istante in cui Mihajlović lo promuove titolare a 16 anni, non riesco a non pensare alla faccia tranquilla e molto ingenua di chi, alla sua età, ha come preoccupazioni principali la scuola e le ragazze.
Sicuramente è un grosso vantaggio sapere già come è andata, come Donnarumma, a un anno dall’esordio, sia già una sicurezza assoluta, nonostante la delicatezza del suo ruolo e della sua età. Eppure proprio la sfrontatezza e la giusta dose di inconsapevolezza tipiche di chi ha 16 anni, unite a una bravura riconosciuta da tempo dagli addetti ai lavori, potevano essere un presagio positivo, affossato dalla paura dei tifosi riguardo l’immaturità e la scarsa esperienza, peraltro accompagnate da una retroguardia tutt’altro che imperforabile.
Un prodigio, Donnarumma: A detta di tutti The next big thing nel ruolo del portiere. Non ha fatto nulla per smentire queste voci. Oggi abbiamo di fronte a noi un ragazzo già maturo, consapevole delle proprie responsabilità e, a detta del suo agente – Raiola – dal valore pari a un Modigliani. Di Balotelli disse qualcosa di simile, ma questa volta sono più portato a credergli.
Con il Milan in piena rivoluzione societaria e privo di equilibrio, un ragazzo a metà tra i 16 e i 17 anni ha preso in mano la squadra, traghettandola attraverso le insidie e le ennesime delusioni di un’altra stagione inconcludente, riuscendo nel frattempo a iniziare la sua crescita inesorabile.
Questi sono, secondo il sottoscritto, i 5 passaggi più significativi del suo primo anno da professionista.
1. Esordio insidioso
A Milano, il 25 Ottobre di un anno fa, si presenta il Sassuolo di Di Francesco che, a quota 15 punti dopo 8 giornate, è già la sorpresa della stagione. Dal canto suo il Milan se la passa piuttosto male: Mihajlović è già sulla graticola e Berlusconi già imbronciato, placato solo dal fido Galliani. Nelle 8 precedenti giornate i rossoneri hanno perso un derby, una partita in casa con uno scioccante 0-4 – contro il Napoli – e nelle ultime 3 partite hanno messo in saccoccia un solo punto, conseguenza del pareggio a Torino contro i granata.
Il serbo, come se non bastasse, è da settimane in discussione aperta con Diego Lopez, reo di non seguire i suoi dettami e forse vittima sacrificale delle visioni di Sinisa. L’esordio di Donnarumma, sedici anni compiuti da qualche mese, è nell’aria da tempo e nel primo di tanti momenti delicati della stagione Mihajlović cala l’asso schierandolo titolare. Si dimostra ancora una volta uomo dal fegato sproporzionato, incurante delle pressioni e dannatamente sicuro di sé.
Solo Gigio sa cosa si prova, a 16 anni, a esordire in Serie A, davanti a un pubblico stanco e frustrato da troppe stagioni mediocri, nostalgico di tempi sempre più lontani in cui il Milan giocava le partite importanti il Martedì e Mercoledì sera, contro una realtà attuale che lo vede in difficoltà nello strappare i 3 punti a squadre di metà classifica o peggio.
Impossibile che a Donnarumma non siano tremate le gambe, impossibile che abbia passato 90 minuti più recupero con la mente sgombra. Milan-Sassuolo deve essere stato per lui un melting pot di pensieri ed emozioni tanto diversi quanto intrecciati, infine sintetizzati in tensione pura. Per la cronaca, il Milan vince 2-1 con una difficoltà pazzesca più a concretizzare che a creare, problema che, in assenza di Niang, Mihajlović si porterà dietro per tutta la permanenza sulla panchina milanista. Il gol neroverde di Berardi cela l’insicurezza di Donnarumma e la furbizia dell’ala calabrese, che sa benissimo chi si trova davanti e non fa sconti: calcio di punizione da una trentina di metri battuto con precisione e potenza sul palo difeso da Gigio che, tuttavia, ha già fatto un passo verso quello lontano. E la palla si insacca.
Berardi colpisce proprio sull’emozione che si trasforma in frenesia, l’unico vero punto debole che può trovare in un ragazzo che a 16 anni ha già tecnica e precisione negli interventi, oltreché molta sicurezza. Un gol che se preso nel modo sbagliato può bruciare una carriera, ma per sua fortuna Donnarumma non è forte solo tra i pali.
2. Il primo derby
Il derby che il Milan stravince, il 31 Gennaio scorso, è uno dei più strani della storia delle due società. Si affrontano due squadre tristi, incomplete e troppo poco competitive per il blasone che stancamente si trascinano dietro.
Donnarumma è ormai titolarissimo, senza discussioni, ha donato sicurezza alla retroguardia e a Mihajlović ma ha ancora troppa poca esperienza per non cadere in alcune disattenzioni, tipiche di chi gioca in giovane età. Sull’1-0, firmato da Alex, riceve dallo stesso centrale brasiliano un retropassaggio insidioso. La palla rimbalza più volte e il contatto impreciso col piede, aiutato dalla pressione congiunta di Éder e Jovetić, produce un campanile pericolosissimo su cui Donnarumma si avventa reattivo, evitando un gol doloroso.
Da notare Miha, in basso, che allarga le braccia ancora prima dell’errore. Aveva previsto tutto.
