Artiglieria Colchonera

Ma quanti ce ne son passati da Madrid? Intendo sponda-Atleti, che la letteratura sul Real è fin troppo abbondante.

Me ne sono accorto solo dopo il doppio ottavo di Champions City-Monaco/Bayer-Atletico, un martedì sera che tutti ricorderemo tra i più spettacolari di sempre. Me ne sono accorto al gol di Torres, che ha tracciato un filo conduttore solidissimo partito da Leverkusen e annodatosi all’Ethiad di Manchester. Il colpo di testa del Niño ha chiuso il misterioso cerchio inaugurato dalla cabeza di Falcao e proseguito dal destro di Agüero.

Torres-Agüero-Falcao, tre tra gli attaccanti più forti della storia recente, hanno tutti indossato la maglia dell’Atletico Madrid; una tradizione, quella degli attaccanti, da sempre fortunata per i Colchoneros, e che vale la pena di essere rivissuta.

Senza scomodare i vari Hugo Sanchez e Luis Aragones, francamente troppo lontani dal calcio che stiamo vivendo.

1997/1998 – CHRISTIAN VIERI E QUELL’ANNO IN ERASMUS

Ai giorni d’oggi, se dici Vieri pensi ad Ibiza, chupiti e stupidi video diventati virali.

Nel fior fiore dei suoi anni da professionista, tuttavia, Vieri è stato anche un gran giocatore. Le menti dei più giovani arrivano alle prestazioni da fenomeno nel Mondiale coreano del 2002, i più longevi si ricorderanno invece delle parentesi alla Juventus e, soprattutto, all’Atleti.

I madrileni lo acquistarono proprio dai bianconeri per 34 miliardi di lire all’età di 24 anni, all’incirca quando noi comuni mortali ci laureiamo. Il solo anno passato in Spagna da Bobo ricorda fortemente il format “Erasmus” inaugurato da tempo nelle Università, quanto gli è bastato per entrare nella storia del club: 31 partite condite da 29 reti. Ciò che stupisce sono i 24 centri in altrettante gare di Liga, score che gli è valso il titolo di Pichichi; fino ad adesso Vieri rimane l’unico italiano ad averlo conquistato.

Insomma, nel tempo in cui noi riusciamo a malapena a dare un esame e a prendere qualche sbronza, Vieri è diventato capocannoniere e ha siglato uno dei gol più belli della sua carriera: quello che tutti ci siamo scambiati via Bluetooth almeno una volta, quello che equivale a rimorchiare la ragazza più bella della vacanza-studio.

2000/2007 – FERNANDO TORRES, IL NIÑO CON LA FASCIA DA CAPITANO

Stiamo parlando dell’attaccante più amato dalle donne, il biondo impossibile dalle gote rosse che scattava 100-200 volte oltre la linea difensiva, a ricevere i lanci dei compagni. Torres ha sublimato il suo essere calciatore al Liverpool, segnando tanto e scivolando romanticamente sotto la Kop. Ma dov’è nato e cresciuto il suo estro?

Torres è arrivato alle pendici del Vicente Calderon a 11 anni, a 17 ha esordito diventando il più giovane a indossare il rojiblanco, per cinque stagioni è stato il miglior marcatore dell’Atletico Madrid; un Atletico Madrid che, in quegli anni, ha riconosciuto in lui un simbolo perpetuo, un’icona da venerare per il resto dei nostri giorni.

Un calciatore con la faccia da bambino, i capelli ingellati e il carisma di un uomo. Un diciannovenne a cui le magliette, ancora, stavano larghissime, come quando diamo i primi calci al pallone: dettaglio, questo, che mette ancora più in risalto quella fascia da capitano, così stretta che sembra stritolargli il braccio, come a creare un legame indissolubile tra lui e il biancorosso.

 E le Total90, e Michel Salgado, e…

2007/2011 – AGÜERO E FORLAN: KUN E IL SUO CANE DA CACHA

L’addio di Torres è stato un colpo al cuore per i tifosi dell’Atletico, tanto che il presidente Enrique Cerezo dovette inventarsi qualcosa per rimpiazzarlo. Ciò che ha fatto è stato sensazionale, visto che nell’era post-Niño un’affiatatissima coppia di attaccanti ha riportato l’Atletico a fare sfaceli in Europa: sono arrivati infatti prima Sergio Agüero dall’Independiente e poi Diego Forlan, che bene aveva fatto al Villarreal.

Qual è il rapporto di amicizia più vero che conoscete, la relazione più intima che vi viene in mente? Angelina Jolie e Brad Pitt? Forse, ma alla fine si sono separati. Il pane e la Nutella? Magari, ma qualche volta si intromette la marmellata traditrice.

