In Italia c’è una settimana in cui tutto si ferma e tutti parlano della stessa cosa. No, non è la campagna elettorale, ma il Festival di Sanremo. Anche Assai, quindi, non poteva esimersi, a rassegna conclusa, dal tributare un piccolo omaggio alla gara canora più famosa del Belpaese. Come? Facendosi prestare qualche canzone e qualche figura chiave del Festival per raccontare le cose più interessanti successe nello sport in quest’ultimo mese. Perciò scendiamo dalla scalinata dell’Ariston, ma con completini e scarpette da gioco: è il Festival di Assai.
Harden – Vessicchio
The Beard. Anzi, two beards. Harden ormai è un habitué di Assai, è un giocatore completamente al di là della soglia di normalità. Ogni tanto, però, esagera anche per i suoi standard. Contro i malcapitati Orlando Magic decide di andare in tripla doppia – e vabbè, direte, ormai sono sempre più frequenti in NBA – ma lo fa scrivendo un 60 alla casella dei punti. Record all time, ovviamente. Con l’arrivo di Paul si pensava potesse perdere la bacchetta, ma a dirigere l’orchestra di Houston c’è sempre lui, a fare sia da playmaker che da scorer. E poi, diciamocelo, c’è chi guarda il Festival solo per quella barba lì.
Olimpiadi invernali – Il ballo delle incertezze
Si dice spesso che lo sport sia molto più di un semplice gioco, a volte lo si fa con un po’ di retorica, altre con completa cognizione di causa. Questo è uno di quei casi. I Giochi Olimpici in Corea del Sud sembrano frutto di una combinazione astrale particolarissima; averli in quella posizione del mondo in questo preciso momento storico conferisce loro un’importanza paragonabile a quella dei grandi meeting internazionali. E, come in tutte le situazioni di quasi Guerra Fredda, non si sa cosa può succedere. Perciò ci viene in aiuto la prima canzone del nostro Festival: Il ballo delle incertezze di Ultimo (non scherzeremo sul fatto che Ultimo alla fine è arrivato primo!). Alla cerimonia inaugurale, intanto, c’è stata una stretta di mano tra la sorella di Kim Jong Un e il presidente sudcoreano. Il mondo ringrazia assai.
Denis Vieri – Emanuele Filiberto
All’edizione del 2010 del Festival di Sanremo si presenta con “Italia amore mio”, accompagnato da Pupo, Emanuele Filiberto di Savoia. È la più grande truffa della storia dell’Ariston. Non è un cantante e, strano ma vero, non sa cantare, eppure termina comunque la rassegna in seconda posizione, circondato da un misto di ilarità e critiche. Stessa storia, ma in ambito diverso, quella di Denis Vieri. Il genio in questione – perché di quello si tratta – crea un curriculum falso millantando esperienze in Brasile, al Psv e allo Shakthar; mette su un profilo social zeppo di foto con calciatori e riesce in questo modo ad ottenere un contratto in Brasile col Centro Esportivo Força e Luz. Tutto magnifico, fino a che Globo Esporte non lo smaschera. Non sempre le storie di Assai finiscono bene.
Allianz Arena – Una vita in vacanza
Le esagerazioni sono generalmente cose di cui non c’era assolutamente bisogno. Come i vecchi prototipi di macchine a sei ruote, cover del telefonino che fanno il caffè e, per ultima, una suite all’interno dello stadio che affaccia sul campo. Proprio quest’ultima trovata, assai inutile, farà la sua comparsa all’Allianz Arena per permettere a chi lo volesse di seguire le partite del Bayern (magari come questa) da un letto matrimoniale king size davanti al camino. Sarà status quo o un aiuto per qualche Paperon de’ Paperoni estremamente fraccomodo che vuole vivere – e qui presentiamo la seconda canzone – Una vita in vacanza?
Steve Bruce – Monologo di Pierfrancesco Favino
È il momento commovente del Festival, che spesso corrisponde con quello più da Assai. Non importa se è un monologo teatrale o una lacrima spontanea a bordo campo, non si può rimanere indifferenti. Domenica l’Aston Villa ha vinto il derby di Birmingham e il suo coach, Steve Bruce, dopo l’uno a zero non è riuscito a trattenere le lacrime, dopo una settimana passata tra la morte del padre e l’assistenza alla madre malata in ospedale. Che ci sia recitazione e studio dietro, come per Favino, o che ci sia dolore sentito, come per Bruce, non si può non commuoversi.
Cleveland Cavaliers – Serata dei duetti
È la penultima serata del Festival, quella in cui i big in gara decidono di farsi affiancare da sparring partner scelti da loro. E qui, per Cleveland, iniziano i problemi. Sì perché il big della situazione, cioè Lebron, non lascia dubbi, che invece sorgono se si deve decidere chi mettergli vicino. Ad inizio anno il supporting cast destinato ad accompagnarlo all’Ariston delle finals aveva, oltre al solito Kevin Love, anche Isaiah Thomas, Dwayne Wade e Jae Crowder, ma le prestazioni non eccelse hanno fatto propendere la dirigenza per un repulisti generale sulla soglia della trade deadline. E così i tre sopracitati finiscono tra LA, sponda gialloviola, Miami e Salt Lake City, mentre nell’Ohio arrivano Jordan Clarkson, Rodney Hood e George Hill. Basterà fare i cori a Lebron per vincere il Festival? Per ora, la partenza, è da Assai.
Gregg Popovich – Pippo Baudo
I capelli sono bianchi da un po’, ma nel suo campo rimane l’autorità assoluta. Gregg Popovich sta agli allenatori NBA come Pippo Baudo ai presentatori del Festival. La sua autorità, mai in discussione, gli permette di fare semplicemente tutto quello che vuole, compreso fingere di contare quanto gli altri. È quello che fa nel time out per decidere la gestione di Patty Mills alle prese con un problema di falli e, come l’imperatore Augusto, fa votare tutti, ma lui alza la mano per primo. Padroneggia quel palco che è casa sua da più di vent’anni, ma sul quale ancora si diverte come un bambino. Nel frattempo, come una novella Michelle Hunziker, coach Messina partecipa alla scena assai divertito.
Termina così il primo Festival di Assai. Alla fine un vincitore non c’è, perché sarebbe troppo banale avere una gara con un primo classificato. E qui, di banale, non è rimasto proprio niente.