Incredibile, pazzesco, clamoroso! Il Siviglia alza al cielo la terza Europa League consecutiva, hanno vinto ancora loro!
Considerato che la finale di mercoledì sera è andata in onda più o meno in tutto il globo, è probabile che l’esclamazione di cui sopra abbia riempito le bocche di un numero pressoché incalcolabile di telecronisti e commentatori. E forse anche quelle di alcuni di noi.
Incredibile! Hanno vinto ancora loro!
Ma loro chi?
Alt. Non fraintendete la domanda. In pochissimi, ormai, ignorano la competitività e l’organizzazione degli uomini di Unai Emery, se non altro per averli visti all’opera in campo internazionale in serate come quella di mercoledì. O come quella di Varsavia, di circa un anno fa. O come l’edizione 2013/14, sempre di Europa League, in scena allo Juventus Stadium.
Inutile girare attorno ai fatti: se nell’ultimo triennio il Siviglia si è fatto conoscere più di quanto già fosse conosciuto, molto lo deve agli interminabili scrosci di applausi rimediati proprio grazie alle prestazioni in campo internazionale.
Sono convinto, tuttavia, che le apparizioni dei Blanquirojos in campo europeo non siano state sufficienti a diffondere a pieno la loro fama. Insomma, se Gameiro lo conoscono un po’ tutti, per la maggior parte del resto della rosa l’appeal esercitato è di gran lunga inferiore.

Parliamo di cose concrete, magari partendo dall’inizio.
Dove inizio non sta per numero uno: già, perché contro il Liverpool Emery rispetta la tradizione, schierando dal primo minuto il “portiere di coppa” David Soria. A farne virtualmente le spese è Sergio Rico, promosso al ruolo di titolare in stagione a seguito dell’infortunio al ginocchio di Beto, storico eroe della finale di Torino vinta contro il Benfica.
Proprio Rico, appena un anno fa, si metteva in mostra difendendo i pali del clùb esclusivamente -almeno ad inizio stagione- in Europa e in Copa del Rey. La gestione pare funzionare.
Quindi, per tornare al punto, spazio al 31: David Soria, made in Spain, è soprattutto il secondo più giovane tra i ventidue titolari della finale.
Sulle corsie laterali agiscono Mariano, sulla destra, ed Escudero, sul versante opposto. Il sudamericano è alla prima stagione a Siviglia, ed ha alle spalle una carriera tutt’altro che di blasone: tre anni in Brasile con la maglia della Fluminense, sei mesi in più in Francia con quella del Bordeaux, dove l’Europa non l’ha mai assaggiata neppure per sbaglio.

