El Clásico è LA PARTITA della seconda decade XXI secolo.
C’è poco da dire. Da quando Cristiano Ronaldo nel 2009 è approdato in Spagna per confrontarsi sulla stessa cancha di Lionel Messi, per parlare il suo stesso linguaggio nel medesimo luogo per intenderci, una serie indecifrabile di campioni sono stati acquistati da Real Madrid e Barcellona per fornire ai due più grandi calciatori nati nell’epoca dei millenials un’orchestra (in cui molti reciterebbero il primo violino, altrove) guidati dai migliori e diversi direttori di calcio in circolazione, e capace di scioccare la platea in ogni performance con atti che rasentano l’inenarrabile forza del movimento, che sembra assumere altri significati allo sguardo del significante, all’ombra di un cuoio che, nel momento del clasico, non è più semplicemente cuoio, bensì Tempo che ha il solo difetto, come sempre, di scorrere e svanire, salvo poi ricrearsi nella ciclicità degli eventi che delimitano la nostra Storia.
Fortunatamente Thomas Wedgwood tra il 1790 e il 1800, Joseph Nicéphore Niépce tra il 1815 e il 1830, e Louis Daguerre tra il 1825 e il 1850 si interessarono a tutti quegli esperimenti che portarono alla nascita del Dagherrotipo (da Daguerre, su idea di Niépce, ma è meglio non soffermarsi sulla diatriba tra i due) che venne poi presentato nel 1839 dal François Arago, presso l’Académie des Sciences e dell’Académie des Beaux Arts di Parigi.
Da lì, l’evoluzione in senso moderno della fotografia, una radicale rivoluzione nella concezione dell’Arte e, in maniera strettamente più calzante per le prossime righe, un aiuto sempre più determinante per la ricostruzione (e la mistificazione/demistificazione) della Storia e la nascita di una cultura visuale, disciplina fondamentale per comprendere il mondo che ci ruota intorno.
Senza quell’invenzione, infatti, non potremmo oggi parlare di fotogiornalismo o di fotografia sportiva, non ci sarebbero stati i foto-reportage di Robert Capa e non ci sarebbe stato Carlo Martini colui che ha immortalato uno dei momenti più simbolici della storia dello sport: lo scambio di borraccia tra Coppi e Bartali.
Come avrete intuito, la fotografia sarà l’unica protagonista di questo spazio, che vuole avere un solo obiettivo: fermare la Storia in senso temporale, privandola di calendario e decontestualizzandola da ogni risultato sportivo, per offrirla al lettore come se fosse all’interno di un’esposizione fotografica.
Il biglietto è gratuito, offre per la seconda volta Numerosette Magazine.
Qui, la prima esposizione con un gallerista assai: il nostro Corrado Tesauro.
El Clásico
L’altro volto
Troverete, quindi, sette fotografie recenti con l’intento di imprimere per sempre nella vostra memoria visiva il volto di chi, in quel momento, non era il protagonista della scena. Ci sarà un’eccezione, che verrà presto spiegata.
#1 Neymar
#2 Messi
#3 Busquets e Ronaldo
#4 Non volto
#5 Prato verde
Prima della partita si era osservato un minuto di silenzio per tributare la scomparsa di Johan Cruijff: l’uomo più catalano dei non-nati catalani.
#6 Pepe
Il portoghese, approdato quest’anno al Besiktas, è uno dei protagonisti indiscussi del clasico. Il suo marchio è stato l’irruenza, toccando durante il clasico i picchi del suo gioco duro, ben oltre i limite della correttezza. Senza i suoi falli il clasico non sarà più la stessa cosa. Quella che troverete di seguito, quindi, sarà l’unica eccezione della nostra esposizione. Un tributo alla malvagità, ritratta nella sua espressione più lontana e meno consueta: l’esultanza per un evento positivo.
#7 Carvajal
Il gesto che cpmpirà qualche istante dopo la pulga è uno dei momenti più iconici della storia del Calcio. Uno di quei momenti per cui Thomas Wedgwood, Joseph Nicéphore Niépce e Louis Daguerre, indirettamente, hanno contribuito in maniera determinante e perenne.
Ma l’umana disperazione di Carvajal è qui la protagonista, la foto più pregiata di un’esposizione dedicata ai non-protagonisti.
Quale sarà la prossima fotografia da altro volto del Clasico?