Elogio della mediocrità

Chissà se a Danilo D’Ambrosio è mai capitato, nella sua infanzia o adolescenza, di leggere Memorie dall’invisibile, storia di Dylan Dog che, proprio come lui, ha visto la luce nel 1988.

Sono sempre stato una nullità. A scuola, la maestra mi segnava sempre assente, anche quando ero presente. Nei giorni in cui ero davvero assente non se ne accorgeva e mi segnava assente lo stesso.

Il monologo che apre quest’avventura a fumetti, una delle più belle del detective dell’incubo, è pronunciato da un protagonista nascosto, un vero e proprio uomo invisibile. Parla con il lettore, si muove sulla scena, ma nessuno lo vede. Non lo vedono gli altri personaggi e non lo vediamo nemmeno noi che seguiamo la vicenda dall’esterno e che pur siamo consapevoli della sua esistenza. A chi ha ricoperto il ruolo di terzino dell’Inter negli ultimi anni è a ben vedere toccato un fardello simile. Per un qualsiasi tifoso nerazzurro nato negli anni ’90, venuto al mondo con capitan Zanetti e diventato grande con Maicon, chiunque calchi con i propri passi le orme lasciate da tali mostri sacri possiede inevitabilmente i crismi della nullità. Ed è quasi di importanza secondaria se c’è o non c’è qualcuno che ricopra quel ruolo e se questo qualcuno abbia questo o quel nome. Il vuoto da colmare è troppo grande perché possa farlo un comune mortale. È questo il fardello toccato anche a D’Ambrosio, giunto ormai alla sua sesta stagione da uomo invisibile della fascia destra (e talvolta sinistra) nerazzurra e non lontano dalle 200 presenze con la maglia della Beneamata. 

D'Ambrosio con la maglia dell'Inter | Numerosette Magazine

D’Ambrosio è indubbiamente il meno popolare dell’undici nerazzurro e di lui non si parla praticamente mai, soprattutto quando le cose vanno bene. Ci sono solo due circostanze in cui il tifoso interista si ricorda della sua esistenza e tira fuori il suo nome nei propri discorsi. La prima coincide con qualche risultato particolarmente negativo dell’Inter. Fra le critiche di vario tipo, uno dei commenti più gettonati è sempre “finché continueremo ad avere in squadra bidoni come D’Ambrosio la situazione sarà sempre questa”. La seconda circostanza invece si verifica ogni volta che l’Inter acquista un nuovo terzino, operazione salutata immancabilmente da qualche “finalmente mettiamo in panchina quel bidone di D’Ambrosio”. Puntualmente però le aspettative di questa tipologia di tifoso vengono disilluse e finora nessuno è riuscito a togliere stabilmente il posto da titolare a D’Ambrosio. Anche Cancelo, di gran lunga il terzino di maggior classe che l’Inter abbia visto negli ultimi anni, è riuscito ad ottenere solo di far giocare a D’Ambrosio qualche partita a sinistra o da centrale nella difesa a 3: Danilo è invisibile, ma in campo ci va sempre lui. La domanda sorge dunque spontanea: D’Ambrosio è davvero un bidone?

Uomo comune

Non si può certo dire che D’Ambrosio sia un fenomeno, né tantomeno possiamo definirlo un virtuoso nell’interpretazione del ruolo. Scarsamente fornito di mezzi tecnici, si fa notare più che altro per le sue doti atletiche e per una certa versatilità. Anche la carriera del trentenne di Caivano ci parla, più che di un fuoriclasse, di un onesto calciatore che dopo tanta gavetta è riuscito a guadagnarsi l’opportunità di giocare per una squadra prestigiosa. Dopo aver rifiutato, ai tempi delle giovanili, le avances del Chelsea, D’Ambrosio muove i primi passi da professionista in Lega Pro, vestendo le maglie di Potenza e Juve Stabia. Durante la sua militanza nelle Vespe viene notato dal Torino, che lo porta dalla Seconda Divisione in Serie B. Nel campionato cadetto gioca per tre stagioni, fino a conquistare la promozione in Serie A sotto la guida di Gian Piero Ventura (al quale deve anche la sua prima convocazione in Nazionale). La sua convincente prima stagione in massima serie con i granata attira l’attenzione dell’Inter, che lo acquista nel Gennaio del 2014. 