Il secondo, altro innesto estivo, proveniva da una stagione piuttosto anonima trascorsa sulla corsia mancina del Getafe. Non solo ha abbandonato la barca giusto in tempo, verrebbe da dire, ma ha anche optato per la scelta migliore: i suoi ex compagni sono retrocessi in Segùnda, lui ha baciato la coppa e si è sentito -per una notte- sul tetto del mondo. Intuizione niente male Sergio, davvero niente male.
A completare il pacchetto arretrato, infine, sono due soggetti un po’ più noti alla critica. Sul centro destra agisce Rami, il cui compito assegnatogli da Emery -e riuscito a metà- è quello di arginare l’estro dell’imprevedibile Sturridge. Al fianco dell’ex Milan torreggia (o forse no, centottanta centimetri non sono poi questo granché) il portoghese Daniel Carriço. Se il primo bazzica Siviglia da una sola stagione, il collega di reparto è assai più conosciuto dalle parti del Sanchez-Pizjuàn, date le tre stagioni (fortunato, è capitato nel triennio giusto) trascorse in Spagna.
Continuiamo la nostra escursione addentrandoci nella selva oscura Sevillista che, se materialmente non è caratterizzata dalla presenza di sterpaglie ed arbusti al pari di quella dantesca, può comunque vantare due tronchi di un certo spessore. A Steven N’Zonzi e Grzegorz Krychowiak Emery affida le chiavi della mediana: centonovantasei centimetri il primo, dieci in meno il secondo. Che, a confronto, pare pure un tappetto.
Per entrambi due carriere piuttosto anonime prima dell’approdo a Siviglia: il francese, originario della Repubblica Democratica del Congo, ha un passato in Premier League (tre stagioni tra le fila dello Stoke City) e nelle serie inferiori in patria. Il percorso di Krychowiak si discosta – seppur leggermente- da quello del compagno: approdato in Ligue 1 nel 2008, è stato prelevato dal Siviglia per una cifra attorno ai €5M, ad oggi pressoché quintuplicata.
Odi ai loro meriti cercasi.
Sulla trequarti poi, beh, lì ci sarebbe da sbizzarrirsi: Coke, Banega e Vitolo sono stati gli interpreti della finalissima, ma il discorso potrebbe tranquillamente essere ampliato ai funamboli che al St.Jakob sedevano in panchina o, addirittura, non hanno partecipato alla trasferta. Sentite anche voi Konoplyanka chiedere ragione?
Coke, che soltanto con una doppietta tanto pesante quanto quella rifilata al Liverpool poteva scrollarsi di dosso il pesante fardello della -quasi- omonimia con il ben più blasonato Koke, fantasista dell’Atlético di Simeone. Coke, terzino Capitano alzato sulla linea dei trequartisti da Emery un po’ come quanto accadeva durante la scorsa stagione, talvolta, ad Aleix Vidal. Coke, l’uomo che ti aspetti forse meno di tutti gli altri.
Lo stesso uomo che, poco meno di un mese fa, insaccava una perla del genere nientemeno che nel derby contro l’odiato Betis.
Coke, di gol pesanti ne hai?
In posizione teoricamente più centrale, ma libero di svariare su tutto il fronte offensivo con licenza di offendere, Emery schiera Ever Banega. L’argentino è un po’ il belloccio del gruppo, quello ammirato e desiderato. E prima o poi, a forza di tocchi tanto di classe quanto tremendamente concreti, capita che qualcuno lo rapisca e lo porti a fare il giocoliere al proprio palazzo.
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Parlano più o meno così gli aficionados di Siviglia, che di questi tempi sono abituati ad affrontare lo spauracchio -spesso e volentieri destinato a concretizzarsi- delle cessioni. Bacca e Vidal furono i partenti appena un anno fa, mentre dodici mesi prima salutò il trio Rakitic–Moreno–Fazio. Nell’estate 2013 la società decise di privarsi addirittura contemporaneamente di Negredo, Jesùs Navas e Kondogbia, all’epoca all’apice della propria carriera o pronti a spiccare il volo, e in ogni caso tra i pezzi più pregiati che il mercato aveva da offrire.
I milioni -parecchi- furono reinvestiti così:

Chiude la trequarti -e il poker di innesti sopra raffigurato- Victor Machin Pérez, alias Vitolo, uno degli attaccanti esterni meno prolifici dell’intero panorama europeo. Un dettaglio? Mi è capitato di buttare un occhio alla voce assist, vi consiglio di fare altrettanto. Anzi, ecco qua:

E poi c’è Gameiro, non proprio uno qualunque. A Siviglia, in estate, erano arrivati a testa alta nientemeno che Fernando Llorente e Ciro Immobile, rispettivamente da Juventus e Borussia Dortmund. Pareva evidente, al nastro di partenza, che a fare le spese del dualismo (trialismo?) sarebbe stato the normal Kevin, affossato dalla maggiore portata mediatica dei compagni.
Lasciatemi sorridere: personalità fuori dal comune, senso della posizione da invidiare, uomo-squadra preziosissimo. E soprattutto 29 palloni scaraventati in rete in 51 presenze stagionali.
I numeri parlano chiaro: oltre ad aver portato il Siviglia a conquistare la terza -è ormai scontato ripeterlo- Europa League, Gameiro ha dimostrato in tre anni di Priméra Division tutto ciò che non era riuscito a dimostrare in Francia, al cospetto di Re Zlatan Ibrahimovic. Al quale, puntualmente, faceva da riserva.
Chapeau, Kevin.

Non mi sarebbe affatto dispiaciuto titolare questo pezzo accostando a “Siviglia” l’attributo “Desconocidos” (sconosciuti), ma a quel punto sarebbe stato troppo elevato il rischio di abusare del dono della retorica.
Insomma, siamo onesti: l’organico del Siviglia, seppur non sia formato da grandi campioni, è di tutto rispetto. Si tratta solo di metterlo sotto un microscopio e di conoscerlo, nulla di più, nulla di meno.
Lo spunto, nel frattempo, ve lo abbiamo dato.