La Coppa d’agosto

Questa sera ricomincia la Champions League. Dopo lo stravolgimento dei vari campionati, anche la coppa più ambita ha subito una radicale metamorfosi, trasformandosi in una specie di Royal Rumble in salsa portoghese dagli esiti sostanzialmente imprevedibili. Se già negli ultimi anni la Champions League ha visto aumentare vertiginosamente il numero di reti per partita (e di conseguenza i ribaltoni, gli scivoloni, le imprese leggendarie), ad oggi non si riesce neppure a immaginare che cosa potrà davvero accadere nella centrifuga di Lisbona.

Noi della redazione abbiamo assemblato un algoritmo segretissimo e gli abbiamo chiesto di tirarci fuori i sette scenari più assurdi, ma assolutamente plausibili, con i quali concludere la Champions League. Champions, sorteggi di quarti e semifinali | Sky Sport

Brutti, sporchi e cattivi

Grado di assurdità: 23/1000
Momento saliente: Simeone che arringa i suoi come Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”. 

Quando l’Atlético Madrid ha battuto agilmente il Lipsia ai quarti di finale nessuno si è sorpreso per davvero. I tedeschi, orfani di tutte le loro punte di diamante, sono andati a Lisbona con una mentalità  vacanziera. A fine partita Simeone è rientrato negli spogliatoi e ha deciso, inspiegabilmente, di non rilasciare alcuna intervista. I giornalisti sono contrariati: perché comportarsi così? L’Atlético ha fatto un’ottima prestazione, e giocando di rimessa ha segnato tre reti senza concederne neppure una…

In semifinale c’è il PSG, che ha passeggiato su un’Atalanta in netto calo fisico. Mbappé ha recuperato dall’infortunio alla caviglia e i francesi possono schierare un’artiglieria napoleonica. Simeone, nel suo impeccabile completo nero nonostante i 32° di Lisbona, cammina tranquillo, con la faccia un po’ contratta dalla tensione. I suoi si barricano davanti alla difesa e per novanta minuti respingono i colpi di fioretto dei parigini. Si va ai rigori. Mauro Icardi, rigorista provetto, stampa un siluro sulla traversa. L’Atlético va in finale. Ancora una volta Simeone impone il silenzio stampa ai suoi giocatori, che non esultano neppure e filano diretti in spogliatoio.

Simeone pronto per la Champions League | Numerosette Magazine
Simeone fa capire chiaramente ai suoi quale sarà la punizione in caso di interviste non concordate con la stampa.

La finale è un remake del 2016. Di nuovo il Real Madrid, di nuovo Zidane. Di nuovo i rigori. Nell’umida arsura di ferragosto, Simeone esce coi suoi mezz’ora prima degli avversari, incurante della grottesca cerimonia d’apertura che si svolge davanti agli spalti vuoti. A causa della musica assordante, microfoni a bordo campo colgono solo dei frammenti del suo discorso leggendario. L’inviato a bordocampo di AS, in lacrime, dirà che era dai tempi di Miguel de Cervantes che un uomo non usava lo spagnolo per plasmare una poesia così alta. I suoi scendono in campo con un 4-5-1 che ai commentatori nostrani ricorda i bei tempi andati del catenaccio all’italiana. Il Real attacca a pieno organico, ma lo 0-0 si trasforma di nuovo in una lotteria dagli undici metri. Di nuovo. Questa volta il rigore decisivo lo tira Saul. L’Atlético sale sul tetto d’Europa.

Icardi vs. il Popolo

Grado di assurdità: 174/1000
Momento saliente: Icardi stabilisce un nuovo record sportivo – segna 3 reti toccando 9 palloni in 270′. 

Cedendo Mauro Icardi al PSG la dirigenza dell’Inter poteva dirsi soddisfatta. Era riuscita a piazzare un giocatore ormai in rotta con il club, e a farselo pagare caro. Nessuno si era sorpreso di fronte solito triplete domestico dei parigini (campionato e due coppe di lega). Su Instagram, Icardi, finalmente felice con la sua 7 sulle spalle, che solleva una coppa dietro l’altra, affiancato dalla sua onnipresente Yoko Ono argentina, Wanda Nara.

