Divertire, dal latino devertere, portare altrove, fuori: è questo che fa lo sport. Per questo abbiamo scelto sette momenti, sportivi o prestazioni fuori dalle righe, che siano assai (non importa cosa) e che ci portino fuori dalla normalità, da ciò che è consuetudinario.
La parola assai ha un uso molto radicato soprattutto nel meridione, dove viene spesso posta subito dopo l’aggettivo da rendere al superlativo. Perciò, in questo primo numero, la legheremo alla città che più ricorre a questo usus dicendi e che forse è la città più assai d’Italia, con le sue esagerazioni nel modo di vivere, nel modo di parlare, persino nel modo di gesticolare. Lo faremo citando il suo più grande cantore, l’artista che l’ha descritta meglio.
È assai, in visita a Napoli, con la guida di Pino Daniele.
1. Orgoglioso assai
Terra mia, terra mia, comm’è bello a la penza’. Terra mia, terra mia, comm’è bello a la guarda’.
Non credo che Lebron James conosca Pino Daniele – o quantomeno la cosa mi sorprenderebbe molto – ma è probabile che dopo quel Cleveland, this is for you! abbia pensato una cosa del genere. Ora la situazione è un po’ diversa. L’anno scorso, in finale, si è vista per Cleveland tutta la differenza con Golden State e quest’anno i Cavaliers non sembrano essere partiti col piede giusto. Sono già tante le sconfitte con una difesa preoccupante sulla quale si è espresso lo stesso Lebron. Nessun contesto migliore quindi per una prestazione decisamente da assai, come quella del numero 23 contro Washington. Sono 57 i punti alla fine della partita, segnati in ogni modo possibile: da tre, in post, in penetrazione per dare un messaggio ai compagni di squadra. Un editto del Re.
2. Cazzimmoso assai
Tengo ‘a cazzimma e faccio tutto quello che mi va, pecché so blues e nun voglio cagna’.
In effetti, guardando James Harden si ha la sensazione di avere davanti un giocatore cazzimmoso assai che si avvicina per modo di fare a un bluesman. Segue una linea musicale e ci improvvisa sopra, con tiri a volte forzati ma che entrano comunque, con la cazzimma che gli permette di guadagnarsi sempre i tiri liberi. Con uno step-back che è una nota di Muddy Waters. Questa sensazione la si è avuta maggiormente con la sua prestazione più da assai della carriera con i 56 punti contro i malcapitati Utah Jazz, conditi da 13 assist. Il tutto tirando con il 76% dal campo, percentuali che, combinate a quel numero di punti, non si vedevano dall’87 con il Fantasma di Chicago (per citare Lebron). Fear the Beard. Oppure godetevelo.
3. Soddisfatto assai
Che soddisfazione! Quanto costa la felicità?
A Nabil Fekir, punta del Lione, la felicità è costata un’invasione di campo da parte dei tifosi avversari e una possibile squalifica. La soddisfazione, in questo caso, era quella di sventolare la sua maglietta, diciamo alla Messi, sotto la curva del Saint’Etienne dopo aver segnato un gol. Il gesto, già provocatorio di suo, lo diventa assai di più se lo si fa dopo aver segnato il 5-0. E quindi via di tifosi tutti in campo e giocatori, Fekir soprattutto, rifugiati negli spogliatoi. Tutto normale, très satisfait.
4. Disperati/inaspettati assai
Ma che ve site miso ‘ncapa in paradiso s’adda faticà’, quanta luce in paradiso, nun se po’ sta’.
Se si parla di calcio e di situazioni disperate assai non si può non tirare in ballo il Benevento. Del suo disastroso inizio in Serie A e delle sue sconfitte hanno parlato tutti e ormai non fa più notizia. Perciò, almeno per ora, il suo momento più fuori dagli schemi – e quindi più da assai – è stato il più inaspettato e positivo possibile. La partita è contro i campioni d’Italia in carica e, al termine del primo tempo all’Allianz Stadium, ex Juventus Stadium, il tabellino dice 1-0, ma il marcatore non è né Higuain né Dybala, bensì Amato Ciciretti, numero 10 dei giallorossi, con la sua punizione dal limite.
Qui, è tutto assai. E non lo censuriamo.
Alla fine sarà comunque la Vecchia Signora a vincere e il Benevento tornerà nella semi-disperazione delle 12 sconfitte, ma quel primo tempo ha lasciato almeno un sorriso, seppur amaro, sulla bocca dei tifosi. Per dirla alla Pino gente ca nun trov cchiù pace.
5. Identitario assai
L’agg’ vist ‘a guerra vuò vedè?

Se si pensa al calcio argentino, inevitabilmente, si finisce col pensare a questa partita e, altrettanto inevitabilmente, si sa che non sarà mai una partita normale. River – Boca sarà sempre un incontro da assai. È la magia del Superclásico. Come ogni partita di questo tipo si parte prima con la conta dei cartellini e poi con quella dei gol: sono due i rossi (espulsione di Cardona molto generosa) e dieci le ammonizioni. Il tabellino dice invece 2-1 per gli Xeneizes con i gol proprio di Cardona, Ponzio e Nàndez, uno più bello dell’altro. Per quello che rappresenta e ha rappresentato prima a livello sociale e poi sportivo, questo sarà sempre un match che merita una rubrica a sé. Nel frattempo i tamburi del Monumental risuonano ancora. È l’inno di guerra del barrio.
6. Solo assai
Ma che te ne fotte e quann good good cchiù nero d’a notte nun po’ venì.
È normale che sia così. È normale che ogni suo atto vitale, dallo sport a qualsiasi altro campo, sia più complicato. È New York e ha fatto dell’energia scaturita dalle collisioni al suo interno la sua forza. E così, da buon newyorchese acquisito, ha fatto anche Kristaps Porzingis. Dopo la cessione di Carmelo Anthony si è ritrovato solo nei suoi Knicks, con il nulla tecnico intorno. Ha tratto forza da quella situazione catastrofica e si è presentato ai nastri di partenza con 30 punti di media nelle prime 10 partite, con più vittorie del previsto. Decisamente da assai, viste le previsioni.

L’atteggiamento di chi assiste, lì nella Grande Mela, è di chi sa che cchiù nero d’a notte nun po’ venì come dice Pino nel suo album più black di tutti. E se ora è notte fonda, a New York un’alba cestistica si può intravedere, ed è quella portata sulle spalle (alte) di un ragazzo che di black non ha niente, ma è un lungagnone bianco dalla Lettonia. E se gli altri parlano lui, dai suoi 2 metri e 20, allucca cchiù forte.
7. Pazzo assai
Je so’ pazzo je so’ pazzo. E chi dice che Masaniello poi negro non sia più bello?
Lui non poteva mancare. Ha fatto la cosa più da assai che si potesse immaginare. No, in realtà non si poteva immaginare neanche. È la sublimazione del concetto di assai. È una cosa talmente brutta da non poter essere prevista, esce fuori dalle linee del pensiero. Il calcio di Evra a un suo (SUO!) tifoso vince a mani basse (e calci alti) questa rubrica. Ora rischia una squalifica lunghissima e il licenziamento in tronco dopo l’immediata sospensione, lui che avrebbe dovuto portare esperienza nello spogliatoio, non kung-fu. In attesa di ulteriori sviluppi, caro Patrice, ti suggeriamo una strategia difensiva assai solida.
E lo Stato questa volta non mi deve condannare pecché so’ pazz.