Agüero e Forlan sono stati come il bambino e il cane, che quando sono finiti i compiti si ritrovano nel giardino di casa a giocare con un ramo secco. Per l’occasione (finale di Europa League 2010) i due si sono invece presentati nel prato verde di Amburgo con una pallina, cercandosi e trovandosi costantemente; soprattutto in occasione delle due reti decisive, entrambe di Forlan, entrambe su assist del Kun.

Quella nel secondo tempo supplementare è emblematica: Agüero si diverte a giocolare, poi indica con la mano sinistra al suo cane Forlan dove tirerà la palla. Il resto lo fa il fiuto del gol del Cacha, che nello stesso anno verrà premiato pure col Pallone d’Oro del Mondiale 2010.

2011/2013 – RADAMEL FALCAO, IL TIGRE

Poi entrambi se ne sono andati, chi al City e chi all’Inter: stavolta, per rimpiazzarne due, Cerezo avrebbe dovuto inventarsi l’impossibile.

Impossibile che è diventato possibile grazie all’attaccante più cattivo di quel momento, col soprannome più terrificante d’Europa, fresco fresco di vittoria dell’Europa League: identikit che risponde al nome di Radamel Falcao, in arte il Tigre.

40 milioni di buoni motivi per cui Falcao poteva essere l’uomo giusto. L’anno precedente al Porto, oltre al successo nell’Europa dei piccoli, il colombiano aveva battuto infatti qualsiasi record a livello realizzativo: 38 reti stagionali, di cui 17 in Europa League (record assoluto), con il poker più giovane della storia della competizione rifilato al povero Villarreal.

Dettaglio non da trascurare: una Tigre non smette mai di avere fame.

E così Falcao fino ad adesso rimane l’unico giocatore a vincere due EL consecutive, risultando entrambe le volte capocannoniere. Come se non bastasse, nello stesso 2012, mise a segno pure una tripletta in 45′ al Chelsea, nella finale di Supercoppa Europea.

Mostruoso, animalesco, come il gol fotocopia realizzato in entrambe le finali ai Blues e al Bilbao.

2013/2014 – DIEGO COSTA feat. DAVID VILLA 

Questa è la stagione in cui tutti ci siamo sentiti un po’ Atletico Madrid, amanti sinceri di quella squadra che è quasi riuscita a rovesciare dal trono Real Madrid e Barcelona in un colpo solo.

L’impresa si è fermata alla riconquista, dopo 18 anni, della Liga, ai danni di un Barcelona gelato dal cabezazo di Godin. In quel campionato, tuttavia, si affermò un attaccante che ricordava molto Falcao, dotato di meno tecnica individuale ma (se possibile) di più rabbia. Ecco, Diego Costa somiglia ad un Bulldog americano che sbava non appena vede un nemico.

La preda preferita per Costa si chiama porta, azzannata ben 36 volte tra campionato, Copa del Rey e Champions League: se lo ricorderà bene il Milan, a cui rifilò tre reti fra andata e ritorno.

L’unica pecca di quell’Atletico? Aver perso il suo mastino dopo pochi minuti della finale-derby col Real, oltre che la concentrazione a pochi secondi dalla leggenda.

Il resto è storia. Noi vogliamo solo ricordarvi che tra i Colchoneros figurava anche David Villa, il miglior marcatore di sempre della nazionale spagnola.

 Le spalle di Diego Costa, il pizzetto di Villa…

2014/… – I BELLI E LE BESTIE

Ed eccoci ai giorni nostri.

L’Atletico Madrid si è ormai issato ai vertici del calcio mondiale, complice anche Simeone, un allenatore-motivatore che fa della tattica e del pressing le sue filosofie di vita. Il Cholo ha sempre preferito avere a che fare con delle bestie, giocatori “brutti” da vedersi ma profondamente dediti ai suoi insegnamenti: sono passati così sotto la sua guida Mandzukic e Jackson Martinez, autentici numeri “9” da area di rigore. Mentre il colombiano si è forse smarrito nella lontana Cina, il croato sta facendo benissimo alla Juventus.

Mario è sempre stato uno che lotta, che si sacrifica, che ci mette la faccia. Vedere per credere.

Adesso, invece, ci sono invece i belli a governare il reparto avanzato.

Griezmann, arrivato dalla Real Sociedad, ha abbandonato la cresta platinata per ritrovare un biondo naturale e fluente, come il suo sinistro: non fosse stato per il rigore sbagliato in finale di Champions e per l’Europeo perso col Portogallo, forse il piccolo diavolo avrebbe potuto alzare in alto il Pallone d’Oro.

Gameiro invece, dopo aver permesso al Sevilla di conquistare la terza EL di fila, si è ritrovato in coppia col suo connazionale, dimostrando una sintonia davvero insolita: saranno sicuramente rivali in amore, ma in campo si trovano alla perfezione. Colegas.

Ah, già, dimenticavamo. A chiudere il cerchio, e questo tuffo nel passato, c’è sempre lui. Il più bello, il simbolo perpetuo dell’Atletico Madrid.

Fernando Torres, l’eterno Niño.

 

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