I responsabili dell’Inter Media Center, l’ufficio di comunicazione e marketing nerazzurro, stanno facendo di tutto per vincere il premio miglior presentazione del calciomercato 2018. Ad esempio, con il video qui di seguito, è stato accolto Lautaro Martinez.
Prima di Lautaro, Nainggolan era stato presentato come colui che conquista Milano a suon di prodezze del parkour, a De Vrij è stato fatto costruire un muro, mentre Asamoah giocava a scarabeo.
Concediamoci il lusso di analizzare questo video, scomponiamolo nelle sue parti, e cerchiamo di dargli la giusta importanza. Lautaro viene presentato come el Toro, e fin qui niente di straordinario, perché questo è il soprannome che si porta dietro sin dalle giovanili del Racing Avellaneda, squadra dove si è formato. Ma tra le righe della prosa iberica, stuzzicati dalla musica semi-tribale degli antipodi sudamericani, scopriamo che l’Inter aveva bisogno di Lautaro. Nel minuto di presentazione lanciato su Instagram, capiamo che, dal punto di vista tattico ed emotivo, l’Inter non stava aspettando altro che un nuovo idolo da celebrare.
Lautaro Martinez è un attaccante classe 1997 che ha fatto innamorare Diego Milito, che ancor oggi lavora tra i ranghi del Racing de Avellaneda. Già entrato nel giro della nazionale maggiore, è una punta che non ha paura. Tanto per cominciare, si è preso la numero 10 con la speranza di lavar via lo scialbo ricordo di Joao Mario.
L’Inter e gli argentini
Quanti argentini ci sono nella rosa dell’Inter? Risposta: uno. Mauro Icardi, l’anno scorso, era l’unico argentino in una squadra che, dalla prima presidenza Moratti, si è sempre basata su costanti iniezioni di talento sudamericano. Per la corte di Milano sono passati alcuni dei più grandi fuoriclasse della Pampa: da Batistuta a Milito, senza contare il Capitano con la C maiuscola, Zanetti, e altri invisibili come Esteban Cambiasso e Walter Samuel.
L’Inter ha sangue argentino, e sembra quasi che l’azzurro dei suoi colori sociali sia lo stesso azzurro della bandiera che sventola sui tetti di Buenos Aires. Per decenni, nel bene e nel male, c’è stata una lobby argentina – talvolta sudamericana – nello spogliatoio nerazzurro: casta inclusiva, capace di trainare il gruppo, di dare l’esempio, di far abituare tutta la rosa ai palcoscenici importanti e alla fame di vittoria.
Eppure, dopo il Triplete, è cominciata la lenta smobilitazione della vecchia guardia argentina. Uno dopo l’altro, tutti i giocatori di massimo rilievo hanno dato l’addio, al calcio o all’Inter. Finché non ne è rimasto solo uno, quello col numero 9. Isolato per oltre un anno, ora si troverà a fianco un altro argentino, un altro rioplatense. Che sia un primo passo per la ricostituzione di un nocciolo duro argentino? Troppo presto per dirlo. Se non altro, Icardi non soffrirà più di solitudine, come gli capitava troppo spesso l’anno scorso.

El Toro de Avellaneda
Come tanti altri prima di lui, Lautaro Martinez arriva in Europa circondato da un alone di mistero. I tifosi nerazzurri ricordano bene l’abbaglio preso con Gabigol, e per questo, almeno per ora, stanno cercando di darsi un contegno senza proclamare la venuta di un nuovo fenomeno.
Tuttavia, come si fa a star tranquilli quando tifi Inter e ti portano a casa una punta argentina? Martinez è un classico numero 9, alla Batistuta, tanto per intenderci. Non abbiamo di fronte un’ala o un trequartista, ma un attaccante ossessionato dal gol. Molto spesso si allontana dalla marcatura dei due centrali, e va a creare spazi da riempire con la sua progressione. Come in questo gol segnato pochi mesi fa.

In Argentina hanno cominciato a chiamarlo Toro proprio perché Martinez ha una fisicità devastante. Nonostante sia alto soltanto un metro e settantaquattro centimetri, basta dare un rapido sguardo alle sue giocate per comprendere che la compattezza di Lautaro diventa un problema per tutti i difensori. Il Toro è veloce, ha una buona agilità col pallone e soprattutto non molla un centimetro. Protegge la sfera con movimenti da grande attaccante e ha un pregio mica da poco: riesce sempre a mettersi in condizione di tirare in porta da una posizione di vantaggio.
Corrida
Lautaro è un giocatore ossessionato dal gol. Da vero Toro, vede tutto rosso quando si tratta di segnare. La sua struttura fisica gli consente di ringhiare su tutti i palloni e di essere fastidioso in qualsiasi momento della partita, prendendo spesso in contro-tempo i difensori avversari.

Nella cultura sudamericana, il Toro è associato a una forza primitiva, brutale, impossibile da sottomettere. Ne è l’esempio fulgido la corrida, dove la bestia viene derisa e soggiogata alla superiorità intellettuale dell’uomo, fino alla morte. Ci venga perdonato il paragone truculento: Lautaro dovrà imparare a dosare sin da subito la propria esplosività, perché il campionato italiano è ben diverso da quello argentino e il livello di malizia dei difensori europei non può nemmeno essere paragonato a quello dei sudamericani.
Nel video di presentazione, la voce fuoricampo gli dice: non preoccuparti, Lautaro. Non cercheremo di imbrigliarti. Vogliamo solo farti giocare. Spalletti, guardando il video, si sarà fatto una bella risata. Perché Martinez può diventare l’arma in più, ma solo se lo si usa in una determinata prospettiva.

