Ad un passo

Come nella trama dei migliori film drammatici, Francia-Belgio ha seguito uno svolgimento impossibile da prevedere. Tutti si aspettavano i gol di Mbappé e Griezmann da una parte e le giocate di Hazard e De Bruyne dall’altra, invece alla fine decide una capocciata di Umtiti da corner, scenario più imprevedibile dell’approdo di Cristiano Ronaldo alla Juventus. Così, giusto perché non ne ha ancora parlato nessuno.
I belgi si fermano sul più bello, candidandosi ad entrare nel ristretto lotto delle nazionali tanto forti quanto perdenti, incapaci di glorificare la loro miglior nidiata di talenti.
Dopo la vittoria sul Brasile, la sensazione che potessero arrivare ad alzare la coppa era piuttosto comune, tuttavia in pochi avevano fatto i conti con la solidità dei francesi.
I ragazzi di Deschamps sono stati bravissimi a scardinare i punti di forza degli avversari, sfruttando poi la loro arma migliore, le ripartenze fulminee. Ribaltamenti repentini che non hanno inciso sul risultato ma che, nell’economia della gara, hanno avuto un’importanza vitale.

Per i ragazzi di Martínez non resta invece che la finalina per provare a migliorare il quarto posto del 1986, un supplizio a cui chiunque vorrebbe sottrarsi.
Detto ciò, non è che questa fosse proprio la loro ultima occasione, tuttavia difficilmente arriveranno ancora tutti ad una grande competizione in questo stato di forma, e con la maggior parte delle big fuori dai giochi. Già all’Europeo del 2020 molti supereranno i 30 anni e non è detto che un paese con circa 11 milioni di abitanti possa fornire un immediato ricambio generazionale.

Quella di oggi era quindi la grande occasione per mettere il calcio belga sulla mappa e, se da un lato è scivolata via per i meriti dei francesi, dall’altro la selezione nero-giallo-rossa non è esente da colpe, a cominciare dal CT.

Passo più lungo della gamba?

Facciamo un passo indietro a qualche giorno fa.
Nel quarto di finale vinto contro il Brasile, Martínez sembrava aver trovato la quadratura del cerchio per il Belgio. Aveva abbandonato la difesa a 3, optando per un 4-3-3 che ben era riuscito a limitare le innumerevoli fonti di gioco brasiliane, costruendo poi il successo sulle giocate di Hazard e De Bruyne.
Contro la Francia, si pensava potesse optare per un sistema simile, in grado di contenere la velocità di Mbappé e Griezmann e soprattutto di permettere ad Hazard e De Bruyne di esprimersi sul livello della sfida precedente.
Invece, lo strano 3-4-3, disegnato inizialmente con Dembélé e Witsel in mediana e Fellaini in un non meglio precisato ruolo sull’esterno a sinistra, ha sterilizzato il gioco belga, garantendogli un dominio nel possesso palla che non ha portato a nulla.
Esattamente quello che voleva la Francia, formazione che offre le migliori prestazioni proprio quando può giocare recuperando palla per ripartire in velocità.
Non a caso, il Belgio ha tirato in porta meno della metà delle volte – 9 contro 19 – dei Bleus, pur avendo quasi il doppio del possesso palla (64%-36%).

Da notare che tutte le azioni più pericolose del Belgio arrivano da giocate individuali o situazioni casuali.

La sensazione è che questa continua metamorfosi dell’impianto di gioco non abbia giovato in primis ai giocatori, molti dei quali sono stati costretti a cambiare più volte ruolo nelle ultime gare.
Esempio lampante di questa sorta di confusione tattica è Kevin De Bruyne, passato dal ruolo di interno di centrocampo negli ottavi di finale a quello di esterno destro d’attacco contro il Brasile, fino ad occupare la posizione di esterno sinistro nella gara di ieri sera.
Questa continua rotazione ha impattato su una formazione ben organizzata come quella di Deschamps che, al contrario, dagli ottavi ha schierato sempre gli stessi con lo stesso modulo, dando una precisa identità ai suoi.

Come se non bastasse, Martínez ha pensato bene di cambiare modulo anche a gara in corso, passando ad un 4-2-3-1 ancora più offensivo, inserendo prima Mertens e poi anche Carrasco, con Chadli adattato terzino destro. Come prevedibile, più che creare pericoli, questa mossa ha finito solo per creare confusione, con gli unici pericoli nati da giocate individuali.

