Storie: quei maledetti rigori, la metafora più pura della vita umana

Un giorno una ragazza mi disse che “il calcio è un gioco stupido perché è uno sport che prevede anche il pareggio“: intanto, non è un semplice gioco e poi beh, ci sarà un motivo se ci siamo lasciati.

Ma quella possibilità di non vincere talvolta porta a compiere delle scelte: destra, centro o sinistra. Non siamo in politica, tranquilli, ma dentro a una maledetta lotteria dei rigori, sinonimo di vita o di morte per i nostri cuori pallonari. Laddove esistono possibilità esiste quasi sempre una scelta e, come disse Paulo Coelho, “chi non utilizza la capacità di scegliere trasforma essa in una maledizione ed altri sceglieranno per lui“. In questo caso, l’importante non è solamente prendere quella giusta: troppi fattori si mettono nel mezzo e la ferita che un rigore sbagliato può lasciare non si risana molto velocemente.

Gioia o delusione?

Le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per tutta la vita, soprattutto se non sei un eroe ma semplicemente un operaio della leggenda: passare da fenomeno a carnefice è un attimo. Una guerra per ambire alla pace: quando sai che da una sfida dovrà uscire per forza un vincitore sai che puoi incorrere in quella fantomatica sfida dagli undici metri. Alla fine, a pensarci bene, sono solo un dischetto, un pallone e due ragazzi no?

No, vi rispondo io: ogni amante del calcio sa cosa si nasconde dietro ad una sequenza di rigori. Le esperienze passate si affollano nella mente, la preghiera diventa il primo strumento per la speranza e, ammettetelo, la paura di una delusione vi spinge a non guardare l’esecuzione. Chi non vive questi momenti non sa cosa possono realmente trasmettere: è un cinquanta e cinquanta, probabilità tipica degli eventi più difficili della vita dove la scelta è l’unica via di fuga. Ed ogni scelta è dolorosa perché per ogni cosa che prendi ce ne sono altrettante che lasci.  Certo, parliamo di calcio ma, ve lo avranno ripetuto, “il calcio è la cosa più importante tra le cose meno importanti“. Ed essere eliminati ai rigori fa male. La mia ferita è aperta ma non per questo ho chiuso con loro: il 9 luglio 2006, per esempio, un semisconosciuto Fabio Grosso mi fece scalpitare sulla porta del bagno della mia casa al mare dove mi ero rinchiuso per non vedere l’ultimo tiro dal dischetto. Chiamatela come volete ma quella sera era l’unica via possibile: un urlo secco e forte, come il tiro dell’esterno, a quei tempi del Palermo, che fece esultare tutta Italia. Neanche mi resi conto che quello era il quinto, troppa tensione e voglia di vincere: i rigori spesso sono l’ultimo ostacolo prima di passare alla Storia. Ma, seppur a prima vista sia forse il più concepibile, è il più duro di tutti: testa e gambe diventano un’orchestra dove ogni strumento deve fare la sua parte. I rigori sono la metafora della vita dove, come accade non molto raramente, si è costretti ad agire davanti al problema, a tu per tu con la paura e i rischi portati da alcune decisioni: il pallone rappresenta il magone che, se scagliato in rete, scappa via insieme alle sofferenze. Portiere o tiratore, arbitro o artefice del proprio destino, anche se talvolta i compiti si invertono e parare o schivare un colpo fa la differenza.

Il cielo è azzurro sopra Berlino

Sostengono gli eroi che se il gioco si fa duro è da giocare: dalle piazze, dove il rigore più importante è quello che può eliminare il tuo amico a “tedesca”, al Mondiale, dove un calcio dato bene può liberare la gioia di milioni di persone, fino alla quotidiana esistenza, perché una frase può cambiare per sempre il corso degli eventi. Sfide di nervi, calcio ad occhi chiusi o “mo je faccio er cucchiaio“? Sicuramente durante la sequenza c’è qualcuno che si diverte a giocare con il destino: caro Fato, non essere troppo crudele, soprattutto quando la partita finisce a oltranza. E si sa, il gioco è bello quando dura poco, almeno così mi hanno insegnato, anche se credo fosse solo un pretesto perché a me piace giocare fino in fondo.

Il problema dei calci dagli undici metri è che spesso creano alibi e danno libertà alle interpretazioni: le scuse sono l’arma dei perdenti signori, l’arte del saper unire decisione a precisione mentale e balistica è cosa rara ma, come in ogni rapporto, le decisioni vengono prese in due e, mai come in questi casi, ci può essere discrepanza di giudizio, con buona pace del tiratore.

Ognuno ha il suo metodo: dall’attaccante al portiere fino al tifoso perché nessuno è escluso da questa guerra senza contatto dove nessun colpo è proibito, soprattutto quello al cuore. Nella vita ci possono essere scelte che sai già che ti pentirai di aver fatto mentre alcune che se non farai non ti perdonerai mai: ma come si fa a saperlo a priori? Dobbiamo buttarci verso l’ignoto per sperare nella vera felicità? E’ probabile, ma lo è ancor di più riuscire a segnare un rigore, nel calcio come nella nostra esistenza. Quando qualcuno gioca con la tua speranza di essere felice a volte è meglio non guardare e continuare a sperare.

 Il momento in cui hai già scelto e non puoi più tornare indietro

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