Antitesi al San Paolo

Intro

Nonostante Napoli e Juventus lottino per obbiettivi ormai differenti, e il distacco in campionato sia più che netto nelle sue dieci lunghezze – cancellando ogni accenno di rincorsa Scudetto, quando l’anno scorso la differenza era di tre punti – sono queste le due squadre che continuano a mostrare l’una e l’altra faccia del miglior calcio nostrano, di fatto dividendo l’intero tifo italiano oltre il colore delle sciarpe.

Napoli e Juventus sono una vera antitesi calcistica in campo, uno scorno di filosofie. E il doppio confronto che le ha viste protagoniste nel giro di tre giorni, tra campionato e ritorno di Coppa Italia, non poteva che regalare uno degli spettacoli più importanti della stagione.

La Juventus, grazie al sottile 2-1 dell’andata di campionato e il polemico 3-1 di Coppa Italia, partiva da una base psicologica piuttosto solida sugli scontri diretti. Entrambe le partite giocate allo Juventus Stadium erano valse la vittoria, a scapito dei grattacapi tattici e tecnici che, comunque, il Napoli era riuscito a creare.

I partenopei avevano sì subìto la forza della Juventus e dei suoi tifosi, ma grazie alle loro qualità e alla marmorea volontà tattica del proprio allenatore, erano andati a Torino per giocarsela, creando pericoli e segnando in entrambe le partite, cosa che, tra le prime sette in campionato, solo il Milan era riuscito a fare (andata, ritorno e Supercoppa).

Dunque, il doppio confronto in tre giorni al San Paolo aveva il sapore del vero banco di prova sia dall’una che dall’altra parte. La Juventus doveva confermare la sua forza nel campo più difficile possibile, contro la propria nemesi (anche in virtù della sfida contro il Barça che con la filosofia sarriana condivide molto); Il Napoli, invece, doveva dimostrarsi abbastanza maturo da smettere di avere “fiducia nel futuro” e poterne avere anche nel presente.

Nonostante le due battaglie in questione siano a favore del Napoli, con una vittoria e il pareggio. Alla fine, chi ha vinto la guerra, grazie al primo posto in campionato e la finale di Coppa Italia, è la Juventus.

Chi ha vinto

Le due partite sono state molto simili sul lato tattico, ma hanno presentato alcune differenze sostanziali. Allegri e Sarri hanno adoperato strategie da lotta armata per mantenere il fisico dei propri calciatori. Nella prima sfida, nel 4-3-3 napoletano giocavano Rafael, Albiol, Strinic, Jorginho, Allan e Mertens; mentre nella seconda si sono visti Reina, Chiriches, Ghoulam, Diawara, Zielinski e Milik. Il tournover adoperato da Sarri è stata la vera base su cui edificare il gioco ultra-intenso della squadra, altrimenti impossibile. Una novità a contrasto con le critiche che ha sempre, giustamente, ricevuto.

Per Allegri e la Juventus, invece, non è stata una novità l’alternarsi degli uomini. Tra prima e seconda gara i cambi sono stati otto: Buffon, Chiellini, Lichsteiner, Asamoah, Marchisio, Lemina, Pjanic e Mandzukic per Neto, Benatia, Dani Alves, Alex Sandro, Rincon, Cuadrado, Dybala e Sturaro. Due squadre diverse che hanno applicato con lo stesso impegno ed efficacia il piano gara dell’allenatore.

La partita di campionato è stata forse la più difensivista mai giocata dalla Juventus di Allegri, anche più della finale contro il Barcellona che, per esigenza, richiedeva una forte applicazione sulla retroguardia. Il Napoli ha collezionato una supremazia nel possesso palla del 60%, e territoriale del 79.

La Juventus difendeva con il 4-4-2, con Higuaín e Pjanic a pressare singolarmente i portatori di palla, e due linee compatte e basse che proteggevano il campo poco fuori dall’area di rigore: in questo modo i bianconeri facevano densità in zona palla, rendevano difficoltosa la manovra napoletana, e non lasciavano profondità per gli inserimenti. Ma poi faticavano a risalire il campo.