Qui vediamo un Donnarumma ancora umano, un ragazzo di quasi 17 anni che gioca il Derby della Madonnina e il giorno dopo, probabilmente, verrà preso in giro da qualche compagno di scuola per questa sbavatura. Per poi rispondere, a petto gonfio, così:
E zittire compagni, amici, tifosi avversari. Chiunque.
3. La prima delusione
Un Milan traballante e inconcludente ha visto il 12 Aprile il passaggio di consegne da Mihajlović a Christian Brocchi, ex allenatore della primavera. Il cambio in panchina peggiora la situazione, con il Milan aggrappato alla finale di Coppa Italia contro la Juventus per qualificarsi ai preliminari di Europa League, con l’onta di essere stato superato in graduatoria dal Sassuolo del patron-tifoso Squinzi.
La deludente stagione raggiunge il suo apice proprio nella finale persa contro i bianconeri. Una partita scialba, giocata da due compagini che sembrano venire da due mondi diversi: chi è troppo svogliato e stanco di vincere; chi si ritrova in finale di coppa unicamente per le mancanze altrui. L’epilogo è talmente scontato che vedere l’Olimpico pieno di tifosi rossoneri, e la conseguente immedesimazione, fa quasi male.
Mattatore della partita, che si trascina stancamente fino ai supplementari, è Alvaro Morata, che bagna la sua ultima partita in bianconero con il gol che regala alla Juve il secondo doblete consecutivo.
E Donnarumma? Fa quel che può, compie qualche bella parata, soprattutto in uscita bassa, ma è dannatamente impotente davanti a 10 compagni che ormai giocano casualmente, senza direttive né fiducia nei confronti di chi dovrebbe guidarli, ma su quella panchina è finito per un capriccio.
Una stagione iniziata male e finita peggio, per il Milan, fuori dalle coppe europee un’altra volta, arrivato a rimpiangere i tempi in cui ci si lamentava di un terzo posto in campionato.
Per Donnarumma finisce invece un’annata storica, indimenticabile nella sua follia.
4. Anno nuovo, vecchie storie
L’estate milanese vede forti cambiamenti societari su entrambi i fronti, l’Inter passa al gruppo Suning, suscitando l’ironia della rete, e non solo, per i primi slogan involontariamente storpiati.
I 10 secondi più stranianti della vostra vita
La parte rossonera della città si gode invece la solita telenovela Cina-Berlusconi, questa volta più vera che mai – ma le certezze continuano a mancare – e saluta un nuovo arrivo, l’ennesimo, in panchina: Vincenzo Montella. Inseguito da tempo da Berlusconi e suo pallino, l’aeroplanino viene da una stagione a dir poco fallimentare sulla panchina della Sampdoria, con lo spettro della retrocessione vivo fino alla penultima giornata di campionato.
Il solito mercato low-budget è lo specchio di una situazione che sembra cambiare ogni volta, per poi rimanere tristemente uguale. L’unica sicurezza dei tifosi, a inizio torneo, è proprio Donnarumma.
E il gigante di Castellamare di Stabia non si fa attendere: pronti, partenza, via e para un rigore a Belotti, regalando la prima vittoria stagionale al Milan contro il Torino di Mihajlović, l’uomo che l’ha lanciato.
È poi decisivo per le vittorie di Genova, contro la Samp.
E quella da copione cinematografico contro il Sassuolo, squadra contro cui l’anno prima esordì.
Riflesso puro
Donnarumma ha ormai superato lo step, non è più una giovane promessa ma un appiglio, un’ancora per quei compagni che l’anno scorso dovevano proteggerlo da un mondo spietato. Ha imparato a volare, senza paura, per difendere una porta sempre più sua, partita dopo partita.
5. Il cerchio si chiude in Nazionale
A fine Agosto il nuovo CT Ventura dirama la lista dei convocati per le partite contro Francia e Israele. Donnarumma fa compagnia a Buffon e Marchetti, risultando il più giovane convocato azzurro dal 1910 a oggi. Quando poi, nell’intervallo dell’amichevole contro i Bleus, Ventura lo manda in campo Gigio diventa anche l’esordiente più giovane dell’intera storia della Nazionale.
Realizza il suo destino, affiancando e anticipando nei tempi, a distanza di 19 anni, Buffon. La principale fonte d’ispirazione e primo paragone da affrontare, presenza costante in questo inizio carriera e, molto probabilmente, anche nel proseguimento. Un fantasma da cui assorbire positività e non ansia, o complessi di inferiorità. Una sfida che Donnarumma affronta già con la maturità dei grandi, pur racchiuso nel suo corpo di diciassettenne.
Della sfida rimane poco nei ricordi, la Nazionale soccombe alla strapotenza della “giovane Francia”, e Gigio, come 10 mesi prima a San Siro, subisce un gol evitabile, forse condizionato di nuovo dall’emozione. Ma questa volta conta poco, perché abbiamo imparato a conoscerlo.
Lo scontatissimo cross non arriva e la palla si insacca. Come un anno fa, Gigio si fa tradire dal suo palo.
Un piccolo passo falso da cui ripartire, con tranquillità e consapevolezza dei propri, incredibili, mezzi. Due esordi bagnati con due errori: il primo ha portato fortuna, sta a lui riscattare anche il secondo.