Ma, hanno dimenticato una L? Non so se qualcuno di voi se lo sia domandato. Non so se voi, lettori, ve ne siate accorti (probabilmente si, i vostri occhi sono molto attenti). Ma non sono qui per adularvi. Da adulare, in questo momento, ci sarebbe un giocatore, ci sarebbe una prestazione da incorniciare: stiamo parlando di Joao Cancelo.
Cancelare
Il derby di Joao Cancelo segna, forse, la sua definitiva consacrazione nei meccanismi e nei cuori nerazzurri: una partita attenta, con poche sbavature, tanti inserimenti. Sempre nel vivo dell’azione, è stato uno dei giocatori più coinvolti. La sua capacità di spaziare dentro il campo – come faceva Dani Alves alla Juventus – si evince anche dalle statistiche: 70 passaggi totalizzati per una percentuale di precisione e riuscita intorno al 91%.
La sua prestazione ha ispirato un termine inventato dal sottoscritto. Ogni tanto mi permetto qualche neologismo.
Cancelare. Derivante da Cancelo, significa “Giocare a tutto campo, sfruttarne l’ampiezza e interpretare il ruolo di terzino in maniera totalizzante.”
Un nuovo verbo predicato perfettamente dal portoghese, inglobato in un mare di incertezze tattiche e attitudini difensive poco avvezze alle sue caratteristiche: chi lo seguiva in Liga al Valencia conosceva già i suoi limiti, ma al tempo stesso intravedeva una tecnica indubbia.
Lo avrà capito anche Spalletti, abile a indottrinarlo sotto molteplici punti di vista: Cancelo è sempre nel vivo della manovra, diviene uno dei tasselli imprescindibili per la costruzione di triangoli geometrici ben delineati, oppure per l’estraniazione “sapiente” da essi.
E, in fondo, Cancelo ha qualità incredibili. Ce ne siamo accorti forse in maniera tardiva, o forse il portoghese si è fatto desiderare come l’invitato d’eccezione ad un esclusivissimo party. Il party dell’Inter, oggi, poteva davvero trasformarsi in un tripudio: chissà, se Icardi avesse fatto l’Icardi…
Icardi che sciuperà la prima di due clamorose occasioni. Ma, no, non vogliamo mettere al centro di una gogna mediatica l’argentino.
Qui il 7 nerazzurro ha cancelato alla grande.
Eppure, è proprio il portoghese a causare la velenosissima punizione di Calhanoglu su cui Handanovic ha compiuto forse la parata più bella e difficile della stagione: un pallone insidioso, tra portiere e difesa, un accomodante invito ad entrare in porta senza alcuna deviazione. Come indice di pericolosità ha ricordato vagamente – seppur da posizione differente – la punizione di Cancelo contro il Benevento: un fendente che potrebbe tagliare la nebbia. Risolverebbe tanti problemi. E alcuni, in difesa, li ha risolti.
Completamente sbarrato
I problemi, difensivi, li ha risolti anche Cancelo, che oggi non ha corso particolari pericoli: la catena di sinistra non ha premuto sull’acceleratore come si aspettava Gattuso. Ad un certo punto Ringhio ha minacciato il turco di essere pure sostituito: solo qualche spunto che ha messo in difficoltà il portoghese, ma poco altro.
Anche Bonaventura ha peccato di incisività nel momento topico: già, la deludente prestazione del figlio illegittimo di Allegri – ok, l’1 aprile è già passato – ha rasserenato il computo difensivo di Cancelo: il Milan ha tentato di colpire con ripartenze sporadiche e insolitamente lucide, specie nel primo tempo, dove solo la posizione intermedia di Kessiè fra Miranda e D’Ambrosio poteva creare apprensioni all’Inter. Ma i nerazzurri hanno gestito la partita, tramite un palleggio manovrato e fluido, cercando di mantenere aggressività e cortezza tra i reparti. Ci sono riusciti, anche grazie alla completezza di Cancelo, sicuro e affidabile come un cancello sbarrato che, quando si apre, scorre in maniera fluida senza emettere rumori sospetti.
Oltre a ciò, però, sorprende il suo razionale controllo di tempo e spazio. Difficilmente perde un tempo di gioco, detta volentieri lo scambio con il compagno e riesce a leggere con più sicurezza le giocate degli avversari: l’impressione è che l’apporto di Rafinha, tra gli altri fattori, abbia giovato anche al portoghese, un cavallo selvaggio – un po’ come Perisic – che impazza tra le organizzate linee difensive con il risaputo obiettivo di scardinarle.
Un terzino completo, e fondamentale per la prima uscita con il pallone. In quel settore di campo diventa davvero prezioso come una pepita. Una pepita dominante, sulla destra: l’Inter sulle fasce ha imposto i propri ritmi, i propri tempi dettati dagli improvvisi e precisi cambi di gioco di Brozovic per innescare la disumana velocità di Perisic: Calabria e Suso parevano intimiditi come un alunno nuovo crocifisso dai suoi nuovi compagni. Ah, le elementari.
Elementare è stato l’apporto del portoghese alla manovra, oltre che pragmatico: nel recupero una delle giocate iconiche, atleticamente parlando.
Il tutto al 92′, come se niente fosse. Nella crescita totale di questo ragazzo gioca un ruolo determinante anche la condizione fisica.
Oltre la fisica
Insomma, cancelare è una certezza più che un verbo. Potrebbe irrompere tra le linee lessicali del buon vecchio Garzanti, ma sembra una previsione utopistica, oltre la fisica: cancelare vuol dire anche mantenere le promesse, promesse altisonanti, forse troppo altezzose e potenzialmente nocive per un giocatore tatticamente arretrato rispetto ai complicati fonemi tattici del calcio italiano. Qui tutti fanno fatica, nessuno escluso: il suo compagno Dalbert non ha retto l’onda d’urto, eppure non si è fatto demoralizzare.
Oggi, 5 aprile 2018, cancelare è sinonimo di garantire. Garantire copertura, proiezione offensiva, accompagnamento nella sovrapposizione, e tanti altri fattori.
Oggi, ancor di più dopo il derby, Joao Cancelo sta eludendo tutte le insicurezze che potevano mettergli le sbarre ad una sua possibile crescita ed impennata.
Bonus Track
Interisti, sperate nel riscatto definitivo dal Valencia? Alzate le mani, siete in tanti.