Guelfi e Ghibellini, Sunniti e Sciiti, Guardiolani e Mourinhani, Castigliani e Catalani, pro-Var e contro-Var.
Dopo il primo mese e mezzo di campionato una cosa è certa: la Var divide. Questo semplice concetto era chiaro fin da prima che la sperimentazione della Video Assistant Referee cominciasse, quando ancora si discuteva se questo strumento avrebbe potuto aiutare il calcio a essere migliore. Per “migliore” si legga “con meno errori arbitrali possibile”, dato che la Var di certo non aiuta le squadre a giocare meglio. In questo nostro secondo appuntamento sulla Var, tiriamo le somme e facciamo il punto su quella che è la maggior rivoluzione calcistica degli ultimi decenni. Proprio per questo, tra ironia, critiche e lamentele, non tutti la accettano.
I dubbi di Max
Il ruolo di capitano della formazione contro-Var se l’è guadagnato Massimiliano Allegri, che ormai ha fatto della Var l’argomento chiave della sua sottile ironia, tipica dei toscani e caratteristica dei livornesi. I giornalisti lo sanno e, nel post-partita di Atalanta-Juventus, lo hanno stuzzicato (come se ce ne fosse bisogno). Lui ha regalato loro il titolo del lunedì: “A marzo, quando i punti peseranno, le partite dureranno tre o quattro ore”. Tradotto: se già a settembre il tempo perso a revisionare le azioni è così lungo, figuriamoci a marzo, quando ogni azione sarà fondamentale per decidere i risultati e delineare le posizioni in classifica. Allegri parla in generale, ma si riferisce neanche troppo tra le righe all’azione del goal annullato a Mandzukic, quello del momentaneo 3-1 Juve. Il Var ha attirato subito l’attenzione dell’arbitro Damato, chiamato a rivedere al monitor un contatto tra Lichtsteiner e Gomez al principio dell’azione del goal bianconero.
Effettivamente il terzino svizzero dà un colpo in faccia al Papu, sanzionato da Damato con il cartellino giallo. Il fatto che tra questo fallo e la rete non ci sia soluzione di continuità, nel senso che il pallone non esce mai dal terreno di gioco né entra in possesso dell’Atalanta, ha costretto Damato ad annullare giustamente il goal della Juventus. Chi dice che l’arbitro avrebbe potuto convalidare la rete ammonendo comunque Lichtsteiner non sa di cosa parla, e soprattutto non parla con la cognizione di causa di chi ha studiato il protocollo Var dell’Ifab.
Altro episodio in Atalanta-Juventus su cui il protocollo può fare chiarezza è quello del fallo di mano di Petagna nella propria area di rigore. Damato, dopo un attimo di esitazione, fischia rigore per la Juve. Prima di procedere con l’esecuzione dal dischetto, l’arbitro va a controllare le immagini al monitor; esse non sciolgono, a lui come a nessun altro, il dubbio se Petagna abbia colpito il pallone con la spalla o con il braccio. In questo caso il direttore di gara è tenuto a confermare la propria decisione presa in campo.
Probabilmente Allegri si riferisce proprio a questo tipo di situazioni, nelle quali l’arbitro tenderà sempre di più a cercare il conforto e la conferma delle immagini prima di prendere la decisione definitiva; operazione che, a detta del mister bianconero, potrebbe impiegare molto tempo quando il campionato entrerà nel vivo, spezzettando i ritmi e snaturando il gioco.
Sinisa approves
Un fido scudiero di Allegri nella “lotta alla Var” sembrava poter essere Sinisa Mihajlovic, soprattutto in seguito all’erroraccio in Bologna-Torino di cui vi abbiamo già parlato ad agosto. Il tecnico serbo, domenica scorsa, si è visto rimontare due goal dal Verona; in entrambe le reti ha svolto un ruolo fondamentale la Var e il buon (?) Sinisa non ha potuto che accettare le decisioni arbitrali che ne sono derivate, prendendosi tutte le responsabilità della rimonta veronese. Mihajlovic ha quindi benedetto la Var, “anche quando le decisioni vanno contro di te”. Questo è ciò che vorremo sentire ogni domenica, preso atto che la Var, nonostante il tempo impiegato per la revisione dei singoli episodi (poi comunque recuperato), non fa altro che tentare di scongiurare gli errori arbitrali.
Il tempo è denaro
Il tempo è denaro, tanto che i minuti “persi” durante la partita sono proprio una delle principali argomentazioni di chi non riesce ad accettare nel calcio questa rivoluzione tecnologica. La suspense di squadre e tifosi in tali frangenti è direttamente proporzionale allo sforzo che il team arbitrale impiega per sciogliere la matassa degli episodi dubbi, quelli che nella maggior parte dei casi determinano il risultato finale della gara. Ecco perché, almeno in questo anno sperimentale, dobbiamo abituarci a vedere sulla lavagna luminosa del quarto uomo numeri che andranno spesso dal cinque in su. In tutta sincerità, non ci pare un problema sostanziale. Basti pensare che in NFL gli arbitri hanno appena un minuto per rivedere le immagini a bordo campo e comunicare la decisione allo stadio intero via microfono. Ma nella lega di football americano l’instant replay è presente dal 1986: quarantuno anni durante i quali arbitri, squadre, tifosi e media hanno saputo adattarsi e abituarsi ad uno strumento che, oltre ad evolversi esso stesso nel tempo, ha caratterizzato la fisiologica evoluzione del gioco. La Var invece è una creatura neonata, che va onorata fin da subito, sia in campo dagli arbitri con i fatti che fuori da tutte le altre componenti del sistema calcio con le parole.
Il rumore dell’errore
Fino ad ora, in appena un mese e mezzo di utilizzo, gli episodi in cui l’operato della Var ha lasciato a desiderare si contano sulle dita di una mano. Il più eclatante è avvenuto a fine agosto in Roma-Inter: un più che sospetto contatto nell’area di rigore dell’Inter tra Perotti e Skriniar. L’arbitro era Irrati e molti si chiedono tuttora perché il fischietto di Pistoia non sia andato a rivedere l’azione al monitor o perché non gli sia stato suggerito di farlo dal Var. Se la Var fosse stata utilizzata, sarebbe stata presa la decisione corretta. Perché non lo sia stata risulta ancora oggi un mistero irrisolto.
Ma parlare degli errori della Var, nonostante siano pochissimi, è molto più facile che citare la moltitudine di episodi in cui questo strumento ha funzionato, anche solo tramite il cosiddetto silent check. Il definitivo successo della Var, infatti, avverrà proprio il giorno in cui il suo operato risulterà quanto più discreto e silente.
Fa più rumore un albero che cade che un’intera foresta che cresce. Ecco, da oggi, concentriamoci sulla foresta.