L’uomo in ginocchio è Neto, attualmente in condizioni critiche all’ospedale di Medellìn. Il primario ha ammesso come si trovi al momento ‘al borde de la muerte’, mentre il terzino Alan Ruschel potrebbe restare paralizzato. Almeno loro, almeno loro risparmiali.
Il calcio è strano. Fondamentalmente viene amato perché incarna la vitalità, il movimento, non lascia tempo per pensare alle cose davvero importanti nella vita; ecco perché quando tutto si ferma, rendendo i tuoi beniamini scalfibili come tutti gli altri mortali nel mondo, una nuvola di dubbi e di rimorsi ti piove addosso.
In Italia poi, se conosci vita morte e miracoli del calcio sudamericano, sei considerato un guru praticamente da tutti. Chiusa la parentesi sostanzialmente inutile, nella redazione di numerosette nessuno può professarsi cultore del calcio brasiliano in ogni suo angolo più remoto; qualcuno aveva seguito la Copa, tanto per capirci l’Europa League del nuovo continente, ma della Associação Chapecoense de Futebol era difficile sentir parlare quotidianamente.
Non vi racconteremo in lungo e in largo le gesta dei ragazzi di Caio Junior, il cui figlio si è incredibilmente salvato perché dimenticatosi il passaporto a casa del padre, non lo faremo perché lo fanno già tutti, con ragione ma senza risolvere davvero niente. Resta una sentenza straziante ma è così, non saranno di certo i video che li ritraggono festanti o con le mani al cielo per aver battuto il San Lorenzo a farci stare più sereni di fronte a una tragedia devastante.
Prendete una squadra qualunque a voi ben nota, magari una di quelle che negli ultimi anni stanno vivendo un momento magico, prendete 21 giornalisti delle vostre emittenti preferite, immaginatene ora i genitori e le mogli, aggiungete qualche tifoso e tante altre persone da molti considerate ‘qualunque’, pensate a loro ed immaginate a come vi sentireste se arrivasse mai una notizia come quella di ieri mattina con loro nella veste ingrata di protagonisti.
Ho letto oggi un titolo volutamente incalzante, buttato sul web di prima mattina solo per fare qualche lettura, in cui si parlava di una tragedia aerea senza citare tuttavia il nome della squadra brasiliana. ‘Cosa? Speriamo non si tratti della mia, andiamo a controllare’ si saranno chiesti molti lettori, mentre milioni di click facevano ingrassare la pancia della testata nazionale su cui è stato pubblicato. Semplice svista dettata dalla concitazione? Penso e temo di no, tuttavia questa trovata amara è stata più che mai corrispondente alla realtà, perché che piaccia o no il nome Chapecoense, prima di ieri, passava inosservato ai più nel minestrone di calcio europeo di cui ci nutriamo ogni giorno senza nemmeno rendercene conto.
“Dovessi morire oggi, morirei felice” disse l’allenatore della verdao commosso negli spogliatoi, una frase che riletta oggi lascia di sasso. Avevano fatto tutto per agguantare una finale inattesa, riuscendo a sfinire il San Lorenzo con due pareggi soffertissimi, che pesano come un macigno nello stomaco.
Il mio primo editoriale, scritto ormai anni fa per il ‘giornale’ del liceo di cui mi ero impossessato con un bonario e silenzioso colpo di stato, aveva proprio il titolo che ho scelto per la commemorazione della Chapecoense.
Mi ero ripromesso di non utilizzarlo mai più, così da ricordarmi per sempre da dove avessi cominciato. Oggi però, visto che anche io sono caduto nel tranello aprendo quel fantomatico articolo incriminato e sperando con ingenuità che non si trattasse della mia squadra del cuore, merito una penitenza.
La meritiamo tutti, per non esserci accorti della Chapecoense che da sola scalava la Copa Sudamericana in silenzio, per non essercene accorti proprio nel momento in cui quei ragazzi lo avrebbero meritato. Il condizionale lascia sempre l’amaro in bocca, perché rappresenta qualcosa che per un motivo o per un altro non si è ancora o mai compiuto. Per quei poveri ragazzi, invece, resterà solamente il passato.
Da oggi porterò un ricordo sincero di un gruppo che nemmeno conoscevo di sfuggita. Sarà un ricordo vivo e vero, un ricordo di colore verde.
Verde Speranza.
Danilo, Gimenez, Dener, Caramelo Mateus, Marcelo, Filipe Machado, Thiego, Cleber Santana, Josimar, Gil, Sérgio Manoel, Matheus Biteco Bitencourt, Arthur Maia, Kempes, Ananias, Lucas Gomes, Tiaguinho, Bruno Rangel, Canela, Caio Junior, Sandro Pallaoro (Presidente), Pipe Grohs, Anderson Paixão, Anderson Martins, Dr. Marcio, Gobbato, Cocada, Serginho, Serginho, Adriano, Cleberson Silva, Maurinho, Cadu, Chinho di Domenico, Cezinha, Giba, Plínio D. de Nes Filho, Nilson Folle Júnior, Decio Burtet Filho, Edir de Marco, Ricardo Porto, Mauro dal Bello, Jandir Bordignon, Dávi Barela Dávi, Delfim Peixoto Filho, Luciano Buligo, Gelson Meisão, Victorino Chermont, Rodrigo Gonçalves, Devair Paschoalon, Lilacio Júnior, Paulo Clemente, Mario Sergio P Paiva, Guilher Marques, Ari Júnior, Guilherme Laars, Giovane Klein, Bruno Silva, Djalma Neto, Adré Podiacki, Laion Espindula, Rafael Henzel, Renan Agnolin, Fernando Schardong, Edson Ebeliny, Gelson Galiotto, Douglas Dorneles, Jacir Biavatti, Miguel Quiroga, Ovar Goytia, Sisy Arias, Romel Vacaflores, Alex Quispe, Gustavo Encina, Angel Lugo.