Il buon Quintiliano ci perdonerà se per un attimo ci appropriamo indegnamente delle sue parole: letteralmente, “Sulle cause della decadenza del Valencia”.
L’opera andata perduta dello scrittore latino originario di Calagurris aveva lo scopo di denunciare le possibili cause che avrebbero portato ad una generale decadenza dell’attività oratoria; un tema ritenuto assai caro al mondo antico romano e più volte affrontato dagli intellettuali del tempo.
Non abbiamo certo la presunzione di tenere una lezione di letteratura latina, ne abbiamo avute (quasi) tutti a sufficienza: vogliamo solamente mettere in luce quali fossero queste cause. Perché lo facciamo? Perché involontariamente Quintiliano ci suggerisce all’orecchio quali potrebbero essere stati i problemi che hanno portato il Valencia ad una complicata prima parte di stagione. Chi ha detto che calcio e cultura classica sono due mondi che non si incontreranno mai?
- Mancanza di buoni maestri nelle scuole
Ogni classe di una scuola ha bisogno di buoni insegnanti che sappiano non solo istruire, ma anche far crescere qualitativamente e far maturare le giovani menti dei propri alunni; questa figura si traduce nel contesto calcistico con quella dell’allenatore, colui che ha il compito di tirare fuori il meglio dalla rosa di giocatori a sua disposizione. Di allenatori sulla panchina valenciana se ne sono visti tanti – troppi – in questi ultimi tempi: dopo Nuno Espirito Santo, esonerato perché incapace di ribadire la buona stagione dell’anno precedente, si è puntato sul disastroso Gary Neville, che con 15 punti in 15 gare ha lasciato a Pako Ayestaran l’onere di lavorare ad una travagliata, ma ottenuta, salvezza.
Riconfermato per la stagione 2016/2017 sulla panchina di un Valencia indebolito dalle cessioni, il basco ringrazia con quattro sconfitte consecutive nelle prime 4 partite; dopo spagnoli ed inglesi, perché non puntare su un italiano in cerca di rivincita come Cesare Prandelli? Dopo un buon inizio ed una sconfitta convincente contro il Barcelona, ricomincia un declino che costringe il tecnico di Orzinuovi a dimettersi dopo soli tre mesi, nonostante la buona volontà dimostrata, per incongruenze con società e giocatori.
Ah, ci siamo dimenticati di dire che in mezzo a questi tre allenatori c’è stato proprio Voro, l’attuale tecnico e salvatore dei pipistrelli, che invece di occupare la panchina ad interim (nel frattempo), si è ritrovato ad essere mister per davverum – ho studiato bene il latino, si vede eh?.
“Quelli che vogliono apparire saggi tra gli sciocchi, appaiono sciocchi tra i saggi
- Eccessivo spazio ad argomenti fittizi nelle scuole
Per argomenti fittizi intendiamo i giocatori, per nelle scuole si intende all’interno di una squadra: il pensiero del nostro amico Quinty denunciava l’inutilità dell’esercitarsi ad affrontare situazioni che non sarebbero mai avvenute nella realtà, poiché il risultato portava a ragazzi giovani non all’altezza di fronte ai problemi del mondo reale.
Lo stesso è capitato al Valencia: indebolitosi con le partenze di Otamendi, Mustafi e Alcacer, si è ritrovato con sostituti non all’altezza, inadatti alla nuova realtà per limiti tecnici o semplicemente per mancanza di personalità. Errori difensivi spesso rilevanti da parte di Mangala e Abdennour, su cui si era puntato molto, poco incisivi e inesplosi i giovani Santi Mina e Munir, svogliato e criticatissimo Dani Parejo, centrocampista dalla grandissima abilità, dalla innata capacità di calcio ma sempre più in contrasto con la tifoseria taronges, soprattutto dopo le notti brave nel momento più difficile per la squadra.
D’altronde Prandelli aveva ragione a infuriarsi per il poco impegno messo in campo: inutile avere buoni maestri se devi insegnare ad un pesce a volare.
“Non è tanto dannoso ascoltare le cose superficiali quanto smettere di ascoltare le cose necessarie.”
- Generale decadenza dei costumi
Osservando l’insieme delle cose da un punto di vista più distante, l’oratore di Calagurris si accorge che il contesto politico è mutato, ogni decisione presa è frutto del pensiero di un singolo, pertanto ogni valore di oratoria è venuto meno.
Dal 2014, in casa Valencia, il singolo che ha preso ogni decisione è stato ed è tuttora Peter Lim, l’imprenditore singaporiano che iniziò la sua avventura spagnola con una vena ambiziosa e portatrice sana di entusiasmo: non si bada a spese sul fronte del mercato, che porta volti giovani e nuovi ad indossare la maglia bianco-arancio-nera de los Murcielagos e vengono adottate buone strategie di marketing dalla nuova dirigenza, cosa che si traduce a fine anno con un ottimo piazzamento in campionato.
Ma l’attaccamento dura poco: non appena sorgono problemi sul campo che non soddisfano le aspettative della dirigenza, ecco il passo indietro di Lim – colui che aveva scelto Gary Neville alla guida -: dopo aver venduto i pezzi più pregiati l’anno scorso, è probabile che l’imprenditore singaporiano voglia già lasciare la società nelle mani di qualcun altro, a dimostrazione del poco attaccamento nei confronti della piazza e della realtà valenciana.
“Nulla maggiormente affligge gli animi, che le deluse speranze.”
Da buon maestro quale era, Quintiliano non lasciava i suoi allievi senza soluzione al problema, per questo scrisse e pubblicò l’Institutio Oratoria; perciò potremmo prendere spunto da questo per risolvere la situazione valenciana, componendo un trattato che chiameremmo Institutio Voratoria:
Capitolo I: De Voro et suis doctrinis
- ripartire proprio dal tecnico Voro, non solo perché ha tenuto a galla la barca ma anche perché ha ridato un’anima ed un’identità ad una squadra allo sbando, confusa da cattivi insegnanti e distratta da elementi di disturbo.
Capitolo II: De Zaza pressura, de Nani driblatura, de anziani experientia
- privarsi di questi elementi e ripartire da quelli validi: dai veterani ed affidabili Nani, Diego Alves e Garay alle giovani promesse Carlos Soler, Lato e Simone Zaza.
Capitolo III: De novo duce
- ricostruire una nuova (?) ed altrettanto appassionata dirigenza, ispirata anche dal calore e dalla fantasia di una piazza che merita di più.
D’altronde, come afferma sempre lui:
“Sono la passione e la fantasia che ci rendono eloquenti.”
E vincenti. Ma Quintiliano non poteva saperlo, che il calcio ancora dovevano inventarlo.