Nonostante la sospensione del campionato, i parigini sono arrivati belli freschi alla Royal Rumble di Lisbona. Prima un 3-0 sonoro all’Atalanta, una squadra troppo distratta e avvilita per sembrare quella che ha fatto sognare gli appassionati di mezza Europa. Poi un altro 3-0, contro il Lipsia, reduce da un’incredibile forcing contro l’Atlético Madrid. La scelta della formazione per la finale (contro la Juventus) diventa subito un caso di Stato. I salotti parigini non sono così polemici dai tempi del 18 brumaio: tutti vogliono che Icardi faccia panchina. I tifosi non ne possono più; per due intere partite ha passeggiato sulla linea dei difensori, sornione e assonnato, toccando pochissimi palloni. Dai boulevards sale un solo grido: Icardi Out, Di Maria In.

In finale c’è la Juventus di Cristiano Ronaldo. Tuchel, idealista come un tedesco del XIX secolo, riesce a non farsi influenzare dagli umori della piazza più bollente della storia dell’umanità. Icardi rimane confermato al centro dell’attacco. In finale toccherà cinque palloni. Ma segnerà tre gol. La Juventus si rifà sotto, CR7 fa doppietta, ma nel secondo tempo il ritmo cala vistosamente e nessuno ha più la forza di segnare. Il Paris Saint Germain è campione d’Europa.

Paris Saint Germain - Saint Etienne 1-0 | Numerosette Magazine

Tutto molto bello, direte voi. I tifosi interisti si scatenano sui social, architettando una favolosa teoria del complotto che vede Icardi agente infiltrato a Parigi con l’unico scopo di purgare i rivali di sempre a un passo dal tanto atteso successo europeo. Ma ride bene chi ride ultimo. Infatti è lo stesso argentino a postare su Instagram una foto a dir poco polemica: in un video preparato ad hoc (c’è quindi l’aggravante preterintenzionale) Icardi taglia una divisa dell’Inter in due e ne indossa una del PSG, dicendo, in spagnolo: “Bastava poco per vincere!”.

Caso nazionale. Sollevazione di piazza a Milano, interrogazioni parlamentari a Roma, diplomazia della tensione al confine di Ventimiglia. La guardia nazionale francese mobilitata a Marsiglia e a Nizza, i bersaglieri sul piede di guerra. Il presidente Macron è costretto a lasciare la sua residenza nel cuore della notte, in maniche di camicia e pantaloncini corti, e a raggiungere il PSG, che è appena atterrato all’aeroporto Charles De Gaulle. I gendarmi circondano l’aereo; Macron sale e comunica a Icardi che potrà rimettere piede sul suolo francese solo se rimuoverà il post e chiederà ufficialmente scusa. Dopo sei ore di trattative, l’argentino acconsente. I suoi compagni di squadra, distrutti, abbandonano lo champagne caldo e se ne vanno a dormire.

Una Champions da Oscar

Grado di assurdità: 366/1000
Momento saliente: il discorso di De Laurentiis alla notte degli Oscar 

La vittoria contro il Barcelona è sembrata un’impresa divina. A Napoli, i tifosi festanti hanno alzato gli occhi al cielo e hanno visto San Gennaro sorridere alla città. Gli uomini di Gattuso sono andati in vantaggio subito: Callejon dimenticato dalla retroguardia blaugrana si è trovato davanti a Ter Stegen quasi senza volerlo. In una di quelle voragini surreali che si aprono quando una difesa magicamente si dimentica di difendere, lo spagnolo ha segnato il suo ultimo gol con la maglia del Napoli. Un risultato d’altri tempi (soprattutto in Champions: 1-0) che basta e avanza.

Callejon e Mertens | Numerosette Magazine

Ai quarti il copione già visto in Coppa Italia si ripete. Il Napoli domina la Juventus, arriva ai rigori, e alla fine la spunta di nuovo. Passerà alla storia la decisione di Gattuso di inserire Meret al minuto 89, perché il portiere ne parerà tre. Mentre CR7 abbandona il campo scuotendo la testa, i giocatori partenopei corrono all’impazzata nel silenzio afoso e un po’ surreale di Lisbona. In semifinale c’è il Manchester City. che per qualche intercessione divina ha fermato il Real Madrid in quella che viene già definita la partita più bella del nuovo millennio (5-4, con quattro gol negli ultimi quindici minuti. Ma questa è un’altra storia…). Liquidati i britannici, in finale si presenterà il sontuoso PSG.

