Nel rapporto fra Antonio Candreva e l’Inter non sembra sia ancora scattata la scintilla di reciproca intesa, causa il disastroso bipolarismo della squadra nerazzurra durante il campionato e un’identità di gioco assente, che può solo soffocare le maggiori individualità. L’ennesima travagliata stagione dell’Inter ha smorzato più che mai i rosei entusiasmi che si erano venuti a formare nell’ambiente nerazzurro durante la sessione di calciomercato estiva della scorsa stagione, e non basteranno più i colpi mediatici o i tanti milioni che eventualmente si spenderanno, specialmente quando, ancora una volta, a risentire maggiormente del limbo nerazzurro degli ultimi anni sono stati i più attesi in termini di rendimento. A farne le veci è stato anche Antonio Candreva.
Il romano, ex Lazio, ha spesso subito la confusione paralizzante vissuta quest’anno in casa Inter svanendo dalle manovre di gioco o rallentandola con qualche tocco di troppo sotto qualche brusio di stizza da parte del Meazza. D’altra parte non si può giudicare la stagione di Candreva come negativa: 6 gol, 11 assist e un posto da titolare che ancora reclama a piena voce la sua permanenza per ciò che ha dimostrato. Quel che infatti impensierisce Spalletti non è certamente la presunta fase calante del numero 87, bensì la sua non-attualità in un calcio più dinamico e votato all’attacco che predilige l’inserimento verso l’interno con il piede mancino anziché lo stop-e-cross del destro.
Ci si chiede, dunque, se un’ala come Candreva non sia una delle ultime flebili fiamme delle ali pure del calcio moderno.
In principio vi fu il verbo (di Brera)
Il ruolo dell’esterno è stato sempre soggetto a continue modifiche sia dal punto di vista tattico, sia sotto l’aspetto tecnico. Per la prima volta si parlò di ala con Gianni Brera, venendo definita questa anche tornante, se il suo compito era anche rivolto alla copertura in fase di difesa.
Il compito originario dell’ala, invece, si basava sostanzialmente nella capacità di fornire assist per il centravanti nella metà-campo avversaria e di poter mediare nella manovra offensiva fra centrocampo e attacco. Qui, l’immaginario collettivo di una certa memoria storica non può che richiamare il nostro Gigi Meroni.
Dopo le importanti evoluzioni tattiche del calcio degli anni ’60-’70 e la comparsa di alcuni esterni straordinariamente decisivi (da Jair a Garrincha, passando per il nostro George Best, fino a raggiungere l’apogeo di quegli anni con il rivoluzionario calcio olandese) il ruolo dell’ala acquisì una maggiore varietà di impiego.
Nel 4-4-2 le fasce erano occupate spesso da tornanti con l’essenziale compito di ripiego difensivo per poi aprire sulla trequarti offensiva, solitamente servendo le punte.
Adesso, sorvolando gli impervi mari riguardanti l’evoluzione dell’esterno di centrocampo, è necessario addentrarci ai giorni nostri su quell’esigua e conservatrice resistenza di ali che tentano di non soccombere alla nuova tipologia dell’esterno-attaccante. Negli ultimi anni, infatti, è venuta a consolidarsi una nuova idea di ala e di esterno come la mezzala di centrocampo, gli esterni di attacco e di centrocampo e, soprattutto, è sempre più frequente l’idea che colui che risiede sulla fascia debba necessariamente giungere alla conclusione in porta, prima ancora di pensare al cross. Questo nuovo elemento, figlio della moderna dinamicità del calcio europeo, va a scontrarsi con l’idea dell’ala fornitrice di assist (tesi, o a uscire) per il centravanti, incarnata proprio nella figura di Antonio Candreva: un baluardo della resistenza delle ali vecchio stampo contro quella degli esterni dal piede opposto.

Buco nero-azzurro
Quest’anno la tifoseria nerazzurra è stata spesso, e giustamente, intransigente nei confronti dei suoi calciatori. Ed è capitato, come detto sopra, che lo stadio Meazza rumoreggiasse nei momenti più critici della propria squadra, quando anche i migliori sembravano la copia in fac-simile del loro stesso potenziale. A Candreva sono giunte diverse critiche che tutt’ora pesano sulle sue spalle. L’ex Lazio non è un velocista né tantomeno tende ad accentrarsi verso la porta per la conclusione, tant’è che più volte la manovra d’attacco nerazzurra ha sofferto il gioco di Candreva, basato sulla gestione della palla e su un’azione più ragionata, spesso solitaria. Come un pesce fuor d’acqua, era quasi impossibile per il numero 87 riscontrare un risvolto positivo in certi momenti in cui l’Inter non ha praticamente espresso, né concesso ai suoi giocatori, una concreta identità di gioco.
