No, caro Liga, stavolta hai avuto torto.
Non ti preoccupare, può capitare a tutti di sbagliare, se di sbaglio si può parlare, visto che nel 90% di casi su questo tema la ragione era dalla tua parte.
Perché nel 90% dei casi effettivamente la vita da mediano è “anni di fatiche, botte e vinci casomai i mondiali” ma per una volta, cosa rara nel calcio di oggi, non è stato così.
Se infatti sono di solito i grandi calciatori d’attacco o di grande fantasia, quelli che fanno vendere le magliette insomma, ad aggiudicarsi i premi individuali, quest’anno in Premier il riconoscimento di miglior giocatore è andato proprio ad un mediano, uno che ruba palloni, uno che segna sempre poco, che il pallone deve darlo a chi finalizza il gioco.
N’Golo Kantè in questa stagione è stato perfetto.
Come lo è stato nella precedente.
Per i puristi del ruolo, questo video è un must.
Un ingrediente fondamentale in una pietanza squisita: mertilo in un contesto non per forza di primissimo livello e ti condurrà al successo, non segnando caterve di gol, non sfornando assist come se piovesse. Però contrastando, recuperando la palla, proteggendo la difesa dalle incursioni avversarie.
È il superamento del famoso “con me o passa la palla o il giocatore, mai entrambi”, perché con lui la palla non passa mai e a quel piede sembra attratta come un magnete da una calamita.
Nelle ultime due stagioni su 72 partite di campionato ne ha saltate 2, non partendo dall’inizio solo in 4 occasioni, con un’impressionante serie di partite giocate consecutivamente tra l’1/03/2016 e il 26/12/2016, che per un mediano di rottura, uno che deve fare legna, che deve lottare su ogni pallone, che non può permettersi di non mettere la gamba, è un dato davvero notevole.
Notevole come la corsa di 4 km che fa ogni mattina, e come la risposta che diede a mister Ranieri sul perché corresse sempre, 365 giorni l’anno, nonostante il giorno prima avessero giocato una partita e nonostante le ore e ore di allenamento del giorno.
Disse: ” Vede Mister, io a Boulogne venivo sempre denigrato da tutti. Mi hanno sempre detto che io non ero fatto per giocare a calcio. Oggi mi alleno praticamente sempre per dimostrare a tutti loro, che non ci vuole solo talento, ma anche tanta forza di volontà e passione.”
Ranieri impazziva per Kantè perché, proprio come Conte ora, sapeva perfettamente che è un calciatore a cui non devi dire nulla, sa sempre cosa fare in ogni situazione di gioco, corre per quattro e soprattutto non disdegna mai un aiuto per un compagno, che sia uno scarico o un aiuto nel pressing.
Leggendaria l’esclamazione del tecnico testaccino sul francese quando si disse sicuro che un giorno lo avrebbe visto crossare e andare a colpire la palla di testa.
Conte è stato un po’ meno espansivo, limitandosi a definirlo il “silent leader” del suo Chelsea, notevole attestato di stima dopo neanche un anno in maglia Blues.
Dichiarazioni al miele ma speriamo non pensiate siano esagerate, del resto i numeri parlano per lui.
È arrivato in un Chelsea reduce dalla peggior stagione degli ultimi 15 anni e, complice anche l’impatto di Conte, lo ha riportato in alto (inutile specificare la sua importanza rispetto ad altri acquisti seppur molto positivi come Marcos Alonso e David Luiz), nello stesso tempo, il Leicester dei miracoli, con più riserve, ma senza Kantè, sprofondava nei sanguinosi meandri della zona retrocessione.
Anni fa i Lynyrd Skynyrd – se può essere lecito citare una band di chiara matrice sudista parlando di un giocatore di colore – cantavano, in Free Bird, “If I leave here tomorrow, would you still remember me?”. Beh nel caso Kantè non avrebbe bisogno di porsi la domanda, a Leicester lo ricordano (e rimpiangono) eccome, nonostante l’inserimento di Ndidi abbia leggermente addolcito una pillola indigesta.
Doveva essere la stagione di Pogba, tornato a Old Trafford da re del mercato, invece, al di là delle prestazioni negative del compagno di nazionale del nostro eroe, si è imposto e confermato Kantè, che è costato circa 70 milioni in meno dell’ex Juve, ma in campo ha fatto in modo di sembrare lui il giocatore da oltre 100 milioni di euro.
Ora di sicuro, i 35,8 milioni di euro spesi da Abramovich per accaparrarselo la scorsa estate, sono almeno raddoppiati, ammesso che il Chelsea decida di venderlo, cosa praticamente impossibile (se non a cifre esorbitanti).
Non resta quindi che citare i numeri e i dati che ci dicono come dal 2000 ad oggi solo due mediani di ruolo abbiano vinto il premio di giocatore dell’anno, Kantè, appunto, e Roy Keane, un mostro sacro, non solo del centrocampo ma anche del calcio inglese in generale.
Inoltre per trovare un giocatore che abbia vinto il premio con un solo gol segnato, bisogna tornare indietro di ben 25 anni, correva la stagione 1991/92 e a vincere allora fu Gary Pallister, difensore del Manchester United.
Dopo 13 anni un francese torna a vincere il riconoscimento singolo più ambito, nel 2004 fu Thierry Henry con 30 gol, oggi è Kantè, con 1.
Al di la delle facili battute, è bello vedere come a vincere questo premio non siano sempre i giocatori più decisivi in fase offensiva, o quelli più spettacolari, a volte possono prevalere anche i giocatori più utili.
Un altro dato, se non di valore dal punto di vista tecnico, sicuramente interessante è che Kantè, in virtù le sue origini maliane, è il primo calciatore originario dell’Africa Nera a vincere la palma del migliore, dopo che lo scorso anno Mahrez era diventato il primo africano in assoluto.
Un premio francamente andrebbe dato anche a colui che ha scoperto Kantè e ha deciso di puntare su di lui, investendo su un ragazzo relativamente giovane (24 anni all’epoca), allora sconosciuto ai grandi palcoscenici, ma rivelatosi nelle ultime due stagioni, uno dei migliori centrocampisti al mondo.
Passare da perfetto mr. Nobody a giocatore ammirato e invidiato da tutti è stato brevissimo e siamo sicuri che, ora, molte squadre cercheranno di ripetere l’operazione fatta dal Leicester due anni fa, scovando uno sconosciuto, coprendo a tappeto tutte le parti del mondo.
Cosa impossibile: la terra è coperta per il 70% di acqua. Il resto da Kantè.