Caldo, bollente sole madrileno.
Mai come quest’anno la teoria eliocentrica di Copernico e Galileo ha avuto più decisa conferma, alla faccia dei detrattori blaugrana. L’Universo calcistico ruota tutto attorno a Madrid, centro di gravità dei maggiori successi della stagione. A Madrid ci si è contesi la conquista dell’Escorial e la Champions League; i due simboli della capitale, Cristiano e Antoine, si sono fronteggiati anche per alzare il trofeo di Euro 2016, finito nel vicino Portogallo ma dalle forte tinte spagnoleggianti; Madrid era inoltre l’unica squadra a presentare nella scorsa Liga ben 4 squadre: oltre alle intramontabili Real e Atlético, Mercurio e Venere del sistema solare, anche Rayo Vallecano e Getafe, Urano e Nettuno di una sfortunata temporada, declassati in Segunda.
Più che eliocentrismo, egocentrismo.
Un egocentrismo tale che Madrid non poteva imporre il suo strapotere con due sole squadre a rappresentarla. Ad 11 anni luce (chilometri, ovviamente) dalla capitale è sorto un pianeta piccolissimo, più somigliante a una nana bruna, finalmente pronto per la prima volta a fare il grande salto orbitale per tenere alto il nome di quel sole splendente al centro dell’Universo.
Il Plutone in questione è un comune quasi dimenticato dalle cartine geografiche, una “ciudad normal” come viene definita dalle poche recensioni dei pochi turisti. Una città normale con una squadra normale, rimasta sempre insabbiata nella periferia del calcio che conta, umile e piccola come lo stadio che la ospita.

Leganés è decisamente una nana bruna, invisibile a occhio nudo. Ma attenti alle comete, improvvise, splendenti e sorprendenti.
MOMENTOS HISTORICOS
Viene quasi da ridere quando si accosta l’aggettivo historicos al Club Deportivo Leganés, equipo che pochissimi conoscevano prima della historica promozione in Liga BBVA dell’anno passato. E’proprio questo l’apice della storia del Leganés, una storia mai esaltante che l’aveva visto navigare per molto tempo nei mari sperduti della Tercera Division. Alti e bassi, né altissimi né bassissimi. Un limbo in cui il Leganés si è sempre trovato a proprio agio, un silenzio che ha sempre contraddistinto la cittadina spagnola a pochi passi dall’immensa Madrid.

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Il silenzio ha fatto da cornice al Leganés, anche quello surreale del suo fortino, l’Estadio Municipal de Butarque, che ospita a malapena 8.138 tifosi, un decimo del suo fratello maggiore – ma cosa dico, bisnonno – Santiago Bernabeu. Proporzione perfetta.

Il Leganés vuole candidarsi a diventare la sezione aurea di Madrid, il piccolo segmento incommensurabile in cui nessuno crede mai. Per adesso si è preparato bene all’impresa, terminando la scorsa stagione con il miglior attacco, la seconda miglior difesa e il secondo posto dietro di un solo punto all’altra neopromossa, l’Alavés.
La promozione è stata conquistata al cardiopalma, all’ultima giornata, contro il Mirandés. Il gol decisivo lo ha segnato uno dei tanti prestiti, lo spagnolo Pablo Insua, già tornato al Depor con il quale, guarda caso, segnò il gol decisivo per la promozione: questione di abitudine.