La sera prima della finale, De Laurentiis compra gli spazi pubblicitari necessari per trasmettere all’Italia una comunicazione a reti unificate. Il presidente, in un’elegante giacca Armani, ringrazia la squadra e l’allenatore, elogia i tifosi (che hanno festeggiato con le mascherine azzurre sul volto) e annuncia una grande sorpresa. La finale non si giocherà a Lisbona, ma a Orlando, Florida, dove De Laurentiis, d’accordo con Disney World e la NBA, ha fatto costruire in gran segreto uno stadio meraviglioso. Nel cuore della notte i giocatori di ambo le squadre vengono messi su jet privati che entrano negli Stati Uniti con visti diplomatici. Mentre tutt’intorno la Florida vede montare l’onda del Covid-19 (quarto Stato al mondo per numero di contagi), Napoli e PSG giocano una partita surreale, con tanto di tifosi in forma olografica, cori registrati e spettacoli di metà primo tempo.

Il Napoli perderà la partita per 2-0. Gli uomini di Gattuso appariranno disorientati, deconcentrati dall’immenso paese dei balocchi che rumoreggia attorno a loro. Qualche settimana dopo, De Laurentiis produrrà un nuovo film presentandosi al mondo negli inediti panni del regista: s’intitola A Never Ending Journey e racconta la storia del Napoli (e dell’Italia) durante la stagione stroncata dal Covid-19. Il film è un successo e sbanca ben presto anche i botteghini americani. A dicembre, il presidente viene invitato alla cerimonia degli Oscar, dove vince la statuetta dedicata al miglior film straniero. Inguaribile polemista, il presidente sfrutterà il suo discorso per attaccare la Lega Calcio e la Champions League, parlando arabo di fronte alla platea di attori americani, che a malapena sanno la differenza tra soccerfootball.

De Laurentiis a Hollywood | Numerosette Magazine
De Laurentiis sul red carpet, poco prima della riproduzione di un teaser di 15 minuti del suo film.

Champions League Sliding Doors

Grado di assurdità: 899/1000
Momento saliente: La bottiglietta di De Ligt 

Il nostro algoritmo ha calcolato uno strano episodio biforcante che abbiamo pensato di intitolare Sliding Doors. Perché a volte ci sono eventi insignificanti che, anche variando impercettibilmente, possono generare risultati opposti. Questo è il caso della bottiglietta di De Ligt.

Scenario 1. Semifinale di Champions League. Alla mezz’ora, De Ligt, che aveva annullato e annichilito Benzema, è costretto a chiamare i medici per i soliti problemi alla spalla destra. Viene curato a bordocampo, rientra per provare a resistere fino all’intervallo, ma un altro contrasto lo costringe a uscire. Mentre viene soccorso la seconda volta, un fisioterapista gli allunga una bottiglia d’acqua. Lui si disseta un po’, e poi, preso dalla rabbia, la scaglia sul lungo linea. Nessuno pare accorgersene, e il guardalinee di riferimento è dall’altra parte del campo.

De Ligt alla Juventus | Numerosette Magazine
Sliding Doors negativo. De Ligt, rassegnato, aspetta la sostituzione.

Quella bottiglietta rimasta in campo farà tutta la differenza del mondo. Un tracciante lungo linea di Toni Kroos rimbalzerà sulla plastica, tagliando fuori Bonucci che si accingeva allo stop. Alle sue spalle, il felino Benzema recupererà il pallone, involandosi in rete. Finirà 1-0 per il Real Madrid, che si avvicinerà ancora di più alla sua quattordicesima Champions League. Cristiano Ronaldo, stravolto dalla sconfitta, si ritirerà a vita monastica nella sua isola natia. Qualcuno racconta che lo si vede allenarsi alle cinque del mattino, a petto nudo anche in pieno inverno.

Scenario 2. Semifinale di Champions League. Alla mezz’ora, De Ligt, che aveva annullato Benzema, è costretto a chiamare i medici per i soliti problemi alla spalla destra. Viene curato a bordocampo, rientra per provare a resistere fino all’intervallo, ma un altro contrasto lo costringe a uscire. Mentre viene soccorso una seconda volta, un fisioterapista gli allunga una borraccia. Lui si disseta un po’, e poi, preso dalla rabbia, la scaglia lungo la linea laterale. In questa versione, però, il guardalinee è a due passi e all’azione successiva dà un calcetto alla borraccia, allontanandola dal campo.

