Nel 2017 gli omicidi in Italia sono stati 355, le donne sono 140. Nello stesso periodo i morti sul lavoro sono stati 632, mentre nei primi mesi del 2018 sono decedute già 220 persone nel luogo in cui si adoperavano. Tra tutte queste persone non sono conteggiate coloro che hanno perso la vita mentre si recavano sul posto. Tra quelle 220 persone c’è Antonio Amalaterra, trentaquattrenne agricoltore, e giocatore di calcio a 5 nella Robbianina.
La storia sconosciuta di Antonio Amalaterra
Antonio Amalaterra viveva a Cannalonga, vicino a Salerno, fin quando la sua famiglia non decise di trasferirsi a Gorgonzola, in provincia di Milano. Era il 20 agosto del 1998 e proprio in quel giorno Antonio Amalaterra festeggiava il suo quindicesimo compleanno su un locomotore interregionale. Di buona educazione e spirito cristiano, andò nelle scuole dei salesiani anche a Milano. Ma finite le superiori si mise subito a lavoro: trovò un posto nell’azienda agricola di Giovanni Tenuro che a Gorgonzola ci è sempre vissuto, divenendo per eredità acquisita il massimo produttore in tutta Lombardia di grano duro.
Il padre Ignazio, risentito dalla scelta del figlio di non continuare con lo studio, accettò in seconda battuta la decisione poiché sua moglie Lucia Buono nel 2001 lavorava ancora in nero come domestica e il solo stipendio di operaio non bastava più a mandare avanti la famiglia composta oltre che da Antonio e Lucia, anche da Domenico, Maria, Assunta e Rivaldo. Quest’ultimo era nato il primo gennaio del 2000, e il nome era stato fortemente voluto da Antonio, in onore del suo calciatore preferito.
Antonio Amalaterra impazziva per il calcio: tifava Lazio e giocava, a dispetto del suo idolo, come difensore centrale nelle giovanili della Giana Erminio, con cui ha debuttato in prima squadra da titolare nell’ultima partita della stagione 1999/2000 in Eccellenza. Un’annata fantastica: debutto con i più grandi, primo sesso, vittoria dello scudetto della Lazio e promozione a scuola, in ordine di importanza per Antonio Amalaterra perché per Antonio prima di tutto veniva la sua felicità in campo e subito dopo il seno di Caterina Lamuri. Ma la rottura del crociato anteriore sinistro e del menisco mediale arrivò fatale proprio in quell’estate: Antonio Amalaterra abbandonò, così, il calcio e il suo sogno di diventare giocatore per consentire alla sua famiglia di vivere con dignità e permettersi di uscire qualche volta a cena con Caterina.
Lo stipendio inizialmente era in nero e neanche un granché, ma Caterina lo amava e papà Ignazio era costretto a qualche straordinario in meno; dopo dieci anni Antonio Amalaterra lavorava ancora in nero, sfruttato e meno malpagato, ma Caterina era sempre al suo fianco, mentre suo padre Ignazio era morto a 51 anni per un tumore fulmineo al pancreas.
Fu solo a quel punto che Antonio Amalaterra ebbe la forza di affrontare il suo capo Giovanni Tenuro che, con gran sorpresa, lo promosse di ruolo con contratto regolare e aumento di stipendio. Con il nuovo salario oltre ad aiutare sua madre Lucia a crescere Rivaldo (il fratello Domenico ormai lavorava in Brasile come chef, la sorella Maria insegnava italiano a Marsiglia, mentre Assunta studiava giurisprudenza a Bruxelles) Antonio si sposò con Caterina, e insieme comprarono una casa in affitto: la stanza per Rosita era tutta pronta.
Nel 2012, un vecchio compagno di scuola, Alberto Corniglia, lo invitò a una partita di calcio a 5 a Corvetto. Lì conobbe altri ragazzi e presto diventarono grandi amici: nel giro di qualche giorno formarono una squadra. Nel 2013/2014 la Robbianina debuttò nel campionato di Serie D di calcio a 5 perdendole tutte e subendo almeno 6 gol a partita: a volte per la gloria, basta perdere.
Antonio Amalaterra era il centrale difensivo con funzioni di playmaker in fase offensiva; Alberto Corniglia, il laterale difensivo più atletico del campionato, era osteopata, nonché fisioterapista e preparatore fisico della squadra; Luca Govi, centrocampista, capitano, fondatore della squadra e playboy indiscusso, investiva in borsa e nel tempo libero si dedicava al ruolo di osservatore per il Milan; Gabriele Alzabretti, il pivot che ogni anno aggiornava più assist che gol, era un frontman di banca; Marco Ricleci in porta, con la maglia indossata da Beniamino Abate nella stagione 1993/1994 all’Inter, di mattino trasportava turisti e di notte ubriachi tristi; Andrea Loddolo, infaticabile sul parquet quanto sulla pista da ballo (latino-americano possibilmente) di giorno si trasformava in un insospettabile assicuratore; Simone Idolatrato, laterale offensivo innamorato del pallone, era studente fuori corso di economia; Alessio Musacchio, il difensore spazzatutto, si specializzò come tuttofare; Francesco Valero, che partì attaccante e finì difensore centrale, inventò la professione di barman stylist, diventando il massimo influencer del settore; Giulio Marco, portiere di movimento dalla facile bestemmia, vendeva abbonamenti telefonici e si guadagnava uscite con clienti facoltose; Alessandro Bolle detto ballerino era il capo dell’agenzia assicurativa in cui lavorava Andrea Loddolo; altri giocatori saltuariamente si presentavano agli allenamenti e talvolta alle partite.
Il 22 febbraio 2018 Antonio Amalaterra è morto soppresso da un trattore agricolo mal funzionante. La vicenda è stata archiviata come eccesso di non prudenza da parte di Antonio: Giovanni Tenuro, forte del suo status socioeconomico, ha pagato profumatamente, oltre che un’equipe di illustri esperti specializzata in questi casi, anche il silenzio di Caterina Lamuri che, per paura di perdere tutto, ha deciso di conservare il dolore della verità dentro di sé per tutta la vita. Forse, un giorno, Rosita glielo scardinerà…
La stagione 2017/2018 intanto è giunta al termine e nella Robbianina nulla è cambiato nella vita degli altri componenti della squadra. Ma ieri, 30 aprile 2018, i nerogialli si sono aggiudicati per la prima volta il campionato di Serie D da imbattuti: mattatore della partita, con 6 reti, il debuttante Rivaldo. Fratello di Antonio Amalaterra.