D'Ambrosio contro l'Inter | Numerosette Magazine
D’Ambrosio, ai tempi del Torino, in azione contro la sua futura squadra

Ma il semplice essere un giocatore normale basta a fare di D’Ambrosio un bidone? In sua difesa, si potrebbe notare che lo stato di salute attuale dei terzini non è più quello di una volta. Se guardiamo i nomi che schiera la concorrenza nello stesso ruolo, non troviamo poi tanto di meglio di D’Ambrosio. Sono lontani i tempi di Cafu, Zambrotta e Panucci. In più, ci sono nomi che sono stati stampati sulle maglie dell’Inter che non andrebbero mai dimenticati, ma che per sua fortuna il tifoso nerazzurro riesce per la maggior parte del tempo a conservare sepolti in qualche piega della memoria, e che, se rievocati, renderebbero immediatamente molto più desiderabile il povero Danilo. Mi limiterò a citare Gresko e il suo disastroso retropassaggio del 5 Maggio 2002, ricordo oltremodo traumatico con cui comincia la mia storia di interista. Ma D’Ambrosio può difendersi anche da solo. La sua esperienza all’Inter può chiarirci meglio se la sua è una mediocrità nel senso dispregiativo comunemente utilizzato o se invece è una mediocrità nel senso originario del termine. Quella mediocritas che, in onore di un vecchio poeta, possiamo definire aurea.

Coraggio e riconoscenza

Come D’Ambrosio interpreti il suo ruolo di terzino e di giocatore dell’Inter è chiaro fin dalle primissime interviste da nerazzurro.

Cerco sempre di mettere le mie caratteristiche a disposizione della squadra, come agonismo e coraggio. […] Io metto tutto in tutto. Passione e dedizione sono le mie qualità.

D’Ambrosio è uno che, con tutti i suoi limiti, dà sempre il massimo. È raro che sia lui a mancare da un punto di vista dell’impegno, della grinta e del coraggio. Ed è altrettanto raro che porti a casa un’insufficienza individuale che non sia legata a un’insufficienza di tutta la squadra. È vero che talvolta si lascia andare a qualche svarione (e personalmente ricordo con orrore un assist a Bonucci in un Juventus-Inter), ma in generale è molto meno decisivo in negativo di quanto comunemente si possa pensare. Inoltre, D’Ambrosio porta la maglia dell’Inter con la riconoscenza dell’uomo comune che sa di ricoprire un ruolo che è stato di uomini tutt’altro che comuni. Non è un caso che, in occasione della prima convocazione in Nazionale, abbia riconosciuto meriti all’Inter più che a se stesso. Per questo suo attaccamento alla maglia, D’Ambrosio è sempre l’ultimo a mollare nelle situazioni critiche. Esemplare in questo senso è la commovente prova da lui offerta in Champions League contro il PSV. La partita ha sancito l’eliminazione dell’Inter dalla competizione, ma D’Ambrosio è stato uno dei pochissimi a non cadere nello psicodramma che ha colpito la squadra.

D'Ambrosio si dispera | Numerosette Magazine
La delusione di D’Ambrosio (e della squadra) per l’eliminazione dalla Champions

Decisivo

Queste caratteristiche hanno portato D’Ambrosio, non di rado, ad essere decisivo in momenti importanti. Un ottimo esempio è il match Inter-Fiorentina di questa stagione. Dopo aver chiuso il primo tempo meritatamente in vantaggio, l’Inter subisce nella ripresa l’iniziativa della Fiorentina, che prima pareggia e poi sfiora più volte il gol del sorpasso. A una decina di minuti dal termine, con l’Inter in apnea totale, D’Ambrosio tira fuori il suo coraggio: parte palla al piede, triangola con Icardi e trova il gol che vale 3 punti tanto insperati quanto importanti. Proprio lui, da terzino mediocre, si inventa un gol alla Maicon, suo idolo personale.

Merita una menzione anche Lazio-Inter dello scorso anno, partita che ha riportato i nerazzurri in Champions League dopo sei anni di assenza. Nella mente di tutti è rimasto giustamente impresso il gol del definitivo 2-3 firmato da Vecino. Ma sul risultato di 1-0, con l’Inter che aveva rischiato a più riprese di capitolare, l’unico a credere a una palla che sembrava facile preda di Strakosha era stato ancora una volta il buon Danilo, rimettendo così in partita una squadra fino a quel momento intimorita e frastornata.

D'Ambrosio segna alla Lazio | Numerosette Magazine
Il gol di D’Ambrosio contro la Lazio

Dunque, a dispetto delle critiche, D’Ambrosio, nel suo ruolo di giocatore normale di una squadra importante, ha dato numerose prove di valore. Riuscirà il nuovo acquisto Cedric a togliergli il posto da titolare?

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