De Ligt con la spalla fasciata | Numerosette magazine
Sliding Doors positivo: De Ligt festeggia in spogliatoio la sua prima Champions League. In fondo a destra la bottiglietta tanto chiacchierata.

Il tracciante di Toni Kroos viene felicemente intercettato da Bonucci, che ha tutto il tempo necessario per pescare Dybala largo a sinistra. L’attaccante della Juve rientra verso il centro: uno-due con Pjanic, palla dentro per Ronaldo, bomba diagonale alle spalle di Courtois. Gol dell’ex, Ronaldo esulta. La Juventus incontrerà il Paris Saint Germain in finale, e lo batterà per 2-1. Buffon, titolare, solleva la coppa e decide seduta stante di ritirarsi dal calcio giocato. Due settimane più tardi, piazza Carlo Alberto a Torino viene ribattezzata Piazza Cristiano Ronaldo. Il bronzo del Savoia è sostituito da una gigantesca statua del portoghese, che ora domina le ombrose serate sabaude.

L’Italia batte la Nostalgia

Grado di assurdità: 950/1000
Momento saliente: Koulibaly e Dybala come Materazzi e Rui Costa 

Se probabilmente la decade migliore del calcio italiano è stata vissuta tra il 1989 e il 1998, l’ultimo canto del cigno del nostro grande calcio fu la stagione 2002/03, quando ben quattro club italiani raggiunsero la semifinale di una coppa europea (Juventus, Inter e Milan in Champions; Lazio in Coppa Uefa). Il derby di Milano raggiunse una dimensione europea e l’abbaglio di una finale tutta italiana ci fece dimenticare le crepe strutturali di un calcio che, di lì a poco, sarebbe stato travolto dallo scandalo.

A distanza di quasi vent’anni, quattro squadre italiane tornano in semifinale contemporaneamente. Sono Juventus, Atalanta e Napoli in Champions; l’Inter in Europa League. Nella massima competizione i bergamaschi affrontano il PSG e riescono a vincere con una clamorosa impresa corale. Dall’altra parte, la gara tra Juventus e Napoli è così bella che la Uefa rimpiange di non poter organizzare un ritorno. Alla fine, la Juventus fa qualcosa di più e riesce a spuntarla ai rigori.

Materazzi e Rui Costa | Numerosette Magazine
(In realtà, questa foto appartiene al derby del 12 aprile 2005; quello dei petardi su Dida. Emblema di un calcio italiano ancora magniloquente, ma ormai in piena decadenza. Lo sfondo tragico su cui si stagliano le divise barocche di Materazzi e Rui Costa appare oggi un preludio sinistro a Calciopoli, che scoppiò all’incirca un anno più tardi)

Durante la partita un giornalista portoghese scatta una foto col suo iPhone e la condivide sul suo profilo personale. Si tratta di Koulibaly e Dybala che parlano tra di loro davanti agli spalti vuoti, mentre il resto dei giocatori si disseta al cooling break del 75′. L’immagine diventa subito virale quando il grande designer Emilio Sansolini affianca a quest’immagine quella celeberrima di Materazzi e Rui Costa, che osservano lo spettacolo di un derby europeo sospeso per eccesso di foga da parte delle tifoserie milanese.

In finale, dunque, ci vanno due italiane: l’Atalanta e la Juventus. Saranno i bianconeri a trionfare contro dei bergamaschi letteralmente spompati dall’impresa contro il Paris Saint Germain. Nell’afosa serata di Lisbona, il cortocircuito della nostalgia italiana si interrompe. Forse la Serie A non ha più gli stessi campioni degli anni Novanta, ma è tornata in grado di dettar legge in Europa.

Un cavalierato per Gasperini

Grado di assurdità: 999/1000
Momento saliente: Zidane, solitamente lapalissiano, balbetta durante l’intervista come se avesse visto un fantasma.

Ammettiamolo: tutti noi abbiamo immaginato uno scenario simile. La cenerentola che trionfa in mezzo all’aristocrazia d’Europa. La squadra proletaria che batte la logica del capitale. Il bello del calcio sta tutto qui: nel tifo per l’underdog, nella possibilità, mai troppo remota, che anche la squadra più inaspettata possa farcela per davvero. L’Atalanta sul tetto d’Europa sarebbe una leggenda senza precedenti, o quasi, nel calcio recente. Ma ciò che è interessante, in questo scenario, non è tanto il percorso della squadra vincitrice, quanto ciò che è accaduto dopo.