Nell’Inter di Spalletti
Lautaro è arrivato all’Inter al momento giusto: sarà allenato da un mister capace di scegliere l’attimo perfetto per ogni giocatore, e farà parte di una squadra in fiducia, che torna a giocare in Champions dopo sette lunghissimi anni di purgatorio. Resta da capire, ovviamente, quale potrà essere l’apporto di un attaccante così energico.
Spalletti sta costruendo una squadra muscolare, che non vada in difficoltà con nessuno. Solo in questo senso di giustificano gli acquisti di giocatori forti fisicamente come Nainggolan, Asamoah, De Vrij e appunto Lautaro Martinez. L’organico dell’Inter mira a trasformarsi in un osso duro per tutti, quadrato e stabile mentalmente.
Lo scorso anno, Spalletti ha iniziato la sua avventura all’Inter con un canonico 4-2-3-1, impiegando tutto il girone d’andata nella ricerca di un trequartista da affiancare a Icardi. Con l’arrivo di Rafinha e l’esplosione di Cancelo, Spalletti ha poi trovato la quadratura del cerchio con un 3-4-2-1 molto fluido che ricordava la Roma versione 2016/17. Una difesa a tre con Miranda centrale, Skriniar e D’Ambrosio in marcatura, protetti dalla diga composta da Gagliardini e Brozovic (altra grande intuizione, quella di spostare il croato in mediana). Con Cancelo e Perisic larghi, Spalletti ordinava a Candreva di buttarsi in mezzo al campo e fare superiorità con Rafinha, mentre davanti a loro Icardi faceva ciò che riesce a fare meglio: buttarla dentro.
L’Inter con Lautaro
Le partenze di Cancelo e Rafinha non hanno scoraggiato la dirigenza interista, che dopo l’ok della Fifa ha cominciato a costruire una rosa altamente competitiva per sostenere tutte e tre competizioni. L’arrivo di De Vrij a parametro zero lascia intendere che Spalletti vorrà replicare le premesse del suo ultimo anno a Roma, con tre centrali abili nell’uno contro uno e nella fase di impostazione. L’acquisto di Asamoah – che grazie a Conte è diventato un esterno veramente duttile – e la conferma di D’Ambrosio permetteranno a Spalletti di avere una quantità impressionante di alternative, e di variare da una difesa a 3 a una difesa a 4 anche a partita in corso.

In mezzo al campo, gli addetti ai lavoro danno per scontato che Nainggolan giocherà alle spalle di Icardi, molto vicino alla porta. Considerato che Perisic e Brozovic saranno titolari, i posti disponibili si riducono di molto. Dove potrebbe inserirsi, allora, Lautaro?
Al Racing, Lautaro amava partire da posizione leggermente defilata per poi penetrare centralmente, di pura forza. Alla Roma, una cosa molto simile la faceva Salah nel tridente con Dzeko e Nainggolan; sfruttare le sponde dei compagni per essere lanciato in porta. Giocando con una difesa a tre, Spalletti potrebbe blindare il centrocampo con due mediani muscolari – per ora i titolari sarebbero Gagliardini e Brozovic – dare aria sulle fasce con quattro valide alternative (Karamoh, Candreva, Perisic, Asamoah) e lasciare spazio davanti a un tridente del tutto inedito, ma a dir poco pericoloso: Icardi e Martinez supportati dal ninja. Se invece, per esigenze di equilibrio, Spalletti dovesse ritornare a un canonico 4-2-3-1, le alternative per Martinez si ridurrebbero considerevolmente. Ma con una cinquantina di partite nell’arco della stagione, le opportunità non mancheranno.
Il senso di Lautaro
Al di là delle considerazioni tattiche, l’Inter aveva bisogno di una valida alternativa di Icardi. Eder, per tanti anni, ha fatto il gregario andando spesso oltre alle sue possibilità, lui che non è una prima punta e soffre molto la solitudine del 4-2-3-1. Martinez, molto probabilmente, partirà dalla panchina: Spalletti è un maestro nell’evitare che i giocatori si brucino ed è molto probabile che Lautaro cominci a dare il suo contributo magari dopo una decina di giornate di Serie A.
Quello che è chiaro, è che l’Inter di Spalletti comincia ad assumere una fisionomia precisa, e Lautaro potrebbe rivelarsi l’arma in più che, molte volte, è mancata nella stagione appena trascorsa. Nelle partite bloccate, dove Icardi non riesce a esprimersi e gli spazi sono chiusi, un attaccante così forte muscolarmente e così rapido nell’esecuzione tecnica potrebbe essere come la manna nel deserto.
L’Inter ha piazzato l’ennesima scommessa sudamericana, consigliata da Milito che non fa che incensare Lautaro Martinez sin da quando giocavano insieme al Racing, nel 2016. In una Serie A riportata improvvisamente al centro del dibattito internazionale dall’acquisto di Cristiano Ronaldo, non sarebbe poi così male se le nostre squadre tornassero a lanciare grandi talenti.