Dentro la favola Leicester: il portiere e i suoi magici guanti

La vita è come una salita: difficile, faticosa, ripida, talvolta logorante. Una continua sfida, un affronto ai propri limiti e paure: si, paure. Perché una volta che si arriva sempre più in alto, abbiamo paura: quel timore di cadere, di fallire, di mollare sul più bello. E chi può saperlo meglio di un portiere? Forse nessuno.

Pochi conoscono davvero la paura di crollare, di commettere quell’errore fatale per il viaggio, il terrore che tutto venga sprecato per un attimo di distrazione: il portiere deve rimanere concentrato e lucido, ma comunque tranquillo: è fondamentale.

I portieri sono tutti matti, dicono. Beh, un po’ di follia ci vuole, entro certi limiti, quel che conta è il carattere: non bisogna avere paura. Perché se la paura ti prende, non ti molla.

Insomma, il portiere è importante, è l’ultimo baluardo: ne puoi saltare 10, ma se non trafiggi l’ultimo mica segni. E’ la colonna portante, quello che sta in piedi fino all’ultimo e non molla mai, quello che incoraggia la squadra alla vittoria: il motivatore del viaggio. Quello che, nella folle avventura chiamata vita,rimarrà sempre fermo al solito posto.

Bastano due guanti a farlo sentire il numero uno ed a fargli fare la differenza, garantendo responsabilità e sicurezza allo stesso tempo: è necessario solo aggiustarli e toccarli per capire che non sei uno qualunque.

Ormai non si parla d’altro, è Leicester-mania. Non si può rimanere indifferenti di fronte a un miracolo che, analizzato mille volte, rimane comunque inspiegabile: sulla carta pura follia, inimmaginabile. La carta però non è indistruttibile, spesso viene risucchiata dal cuore, dalla voglia di non mollare su ogni pallone, dalla lucidità tecnica e tattica mostrata in ogni istante, fino all’ultimo secondo. Le Foxes hanno sorpreso tutti, forse pure loro stesse: incredible.

Di incredibile, però, c’è ben altro: i giocatori.

Ebbene si, la crescita dei giocatori. Pochi si sarebbero aspettati un Vardy ai vertici del calcio inglese, un Mahrez nominato miglior giocatore dell’anno, un Kanté paragonato con fierezza a Makelele per le sue meravigliose prestazioni, un Huth ritornato agli apici dopo essere destinato a un anonimo finale di carriera: ce ne sarebbero tanti da nominare. Ma per oggi ci soffermeremo sui portieri, su uno in particolare: Kasper Schmeichel.

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Chi se non Schmeichel può dire di aver (avuto) paura. Paura di crollare, di deludere le aspettative: deludere il padre. Si, perché il padre è un certo Peter Schmeichel, leggendario portiere del Manchester United: poche pressioni, insomma. Tra il 1991 e il 1999 tutto il globo poté ammirare le gesta di Peter in Inghilterra, nel Teatro dei Sogni, laddove Schmeichel esibiva parate…da sogno.

Il piccolo Kasper cresce con la stessa passione, in famiglia hanno i guantoni nel DNA, quel continuo desiderio di difendere la porta: chissà cosa accadrà. Se lo chiedono in molti, se lo chiederà lo stesso Kasper: essere all’altezza di Peter è quasi impossibile. Il figliol prodigo prova a costruirsi una strada, ma è molto ripida: forse troppo, decisamente insidiosa. Cresciuto nel Manchester City, dove proprio Peter chiuse la carriera, non sboccia mai, sembra un talento destinato a rimanere rinchiuso: colpa forse delle aspettative.
La carriera non decolla: Bury, Cardiff, Coventry, City, Notts County, Leeds, sono solo tante delle squadre che il piccolo Kasper ha girato. Sembra la storia del figlio che non riesce a ripetersi, di quel gene che forse sta mentendo.

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Father&Son: Peter chiude la carriera al City, Kasper la inizia. Ma la storia è un’altra…

E invece no. Kasper approda a Leicester e ci rimane, cambia la carriera.

Titolare inamovibile, inizia a ingranare, prende fiducia: la vita è troppo breve per aver paura di cadere, meglio spiccare il volo. E lui vola, eccome: è il suo mestiere, ci riesce alla grande. Ad oggi 195 presenze con le Foxes, ma le 35 nell’odierna Premier League sono indimenticabili: il bambino è diventato grande. Non ha paura di niente, non teme alcun ostacolo, sa di avere dei limiti ma li accetta per migliorarsi.
Agile ed efficace, sicuro e coraggioso: Kasper è una garanzia. Non esita nelle uscite e dimostra grande reattività fra i pali, come visto quest’anno: fantastica la parata su Giroud all’Emirates.

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Istinto e tecnica: Schmeichel sbarra la strada a Olivier Giroud.

E non solo quella. Una serie di gesti tecnici che stanno portando Schmeichel all’apice della sua carriera: se la vita è una salita, lui viaggia verso la cima e vuole godersi il panorama. Perché non è più il figlio di Peter, no: he’s Kasper Schmeichel, il portierone pronto a scrivere la storia.

La storia, appunto. Non quella che studi sui libri di scuola, ma un’altra: quella che scrivi sui campi. E Mark Schwarzer di storia ne sa qualcosa: del resto 850 presenze nel calcio professionistico non sono poche.

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43 anni e non sentirli: Schwarzer non parla ancora di ritiro.

Mark non è un portiere qualunque, in Premier è un veterano: bastano 366 partite nel Middlesbrough come presentazione. L’esperienza non gli manca, il carisma nemmeno: mai sotto i riflettori, qui a Leicester vive in penombra. Si, perché Schmeichel si prende (inevitabilmente) la scena, gioca e para alla grande, ma attenzione: uno come Schwarzer serve. Serve per lo spogliatoio, per l’equilibrio, per una squadra giovane e rabbiosa che, senza un pizzico di stabilità, sarebbe sfasata: Mark sa il fatto suo.

Molto spesso la figura del secondo portiere è sottovalutata, si pensa che sia inutile solo perché è inoperoso: opera eccome, invece. Opera nello spogliatoio, nella testa dei giocatori: è il saggio che smorza l’euforia nel momento giusto.
Il 43enne ne ha passate tante: è il “nonno” dei record. L’11 dicembre 2013 è diventato il calciatore più anziano ad aver esordito in Champions League durante un Chelsea-Steaua: well done. La Champions, poi, bussò di nuovo alla porta dell’australiano in occasione di Atletico-Chelsea: si, tocca a Schwarzer difendere i pali dei Blues in semifinale. Ora può stabilire un altro record: diventare il più vecchio di sempre. Basta un attimo, un secondo, un istante che glorificherebbe la longeva carriera di un portiere sempre pronto, quando chiamato in causa: Ranieri lo considera secondo, chissà se infrangerà un altro record…

Schmeichel primo, Schwarzer secondo: il terzo? Ben Hamer.

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Giovane e promettente sin dagli inizi, colleziona le sue fortune nel Brentford e Charlton: proprio con quest’ultima fu protagonista e contribuì al record di 101 punti. Poco o nulla però nella carriera di Hamer, alti e bassi che lo hanno stanziato nelle leghe minori, fino all’opportunità Leicester: mai una presenza in questa magica annata, ma già il fatto di trovarsi lì in mezzo è motivo d’orgoglio.

Insomma, due guantoni e passa la paura: anzi, non passa nessuno.

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