Atalanta Ilicic | Numerosette Magazine
Ancora una volta, la vittoria è dedicata a Josip Ilicic, uomo-simbolo della cavalcata europea della Dea. La sua maglia sventola in mezzo alle celebrazioni di una squadra capace di vincere la Champions alla sua prima partecipazione.

Riassumiamo in pillole: l’Atalanta arriva fortunosamente in finale e, sorretta dagli dèi del calcio, sconfigge il Real Madrid di un incredulo Zidane (doppietta del Papu Gomez). I giocatori rientrano la sera stessa e Bergamo è una città in festa. Tutti esultano (rigorosamente con le mascherine) e i giocatori sfilano per il centro della città con il lutto al braccio, in memoria dei tanti – troppi – bergamaschi che non ce l’hanno fatta durante i tre mesi del lockdown. Dal tetto dell’autobus, el Papu si fa prestare un megafono e con le lacrime agli occhi pronuncia un discorso accorato che viene trasmesso in mondovisione. Questa la frase più memorabile:

Bergamo è più di una città. Bergamo è uno stile di vita. Grazie, grazie di cuore a tutti. Se siamo arrivati fin qui non è perché un gruppo di calciatori si è trovato a indossare la maglia della Dea quando ha vinto la Champions. Questa non è una maglia come le altre… Se siamo arrivati fin qui è perché voi ci avete reso migliori. Ci avete dato una forza che non pensavamo possibile.

Mentre i giocatori si godono un commovente bagno di folla, le immagini dalla città-simbolo della lotta contro il Covid-19 rimbalzano in tutto il mondo. Zidane, nel post-partita, dirà candidamente che “c’erano delle forze superiori in campo” e che i suoi giocatori “sono quasi contenti di aver perso così”. La mattina successiva Giampiero Gasperini e tutta la sua squadra sono ricevuti da Sergio Mattarella. All’allenatore viene offerto il Cavalierato della Repubblica Italiana per meriti sportivi.

A Bergamo, invece, il sindaco della città ritira la sua candidatura dalle imminenti elezioni comunali e fa un vero e proprio endorsement per il Papu Gomez. Il 78% dei votanti sceglierà il capitano dell’Atalanta come sindaco di Bergamo. Il numero 10, allora, ribadisce il suo amore eterno per la città e accetta il mandato, ritirandosi dal calcio professionistico per cominciare una brillante carriera politica.

Papu Gomez a Bergamo | Numerosette Magazine
El Papu riceve la cittadinanza onoraria di Bergamo tre giorni prima dell’elezione a sindaco.

RandomBot Champions

Grado di assurdità: 7028/1000

Ormai impazzito, il nostro algoritmo ha cominciato a immaginare delle realtà parallele. In una delle più interessanti, il sindacato dei calciatori è insorto contro le assurde condizioni imposte per la conclusione delle coppe europee, imponendo un blocco senza precedenti che genera un vuoto normativo e sportivo. La Uefa, arroccata attorno alla personalità giuridicamente assediata di Gianni Infantino, non può permettersi di tergiversare, dato che la nuova stagione è alle porte.

A questo punto la decisione è drastica: l’edizione 2019/20 della Champions League sarà conclusa virtualmente. Le società dovranno ingaggiare un gamer professionista e affidargli il proprio destino. Tralasciando gli abissi normativi di questa decisione (per esempio: il gamer di una società va ingaggiato come calciatore, dato che gioca una competizione vera? Oppure gli si può concedere un forfettario? Ne abbiamo parlato qui) il terremoto mediatico causato dalla Uefa è surreale. Gli apocalittici gridano alla fine del calcio; Marcelo Bielsa straccia pubblicamente il proprio patentino da allenatore.

Il risultato sarà la fase finale meno seguita della storia. E non mancheranno risultati strabilianti, come il Chelsea che ribalta il risultato pressoché assicurato dell’andata contro il Bayern Monaco (3-0). Alla fine, nel caos imbarazzante delle lotte sindacali, il Paris Saint Germain vincerà la coppa grazie a una surreale vittoria per 5-3 contro il Manchester City.

Il mondo di YouTube è pieno di simulazioni della nuova Champions League. Ma anche nel mondo virtuale è difficile ribaltare un 3-0.
In questo caso, il Chelsea passa in vantaggio, raddoppia al 71′, ma alla subisce il 2-1 di un letale Lewandowski. 

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