Storie: Spice Boy

I don’t believe it. David Beckham scores a goal to take England all the way to the World Cup finals!

Wembley, 6 ottobre 2001: un Becks ventiseienne, con una punizione magistrale, sancisce la qualificazione dell’Inghilterra ai Mondiali di calcio che si disputeranno l’anno successivo in Corea Del Sud. Non è sicuramente la svolta della sua carriera, ma con quell’opera d’arte è passato da essere decisivo con il Manchester United ad esserlo anche con la maglia dei Three Lions, per la quale è stato lungamente capitano e aspramente criticato un atteggiamento da prendere o lasciare.

La carriera calcistica di David Joseph Robert Beckham inizia negli anni ’80.

Tutti vedevano nel piccolo David abilità innate, doti fondamentali per diventare “qualcuno” nel mondo del pallone tanto che, giovanissimo, vinse un permesso per allenarsi con la cantera del Barcellona. Il provino fallisce ma la rincorsa alla gloria calcistica continua, il piccolo Beckham non si fermerà di certo di fronte al primo ostacolo.

Leyton Orient, Manchester City, Norwich, Tottenham; niente da fare, anche qui non viene ritenuto all’altezza.

Accadde però che un anno dopo l’academy del Manchester United, la squadra amata dal padre, provò a puntare su di lui.

A 17 anni, nel 1992, il piccolo David esordirà in prima squadra con la maglia Red Devils: sarà l’inizio di una meravigliosa carriera.

L’allenatore che lo plasma è Sir Alex Ferguson, non uno qualunque. Il tecnico scozzese nutre in lui una grande fiducia e i primi anni nelle giovanili gli danno pure ragione: David Beckham è un fenomeno.

Già la prima stagione dello spice boy dà dimostrazione di ciò che può fare in campo con qualche “comparsata”, ma il talento è ancora acerbo: in prestito nel Preston North End, la Premier può attenderlo ancora per un po’.

Risultato:  5 partite – 2 gol, non male per un centrocampista di 18 anni che si affaccia per la prima volta al professionismo.

Nel 1995 riporta il caschetto biondo ad Old Trafford e ritrova Sir Alex che subito lo butta nella mischia: sarà titolare per tutta la stagione e da quel momento non lascerà mai il campo senza una standing ovation.

Prima la maglia numero 10, poi con l’addio di Cantona erediterà la numero 7, un’istituzione nella storia rossa mancuniana. La sua di storia, quella con lo United, si concluderà dopo 10 anni. Da tempo, infatti, si erano logorati i rapporti con l’allenatore. La causa? Poca dedizione negli allenamenti e prestazioni altalenanti, troppo in contrasto con le copertine delle riviste di gossip delle quali dominava le prime pagine fino all’addio definitivo nel 2003.

 

"Cheers mate"
“Cheers mate”

 

Il suo “right foot”, però, fa innamorare Florentino Perez.

Nella sua prima era presidenziale nel Real Madrid si presenta alla porta con 35 milioni e strappa il si del Manchester United, con altri 6 all’anno quello del giocatore. Dopo un inizio fenomenale le prestazioni del belloccio di Londra calano anche nella capitale spagnola: il Becks che avevamo ammirato e saputo amare fatica trovandosi alle prese con un campionato del tutto nuovo. Nonostante le molte presenze i gol segnati sono pochi, quasi tutti inventati su palle inattive.

Il Real Madrid in cui si trova è quello dei Galàcticos, dei giocatori troppo forti e troppo costosi per qualsiasi altra squadra mondiale, di quelli che non avevano bisogno neanche di direttive perché sapevano già cosa dovevano fare. In una squadra imbattibile ogni minima timidezza dimostrata in campo può essere la tua rovina. Ed è proprio per questo che, dopo una Copa del Rey nel 2003 ed una Liga – nemmeno da protagonista – nel 2007, all’improvviso David Beckham firma con il Los Angeles Galaxy.

La MLS, un campionato lontano anni luce da quelli europei. Ma di fronte a lusinghe simili e così faraoniche, si sa, è difficile dire di no.

Soprattutto se ti chiami David Beckham e hai fatto della seduzione la tua arma vincente.

"Sembra facile, invece non lo è"
“Sembra facile, invece non lo è”

 

Dai Galacticos al Galaxy a soli 31 anni: di fronte una realtà sconosciuta, nuova, che lo accompagnerà fino alla fine della carriera.

Il suo arrivo in America contribuisce a portare enorme notorietà al campionato americano oltre a far diventare appassionato un popolo che fino ad allora del soccer conosceva molto poco; gli addetti alla vendite del Galaxy dicono che prima delle sue presentazioni erano già state vendute 250.000 magliette con la scritta BECKHAM sulle spalle.

Durante il suo American Dream non solo contribuì a far conoscere il calcio statunitense agli statunitensi, ma fu un vero e proprio uomo-pubblicità nei confronti degli altri continenti: tutti ammirano le giocate dell’inglese nel nuovo mondo, troppo sopra le righe rispetto agli altri giocatori del campionato.

Con la tecnica che ha sin dai tempi dei provini con il Barça può fare quello che vuole: riesce anche a segnare un gol da centrocampo, per non parlare degli innumerevoli assist e (che ve lo dico a fare) dei gol su punizione. Nel mezzo del suo contratto con i Galaxy, poi, si materializzano i prestiti al Milan utili a riempire i momenti vuoti di David durante la pausa dalla MLS e le casse dei MegaStore della Milano rossonera.

Dopo 5 anni, 125 presenze e 20 gol, lo Spice Boy torna ancora in Europa per concludere un’onorevole carriera tra le fila del PSG, carriera coronata con la vittoria del campionato francese.

L’idolo dei bambini degli anni ’90, di quelli che sognavano un futuro da capitano nella nazionale inglese, di quelli che nei campi di periferia imitavano le sue movenze, di quelli che uscivano sotto la pioggia londinese per tirare la palla al set, appende gli scarpini al chiodo a 38 anni.

 

2 maggio 2016,

Oggi David Beckham compie 41 anni, vogliamo fargli gli auguri ricordando a tutti la sua straordinaria carriera.

Una carriera costellata di sogni, traguardi raggiunti e record battuti. Una carriera che nessuno potrà mai dimenticare: anche chi non segue il calcio conosce David Beckham. E il suo fantastico tocco vellutato.

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