Il calcio di “Big Sam”

La Premier League è uno dei campionati più all’avanguardia in Europa: tra stadi in modernizzazione ed una natura sempre più cosmopolita, quello inglese non può che essere considerato come un calcio proiettato a tutta velocità verso il futuro.
C’è spazio però, anche in un mondo così dinamico, per le tradizioni, per l’anima del football inglese che, molto probabilmente, non avrebbe tutto il successo odierno senza di esse.

Si, il football inglese di Craven Cottage e Meadow Lane, stadi tanto piccoli quanto tremendamente romantici, oppure Upton Park, dove allenò un vero e proprio “santone” del calcio d’Oltremanica. Di santoni ne abbiamo a bizzeffe, diventati ormai una cosa unica con il mondo del pallone, veri e propri oggetti di culto per il loro ostentare e rappresentare in ogni aspetto, bello o brutto che sia, la “britannicità”.
Potremmo citarne a centinaia di uomini appartenenti a questo identikit, da Feguson a Pulis passando per i Redknapp, ma alla fine andremmo sempre, inesorabilmente, a parlare dell’allenatore britannico per antonomasia: Big Sam Allardyce.

Big Sam è un uomo dai mille risvolti caratteriali, un personaggio controverso. Si è guadagnato la Nazionale inglese col sudore della fronte, prelevando squadre già condannate tra le braccia di Mamma Championship, e soprattutto salvandole da quella dannata figura materna. Ha inseguito, ottenuto e perso un sogno, buttato via con lo scandalo che ha coinvolto lui e altri personaggi vicino a lui riguardo alla regolarizzazione della proprietà di diversi cartellini, e vedendosi obbligato alle dimissioni.
Quella di Allardyce è una storia di gavetta, sia da calciatore che da allenatore, che si riflette perfettamente nello stile di gioco delle sue squadre, capaci di faticare e far male sulle ripartenze.
Tutte le squadre allenate da Big Sam hanno sempre avuto coraggio da vendere, dimostrando di non temere anche avversari decisamente più forti sulla carta, andando avanti imperterrite con la solita faccia tosta, un po’ come il loro allenatore..

Sam Allardyce laughing at Chico Flores | The Clare Balding Show

La filosofia di gioco del nativo di Dudley potrà anche essere variata nel tempo, soprattutto per quanto riguarda le caratteristiche degli interpreti, ma si basa su pochi e chiarissimi canovacci tattici.
Uno di questi è il modulo, il caro vecchio 4-4-2 grazie al quale l’anima operaia delle sue squadre riesce ad esprimersi al meglio, soprattutto sulle ripartenze. Big Sam fonda le sue formazioni su una difesa molto fisica che, per forza di cose, deve essere brava nel gioco aereo e su un centrocampo dinamico, composto quasi sempre da due centrocampisti centrali bravi in entrambe le fasi e da una coppia di esterni pronti a viaggiare su e giù per la fascia per 90 minuti più recupero.

Un altro punto cardine è l’atteggiamento della squadra in base all’avversario, e Allardyce ha dimostrato più volte di avere sempre pronto l’asso nella manica. Le sue squadre sono sempre sul pezzo, pronte a mutare forma in funzione dell’avversario, capaci di passare da un classico catenaccio ad un calcio più aggressivo.
Sotto questo punto di vista, la vittoria ad Anfield del suo Crystal Palace è emblematica: le Eagles sono state fantastiche nel saper aspettare e capire quando affondare il colpo, senza soffrire troppo difensivamente contro uno dei migliori attacchi del campionato.

Il suo Crystal Palace gioca bene, diamine. E’ una squadra compatta, differente dall’impostazione originaria e romantica del 4-4-2, ma simile per certi versi: innanzitutto i difensori rocciosi. Sakho è un muro umano, e anche Tomkins non scherza. Due centrocampisti, bravi rispettivamente ad impostare ma anche a coprire: Milivojevic è l’uomo che non ti aspetti.

L’uomo che ti aspetti, invece, è Wilfried Zaha: quel che ti sorprende, però, è la continuità nella gestione Allardyce. Così come Townsend e Puncheon, giocatori andati sempre “a fiammate”, che si spegnevano troppo presto per lasciare davvero il segno. E poi, beh, davanti Benteke non scherza: l’avevamo definito “insuitable”, forse voleva smentirci.

L’idea calcistica di Big Sam può tranquillamente rappresentare una pietra miliare nel panorama calcistico d’oltremanica, per la sua abilità nel trovare il punto di unione tra la “vecchia scuola” del calcio inglese, fatta di sole palle alte e tanta corsa, e quella più recente, basata sul ritmo e su ripartenze improvvise.
Allardyce si è specializzato nei miracoli: salvo clamorosi scivoloni nelle ultime giornate, dovrebbe riuscirci pure alla guida del Palace.

Il calcio di Big Sam è una sorta di ritratto dello stesso Big Sam: semplice ma efficace, capace di commettere tanti errori ma anche, con la solita faccia tosta e tanto duro lavoro, di saper rimediare ad essi.

 

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