Inizialmente l’idea di Pioli era quella di riorganizzare il caos pervenuto dalle infauste gestioni di De Boer-Vecchi puntando proprio su un calcio semplice e ordinato; qui un talento come Candreva non poteva che esprimere le sue ben note capacità. L’Inter dei primi mesi di Pioli è una delle squadre con il più alto numero di cross effettuati in Italia e proprio l’ala romana risulterà il principale crossatore, riscontrando soprattutto un’ottima intesa con Icardi. Come sappiamo, però, la stagione dell’Inter ricomincia a sprofondare dopo un periodo estremamente positivo. Inutile dire che Candreva resterà, come detto sopra, letteralmente inghiottito. Tra tentativi forzati di cross al centro, una gestione lenta del pallone in momenti in cui necessitava una maggiore reattività, e un’evidente discontinuità sotto porta, ritroviamo dunque l’ala nerazzurra spesso rilegata larga a destra e attendere passivamente il passaggio.
Le ali del 4-2-3-1 di Spalletti
Nel suo primo mandato con la Roma, Spalletti aveva realizzato una macchina armoniosa ed efficace. Difficile ritrovare nei dettagli quali siano stati gli errori di quella squadra per non aver mai raggiunto l’ambito traguardo dello Scudetto. Il tecnico toscano propose un 4-2-3-1 rivolto all’attacco, basando il peso del gioco spesso proprio sulla trequarti offensiva. Con un modulo così è chiaro che a svolgere un ruolo fondamentale siano proprio le due ali, che in quella Roma erano Rodrigo Taddei, principalmente a sinistra, e Amantino Mancini, principalmente a destra; entrambi destrosi, si scambiavano spesso di posizione. La squadra giallorossa di quegli anni conosceva con maestria i movimenti da compiere per la manovra offensiva, con l’ala sul versante debole rivolta maggiormente verso l’area di rigore e quella in possesso palla, che cercava l’ampiezza.
Diverso, invece, l’impiego degli esterni nella seconda era Spalletti, in cui prevarranno solo ali dal piede inverso, ma in cui il tecnico romano, ha più volte usato la difesa a 3.
Sarebbe impegnativo, inoltre, ragionare sull’idea che Spalletti ha per quest’Inter: la punta è un vero numero 9 come Icardi e non un regista alto come Totti o un un giocatore come Dzeko abituato a giocare spalle alla porta; e, inoltre, manca un trequartista d’inserimento (forse Borja Valero, forse Joao Mario, ma è chiaro che il sogno resti Nainggolan) come il guerriero Batak o il primo Perrotta; infine, le due ali, specialmente la destra, dimostrano caratteristiche diverse rispetto a quelle dei vari Mancini, Taddei o Vucinic, Salah, Perotti o El Shaarawy

L’Inter dei cross al centro
In un alquanto ipotetico 4-2-3-1 dell’Inter della prossima stagione, è molto probabile che rivedremo due ali pure con Perisic, ambidestro, sulla sinistra e Candreva, destro, rilegato a destra.
Nell’ultima stagione la formazione tipo dell’Inter ha impiegato i due esterni l’uno opposto all’altro, e non di rado ci si è chiesto se proprio questa soluzione fosse realmente la più adatta per certi momenti della partita. Non è un caso, infatti, che sia De Boer sia Pioli abbiano tentato di sorprendere le difese avversarie in partita in corso sostituendo una delle due ali, il più delle volte Candreva, per inserire un esterno più imprevedibile che potesse garantire allo stesso Perisic maggiore libertà di movimento.
Senza Candrava la squadra tendeva a stringersi verso il centro, perdendo in ampiezza e in gestione del gioco, ma aumentando l’incisività nelle manovre d’attacco. Risulta comunque evidente che l’identità di gioco della squadra nerazzurra, quando si è manifestata, risiedesse proprio nel tradizionale impiego delle ali fornitrici di cross verso il centro. Era anche chiaro, però, che basandosi su una soluzione simile si potesse cadere nella prevedibilità.