Higuaín e Pjanic contro i centrocampisti, il resto della squadra è troppo basso e il Napoli ha vita facile.

 

Offensivamente, il piano bianconero era molto diretto: appena conquistata palla si doveva trovare la punta o uno dei due esterni con un cambio di gioco, scherzando sulla necessità degli avversari di difendere guardando il pallone. Il goal di Khedira nasce da un’occasione simile, coadiuvata dalla troppa passività del blocco difensivo azzurro che si lascia affondare dalla percussione del tedesco e dalla sponda sinuosa di Pjanic.

Né Allan né Callejon riescono a fermare Khedira. Il Napoli è la terza squadra con meno falli commessi in Europa.

 

Da lì in poi, però, il Napoli prende piede e la Juventus lascia volutamente fare, fiduciosa del suo difendere anche in situazioni di vero arrembaggio. La prima sostanziale differenza tra le due squadre è qui: tutte e due hanno difeso compatte e strette il centro del campo. Il Napoli più in alto, cercando il fuorigioco; la Juventus più in basso, negando la profondità (ma anche il successivo proprio contropiede). Eppure una squadra si è mostrata inespugnabile e ha resistito concedendo un goal su 17 tiri tentati, l’altra ha concesso un goal sui 4 tentati, l’unico nello specchio della porta: la Juventus e il Napoli.

A seguito di questa passività discussa e criticata che ha ridotto all’osso la produzione offensiva dei campioni d’Italia, la Coppa Italia prende forma come la vera battaglia finale tra due eserciti. Allegri non cambia modulo, ma cambia le direttrici difensive: la Juventus scherma meglio la ricezione dei creatori di gioco del Napoli con Higuaín e Dybala, e in seguito pressa ferocemente con la linea a quattro formata da ben due interdittori puri come Rincon e Sturaro, più Khedira e Cuadrado. Il risultato è una partita aggressiva, più combattuta.

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La Juventus aggredisce meglio gli avversari, recupera 10 palloni in più rispetto alla gara di campionato.

Stare più alti in campo facilita il gioco offensivo per colpire il Napoli e chiudere la partita. I due goal, il secondo più del primo, nascono da questo pizzico di coraggio in più. Nel primo, un passaggio in diagonale di Dani Alves per Sturaro permette a Higuaín di raccogliere il pallone ai venti metri e, grazie alla passività di Chiriches e la cecità di Pepe Reina, segnare un goal capitale.

 

Il secondo parte da un’azione specchiata: questa volta è Alex Sandro a far partire la manovra, superando Zielinski e servendo Dybala, il pallone si sposta velocemente da sinistra a destra per muovere la difesa del Napoli, e così Cuadrado si ritrova il pallone con molto spazio sia per calciare che per crossare, e pesca Higuaín col solito cronico ritardo di Chiriches.

 

Gonzalo

A conti fatti, il doppio scontro e la qualificazione alla finale di Coppa Italia l’ha decisa fortemente Higuaín, segnando tre goal in tre partite, ma sarebbe riduttivo ridurre lo strapotere tecnico della Juventus al solo Pipita, considerando il fatto che, se fosse solo una questione di grandi attaccanti, il Napoli l’anno scorso avrebbe vinto lo Scudetto.

Si era fantasticato molto, in estate, su come il numero 9 si sarebbe adattato al sistema di Allegri e se sarebbe riuscito a continuare sulla falsariga della scorsa stagione, oppure, semplicemente, non avrebbe mai più ripetuto un campionato di tale onnipotenza calcistica. La promessa dei 15 goal di Higuaín la conoscono ormai tutti. E la verità alla fine sta in mezzo: Higuaín è in grado di fare la differenza come con Sarri, ma la Juventus non è Higuaín-dipendente, è solo più completa che mai.

