No, non dovete chiamarlo figliol prodigo. Non lo è, vi sveleremo il motivo: forse vi chiederete perché scriviamo ancora di Wazza, o forse no. Guardate un occhio al calendario di Premier League: Manchester United-Everton, domenica 17 ore 17, 17 come l’anno in cui Rooney viene tristemente scaricato dai Red Devils, per poi accasarsi alla caotica corte di Rambo Koeman.
È tornato, si, ma alla sua maniera. Alla maniera di Wayne.
Alla maniera di Wayne
Scusate ma non ce la faccio. Mi sforzo, ma non riesco proprio a pensare a un Rooney così. A immaginarlo che in un’estate qualunque se ne torna all’Everton, scaricato dal Manchester United, quasi con la coda tra le gambe, consapevole di aver imboccato la sua ultima strada. Quella che nel Paese del punk chiamerebbero sunset boulevard. Anzi vi pregherei di prendere la retorica del campione stanco che torna a casa per godersi gli ultimi scampoli di carriera, come un leone vecchio scacciato dai giovani del branco, e di metterla da parte. Perché con Wayne Rooney le cose non stanno così.
Mito e non parabola
Nel secolo scorso l’antropologo francese Claude Lévi-Strauss, studiando le civiltà precolombiane, si accorse di come certi miti, o almeno certi loro elementi, fossero comuni a civiltà che non erano mai entrate in contatto tra loro, come appunto quelle degli indios e gli antichi Greci. Il motivo è che il mito rappresenta una parte del pensiero umano che funziona per tutti secondo le stesse categorie e alla quale tutti ricorriamo per analizzare ciò che succede. Il mito, le storie, anche se finte, anche se narrazione, ci spiegano la realtà.
In questo caso la realtà con la quale abbiamo a che fare sembrerebbe quella di un giocatore ben lontano dal suo prime – Wayne, so che ci leggi perciò metto più parole in inglese – che rifiuta i soldi della Cina e, non trovando più spazio nel Manchester United, torna alla squadra che l’ha cresciuto, l’Everton. Tutto vero, ma c’è dell’altro. E questo altro, dato che non siamo poi così diversi dagli indios, lo spieghiamo anche noi con i miti e con le storie. Anzi, è lo stesso Rooney a farcelo intuire con le sue di parole subito dopo il ritorno a casa. «Qui si può vincere». E non importa quanto sia vero e quale sarà il risultato, ma deve essere lo stesso ad aver mosso Polinice ad andare ad Argo.
Nuovo Polinice
Già, perché forse rispetto alla parabola del figliol prodigo c’è un’altra storia che si addice di più a cos’ha rappresentato Wayne Rooney e a cosa rappresenterà Manchester United – Everton, con il suo ritorno all’Old Trafford, questa volta da avversario. A Tebe, in Grecia, dopo la partenza del re Edipo per l’esilio, i suoi due figli, Eteocle e Polinice, si accordano per governare un anno ciascuno. Alla fine del proprio anno di governo, però, Eteocle non vuole lasciare il trono al fratello. Così per Polinice non vi sono alternative: si accorda con il re di Argo Adrasto e deve fare guerra a Tebe, a quelli che erano i suoi compagni fino a poco prima. È stato messo da parte, lui che è comunque un eroe. Uno del suo valore non può non essere un re.
Ecco, più che la storia del figliol prodigo, Rooney contro il Manchester United, in quello stadio per il quale che lo ha accolto come un figlio, ricorda Polinice davanti alla settima porta di Tebe, lì per vendicare una cacciata e un legame spezzato. Ad affrontarlo il mito vuole che sia Eteocle, l’usurpatore, colui che ha occupato il posto che gli spetterebbe. Tutte le coordinate portano al nome e cognome di Romelu Lukaku, arrivato, per un come al solito divertente scherzo del destino – o tyche, per usare questa volta la lingua di Eteocle e Polinice – proprio dall’Everton.

Una sfida alle abitudini
Sarà forse la partita più difficile della carriera di Rooney, perché, in un certo senso, è la carriera di Rooney. E se da un lato ci sarà la voglia di dimostrare che i fasti di un tempo non sono poi così lontani, dall’altro Wayne dovrà combattere con il nemico più temuto: l’abitudine. Ecco che c’imbattiamo in un altro personaggio che si è occupato di civiltà precolombiane. È il filosofo, anch’egli francese, Michel de Montaigne, molto avvezzo a frasi acute, che sapessero centrare il punto in un attimo. Ce ne ha lasciata una adatta proprio alla nostra occasione:
«L’abitudine ci nasconde il vero volto delle cose»
Forse anche Rooney, prima di scendere in quel solito campo, questa volta con una maglia di un altro colore, guarderà il vero volto delle cose. Il suo volto.
La parola al campo
Al di là dell’evidente mozione d’affetti alla quale porta Manchester United – Everton, ci troviamo davanti a una partita sulla quale vale comunque la pena di spendere due parole. La squadra di Liverpool vive una situazione non facile. Viene da due pesanti sconfitte in casa con Tottenham e Chelsea, con Rooney stesso che attraversa una situazione personale delicata. I Red Devils invece hanno appena vinto al ritorno in Champions e hanno inevitabilmente dalla loro il favore del pronostico oltre al fattore campo. Alcuni suggerimenti però sono venuti fuori, per noi e per Koeman, dal pareggio degli uomini di Mourinho con lo Stoke City che potrebbero indirizzare qualche scelta.
Innanzitutto sarà da verificare il lavoro difensivo in fase di ripiegamento dei due esterni d’attacco. Inoltre c’è la fragilità messa in mostra dai due centrali difensivi proprio nell’ultima uscita in Premier. Quando la palla ce l’ha lo United, invece, la chiave potrebbe essere Matic. Il pallone passa praticamente sempre tra i suoi piedi – e lui peraltro lo gestisce benissimo – per uscire dalla difesa con una LaVolpiana più o meno classica. Questo potrebbe suggerire una marcatura a uomo su di lui, magari proprio di Rooney, per mettere pressione all’inizio della fase offensiva del Manchester. Così si costringerebbe magari Pogba ad abbassarsi per ricevere diventando meno pericoloso.
Il destino di un eroe
Ma si sa, in partite come questa, con una componente lirica del genere, ragionamenti simili a volte saltano completamente e vengono stravolti al fischio d’inizio. O magari anche prima. Quando tutto l’Old Trafford riconoscerà quel suo figlio che ha cresciuto, che ha elevato al rango di re senza mai renderlo tale, e lo vedrà fargli per la prima volta la guerra contro.

La storia di Polinice termina con la sua morte e con quella del fratello Eteocle, ammazzatisi l’un l’altro per un trono. Alla fine il nuovo re sarà Creonte, che non darà sepoltura al corpo del guerriero che ha osato far guerra alla sua città, ma solo al fratello. La nostra storia, invece, non sappiamo come finirà, perché le storie di football sono così. Ma abbiamo un eroe di lacrime vecchie a sfidare il suo passato. Abbiamo un nuovo Eteocle e un re Creonte lusitano che si fa chiamare Special One. È Manchester United – Everton, è Rooney contro la sua Tebe, è il piano di un destino appassionato. Perché le storie di football sono così.