Spalletti, d’altra parte, sa già che la chiave per realizzare il suo tipo di calcio si basa sulla rapidità degli attaccanti esterni e sulla loro intesa con il centravanti, tentando quindi di rendere Icardi, talvolta accusato di non partecipare all’azione, più coinvolto nella manovra offensiva, come fatto con Dzeko lo scorso anno. Sempre ipoteticamente potremmo, quindi, pensare che il tecnico toscano, rispetto a Pioli, permetterà alle ali di avvicinarsi verso la porta, prediligendo un gioco basato su palla bassa e sulle verticalizzazioni centrali. Anche in tal caso, il dubbio principale resta proprio Antonio Candreva. Il romano non possiede infatti né le caratteristiche delle prime ale di Spalletti (Taddei e Mancini) né certamente di un velocista come Salah, che non ha nemmeno svolto realmente il ruolo di esterno di destra.
Si tratta di capire in quali termini verrà utilizzato il numero 87 dell’Inter quando, per il momento, l’esempio più interessante risiede nel suo impiego come esterno di un centrocampo a 5 nel ruolo accreditatogli da Conte per l’Europeo del 2016 (come nella gara contro il Belgio) o nel 4-2-4 di Ventura per la nuova Nazionale. E proprio l’attuale allenatore del Chelsea e, soprattutto, il CT della Nazionale potrebbero suggerire a Spalletti la nuova identità per Candreva: meno ala vecchio stile, più esterno d’attacco alle spalle della prima punta.
Il tecnico toscano ha in realtà già provato una simile idea nel 3-4-2-1 con la sua ultima Roma, e non ci sorprenderemmo se anche con i nerazzurri provasse a riproporre un modulo simile, che potrebbe garantire alle due ali un maggiore controllo del gioco, oltre a permettergli di avvicinarsi più volte alla conclusione. Un’ala come Candreva necessita sempre il supporto di almeno uno o due compagni nella sua zona di campo, altrimenti è inevitabile che debba richiudere a riccio su sé stesso e sulle più scolastiche soluzioni come avvenuto in alcune gare della stagione recentemente terminata.
Quello che ti do
Quello che ti do è quello che c’ho che so
non chiedermi di più, di più non ho
quello che ti do è quello che c’ho, che so
è quello che mi serve mo’.Colle der Fomento
Ciò che distingue Antonio Candreva da molte ali resta l’efficace capacità di lettura delle azioni di gioco. Il numero 87, infatti, è abile anche a tagliare alle spalle del centravanti per aprire zone del campo (cosa che, tuttavia, fa raramente) e ricevere la sfera in una zona più congeniale per la conclusione: in tal modo l’ex Cesena e Lazio non solo trova la chiave di modernità rispetto al suo gioco più tradizionale, ma può anche permettersi di non puntare solo sulla velocità tutto campo.
Lo notiamo proprio da alcune sue realizzazioni, come quella del derby di ritorno contro il Milan
E ancor di più nel gol realizzato in un Napoli-Lazio, tre stagioni fa
Un altro grande colpo di Candreva è il tiro dalla distanza. Abbiamo visto, infatti, l’ex Cesena deliziarci con conclusioni spettacolari sotto il sette della porta avversaria, smarcandosi da sinistra o segnando da calcio piazzato. Anche in tal caso è necessario proporre due splendidi biglietti da visita.
La rete contro il Palermo nella stagione 2014-2015
E il calcio di punizione realizzato contro il Verona
Il problema di fondo resta, però, sempre uno: sulla destra è meglio un mancino o un destro? Talenti come Suso, Bernardeschi, Berardi hanno brillato proprio sul lato destro del campo e sempre più in tutta Europa notiamo la tendenza a impiegare un giocatore in grado di poter giungere più facilmente alla conclusione (Robben su tutti). Si tratta di un’evidente scelta che riduce i tempi della manovra d’attacco e permette di avvicinarsi all’interno dell’area piuttosto che allargarsi verso le fasce. Dunque, la discussione è, e resterà a lungo, ancora aperta.
Nel frattempo, che voi siate allenatori o tifosi, confidate nelle qualità di chi, a discapito delle nuove avanguardie, stoppa con l’interno, alza lo sguardo e crossa al centro, con il piede destro.
Confidate in Antonio Candreva.
Traccia dell’ala old school: Quello che ti do (1996) Colle der Fomento