 

Chi ha perso, ha perso?

Dall’altro lato della barricata, come scritto prima, il Napoli doveva dimostrarsi abbastanza maturo da smettere di avere “fiducia nel futuro” e poterne avere anche nel presente. Ma forse è ancora presto per la gloria di questa squadra.

Nelle quattro partite stagionali con la Juventus il Napoli ha subito 8 goal, ma ne ha fatti 5, è stata l’unica squadra in grado di rifilane 3 in un 90 minuti, evento che non succedeva dalla finale di Champions contro il Barcellona di due anni fa. L’unica squadra (insieme al Milan) in grado di mettere chiaramente paura negli occhi dei cinque volte campioni d’Italia.

Alla luce di questo, chiedere a Sarri qualcosa in più sembra francamente impossibile, a meno che non gli si chieda di snaturare la sua filosofia. Cosa che non farà mai. Il Napoli ha anche provato in queste due sfide a fare piccoli cambiamenti nel nome del goal, ma solo tramite le sostituzioni: Milik al posto di Mertens è stata la più sperata fra le differenze.

La partita del polacco è stata anonima, con 19 tocchi (Reina ne ha fatti 21) e appena 2 tiri, un key pass e una percentuale di passaggi del 76%. Nonostante ciò, quando è stato chiamato in causa nei pressi dell’area ha sempre trovato una giocata funzionale (il tacco per Insigne, ad esempio, o il colpo di testa che ha impegnato Neto) che forse meritavano un po’ di testardaggine in più per fruttare qualcos’altro. I cross che ha ricevuto sono stati per la maggior parte del tempo pochi e troppo poco precisi per permettergli di incidere, come se la squadra fosse disabituata a giocare con un centravanti e fosse ormai troppo innamorata del pallone. Il che, però, non sarebbe negativo se il Napoli fosse qualcosa in più di quanto è adesso.

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Insigne e Callejon sono dentro il campo, vicini alla punta. Insigne galleggia tra le linee ma viene bloccato da Bonucci.

 

Per quanto si possa parlare di tatticismi, alla fine ciò che realmente pesa tra una e l’altra squadra è il valore tecnico degli uomini in campo. Che mai prima d’ora era stato così sottile, ma ancora presente. Il Napoli questa stagione ha dato l’impressione di dare sempre il 100% contro la Juventus, sentendo tutta l’importanza della rivalità. E statisticamente la cosa è abbastanza certa.

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Sulla colonna sinistra le statistiche del Napoli nelle due partite.

 

 

A questo si aggiunge lo spessore dei giocatori più forti che, grazie al contesto e le idee chiare imposte da Sarri, riescono a dare forse anche di più di quanto darebbero normalmente. Ma che non è coerente tra il reparto difensivo e quello offensivo. Prendendo i dati del solo campionato, infatti, il Napoli ha subito 33 goal, gli stessi del Milan, dell’Inter e dell’Atalanta; 13 in più della Juventus. Se la produzione offensiva è tra le migliori in Europa, lo stesso non si può dire di quella difensiva, ove, se come mostra il campo è spesso colpa di errori individuali (la svirgolata di Ghoulam, il mancato intervento tempestivo su Khedira, Chiricheș che si lascia scappare Higuaín) si deve operare sul mercato, investendo in maniera netta, in giocatori, come dice lo stesso Sarri, già pronti.

Quando la squadra gira, comunque, anche la Juventus va in bambola.

 

Outro

Ciò che può raccogliere il Napoli da questa sfida non è indifferente, perché si è davvero giocata una doppia vittoria sul filo del rasoio. Ma è chiaro che non è ancora abbastanza e forse non lo sarà mai in maniera decisa, per questa squadra, se non arriveranno segnali forti anche dalla società. Per ora, l’unico segnale forte, lo ha mandato Higuaín allo scoccare della doppietta, quando ha indicato la tribuna di De Laurentiis dicendo: «Es tu culpa»

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