L’anonimato del Leganés si è scontrato talvolta con i pomposi giganti del pallone e non deve sorprendere dunque se il risultato più eclatante della sua storia coincide con una sconfitta (ma che sconfitta).
Era il 2003 e il Leganés, al tempo in Segunda, si trovava di fronte il Real Madrid, quello storico dei Galacticós, in un insolito sedicesimo di finale di Copa del Rey. Il Real Madrid scendeva in campo con giocatori di primo ordine tra cui Roberto Carlos, Beckham, Santiago Solari, Raul e Ronaldo, e tutti si sarebbero aspettati la classica passeggiata sul corpo inerme di una squadra sconosciuta. Non andò proprio così.
Il Real, avanti di due, vide concretizzarsi un incubo quando, dal 39′ al 49′, il Leganés firmò un’imponderabile rimonta con doppietta di Borja Perez e autogol di Pavon. Ad un passo dalla historia ci pensò Solari a rimettere le cose a posto. Poi, in un supplementare da infarto per il popolo del Municipal de Butarque, Raul fissò un 3-4 dal sapore dolce-amaro: tutti i quotidiani il giorno dopo non parlarono di vittoria del Real. Il vero protagonista era il Leganés, “la squadra che costrinse i Galacticós alla prorroga”, ai tempi supplementari. Vogliamo ricordarceli così, inconsapevoli e spaventosi.
SIMBOLOS
Tutte le squadre hanno i propri simboli a livello di cabala, di soprannomi e di giocatori.
Il Leganés rappresenta la sorpresa, l’inusuale, l’impensabile. Oltre gli stereotipi e le frasi fatte, ecco la presentazione delle maglie per questa Liga: tessuto all’essenza di cetriolo, cerimonia davanti al banco cetrioli di un mercato della città, capitan Mantovani (non il nostro, lui è argentino), bandiera del club, che sfoggia una capigliatura blu fluorescente per l’occasione. Sembra una barzelletta ma nel calcio, quando si è il Leganés, non bisogna prendersi troppo sul serio.

I Pepinos (cetrioli appunto, prodotto tipico del comune spagnolo) sono stati la squadra di due grandi giocatori, due certrioli importati dal Camerun, abbronzati ma squisiti. Il primo è Pierre Webó che la propria fortuna l’ha fatta altrove: per lui solo 7 presenze con il Leganés e zero reti.
Il ricordo più bello è invece il giovanissimo Samuel Eto’o, arrivato tra los Pepinos appena sedicenne dalla cantera del Real. Di lui si ritrova anche il primo gol in maglia biancoblu, un destro che fece ben sperare per gli anni a venire. Leganés per lui fu un trampolino di lancio, e che trampolino: un tifoso in più per questa stagione, visti anche i suoi fasti in maglia Barcelona.

Il presente invece è nelle mani di un incrocio insolito, decisamente in stile Leganés. La stella, Alexander Szymanowski, è argentino.
So di aver fatto crollare tutte le vostre sicurezze ma no, non è est europeo; ha origini polacche, certamente, ma il cognome e lo stile di gioco sono decisamente sudamericani. Szymanowski è la prova che vuole confutare il determinismo antropologico e calcistico, vuole ribaltare ogni ordine naturale possibile. Vuole farlo a suon di gol e di giocate stupende, come questa.

Il Leganés appartiene un po’ anche a noi italiani, sia perché amiamo senza riserve le storie dal basso, sia perché concretamente abbiamo contribuito (e stiamo contribuendo) alla sua crescita.
I madrileni hanno potuto contare sulla classe dell’ex juventino Gabriel, proveniente dalle giovanili bianconere e artefice della promozione con giocate sensazionali, 7 gol, 4 assist e un piede davvero interessante; non contenti i dirigenti hanno bussato un’altra volta alle porte di Agnelli assicurandosi un altro pezzo pregiato, il portiere classe ’91 Alberto Brignoli pronto a infoltire la colonia “italbianconera”.
L’ambizione del club è così alta che i dirigenti hanno messo a segno quello che può essere definito il colpo del secolo, il giocatore più ambito in questa finestra di mercato. Paul Pogba, guarda caso bianconero pure lui, ha scelto Leganés rifiutando i contratti faraonici delle altre pretendenti.

E’ tutto uno scherzo, ovviamente, ma ci sarebbe piaciuto davvero tanto vederlo all’opera tra i “cetrioli”, e magari andare a segno nel derby contro il Real che tanto lo vorrebbe. Utopia? Ci accontenteremo del Leganés umile e operaio di questa strana Liga BBVA 2016/2017.
Da inguaribili amanti dei più deboli e delle sorprese, tiferemo anche per loro.
Bienvenido, Leganés, y buena suerte!