Solidità

Demeriti del Belgio a parte, non dobbiamo dimenticare anche quelli che sono i meriti di questa Francia. Deschamps è stato bravissimo a schierare i suoi in modo da contrastare le individualità avversarie e, oggettivamente, la porta di Lloris non è quasi mai stata davvero in pericolo ieri sera, ad eccezione di un paio di tentativi belgi nei primi minuti.
Come vi avevamo detto, una delle chiavi della semifinale sarebbe stata proprio quella di bloccare De Bruyne e Hazard, compito svolto egregiamente da tutta la difesa e, soprattutto, da Pogba e Kanté, dominatori in mezzo al campo.
In più, le temibili transizioni di Griezmann e Mbappé hanno più volte creato i presupposti per il gol, sebbene l’imprecisione l’abbia fatta da padrona.
I due brevilinei transalpini hanno avuto vita piuttosto facile contro dei giganti non velocissimi come Kompany, Alderweireld e Vertonghen, incapaci, nonostante una gara ordinata, di contenere gli scatti dei giocatori di Atletico e PSG. Armi letali per la Francia, che può permettersele anche per il grande lavoro che sta facendo Giroud, non tanto in attacco, quanto in fase di non possesso, quando è il primo ad andare sui portatori di palla avversari. Attitudine evidenziata anche ieri sera con una gara egregia, nonostante si sia divorato un gol a tu per tu con Courtois.

Sembra paradossale poi che il gol sia arrivato su corner, in teoria uno dei pochi punti in cui la Francia non eccelleva sui rivali del Belgio. Di sicuro nessuno si aspettava di vedere Umtiti decidere una semifinale mondiale, ma la solidità delle Francia sta anche qui: i difensori sanno farsi sentire anche davanti. Considerando Pavard negli ottavi e Varane nei quarti, in ogni gara ad eliminazione diretta, un difensore è arrivato al gol, risultando decisivo.

In quanti se lo aspettavano?

Ok, ora siamo gli unici che ci stiamo immaginando Lucas Hernández che decide la finale? Supponiamo, o meglio, speriamo di no.

Quali prospettive per il Belgio?

Come detto in precedenza, questa partita non sarà l’ultima della generazione dorata dei Diavoli Rossi. Tuttavia è impossibile non pensare che gli uomini di Martínez escano un po’ con le ossa rotte dal Luzhniki.
Se infatti prima non si aveva bene la percezione su quali potessero essere i veri margini di miglioramento di questo gruppo, ora sembra piuttosto evidente che molto difficilmente potranno andare oltre a quello che è stato fatto in Russia.

Ecco, intanto sembrano averla presa con filosofia, ma se spulciate nei commenti troverete la disperazione di un popolo.

È vero, a questo livello sono un paio di episodi girati bene o male a decidere come sarà il finale, però è anche difficile credere che possano arrivare a certi traguardi anche in un torneo con, per esempio, Spagna e Germania in una forma decente.
Alla fine, escludendo la gara col Brasile, è bastato un Giappone ben organizzato per mandarli in grade difficoltà.
La fortuna è che i loro calciatori più talentuosi sono ancora piuttosto giovani, quindi non è detto che, a partire da questo risultato, non riescano a costruire qualcosa di più grande.
Non sarà semplice però riuscire a trovare un’altra buona base di giocatori di medio-alto livello in grado di sostituire gli attuali 30enni, e da questo dipenderà moltissimo delle future ambizioni del Belgio.

Al di là dei discorsi sulla competitività, non dovremmo però dimenticarci da dove sono partiti. Solo 10 anni fa la Nazionale belga era lontana anni luce dal grande calcio e faticava ad arrivare alla terza posizione del girone di qualificazione ad Europei o Mondiali. Oggi invece può vantare un bacino di talento in relazione agli abitanti incredibile e, sebbene non abbia un campionato di primo livello, il suo sistema è invidiato e studiato da molti, oltre ad essere garanzia di eccellenza. Cosa che una semifinale ai Mondiali dimostra appieno.

Forse dalle nostre parti qualcuno dovrebbe prendere spunto.

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