L’ ultimo Roby

Ogni persona che leggerà queste righe ha un ricordo personale di Roby Baggio che porta dentro di sé in maniera silenziosa e inconsapevole. Istantanee impresse nella memoria che non potranno mai essere scalfite, al massimo mitizzate. Perché Baggio è cultura che appartiene, senza condizioni, a tutti gli italiani che, anche indirettamente, lo hanno visto.

Il mio ricordo vivo di Roberto Baggio è quello che copre l’arco temporale finale della sua carriera. Dal 1998 al 2004, e in particolare della sua esperienza bresciana. Quando quel codino diventato pop a inizi anni ’90 era ormai sempre più folto, ricciolo, sempre più sbiadito, sempre più coerente con quell’aspetto di tranquillità che i suoi occhi e il suo volto mi hanno trasmesso. Inversamente proporzionale alla capacità di scrivere rime fuori da ogni schema metrico sul rettangolo verde.

06/04/2003 Brescia 3-0 Atalanta

 

Chi vi scrive, poi, ha indossato per anni una maglietta del Brescia di Baggio, tarocca, comprata alle bancarelle di Caravaggio, e con la quale ha posato per una fastidiosa fototessera dall’ottico, sudatissimo e abbronzato dopo una partita all’ultimo ginocchio sbucciato su un campetto di cemento.

Chi vi scrive ha anche fieramente portato il codino fino al Mondiale del 2002 – e ci ritorneremo – quando la mezza luna orribile di Ronaldo ha preso il sopravvento anche sulla sua testa.

E così – scusatemi se per alcuni tratti vi ho scritto in terza persona – partendo da quello che il Divin Codino è stato per me, ho deciso di condurvi nell’ultimo Baggio tramite i 10 momenti – e il numero non poteva essere diverso questa volta – che più porto nel cuore, e che voglio condividere con voi nel giorno del suo cinquantesimo compleanno.

1. 03/07/1998

Come scrivevo, il mio primo ricordo di Baggio risale al 1998. Non solo. Roby rappresenta il mio primo impatto mnemonico con il calcio. É estate, e la varicella mi costringe a un internamento in sala, davanti alla tv, durante i mondiali francesi del ’98.

Siamo ai tempi supplementari dei quarti di finale: Francia v Italia. Baggio con la maglia numero 18 è subentrato a metà del secondo tempo a uno scialbo Del Piero con la maglia numero 10. Albertini con la maglia numero 9 lancia una palla in profondità a scavalcare tutta la retroguardia transalpina. Roby fissa la sfera, poi butta uno sguardo in corsa al portiere, recupera il contatto visivo con la palla, e la colpisce al volo incrociando la traiettoria di partenza. Barthez è battuto. Esce di tanto così…

 

Ai rigori Baggio segnerà per primo zittendo idealmente tutte le critiche che si portava ancora addosso dal ’94, ma per il terzo mondiale di fila perdiamo ai rigori, con quel suono netto, del cuoio che si stampa sulla traversa, scagliato da Gigi Di Biagio.

Non il modo migliore, da italiano, per approcciarmi al calcio…

Ma quel fervore che si placa sul legno maggiore a Saint Denis, esploderà poche settimane dopo in un piovoso pomeriggio sul colle del Galibier, e quella varicella che mi costringerà a più momenti casalinghi che esterni, mi faranno scoprire il ciclismo, la bellezza del giallo, e un pirata con la bandana che ai piedi della salita si fa sfilare da tutti, per poi rimontarli come un danzatore agile e veloce, così veloce per allentare un’agonia, dalla quale si sarebbe spogliato in discesa. Marco Pantani.

Insomma, in quell’estate del ’98 ho scoperto due personaggi che poi sarebbero diventati i miei idoli sportivi dell’infanzia felice. Grazie Varicella.

2. 23/05/2000

L’esperienza di Roberto Baggio all’Inter è stata in assoluto la peggiore della sua carriera, un biennio analogo a quello rossonero (intervallato dall’esperienza bolognese) costretto a più panchina che campo.

Nell’epoca della prima Tele+ per un pubblico pay per view di nicchia, 90° minuto era il must it. La possibilità di ammirare Baggio, per me, si riduceva, quindi, a piccolo scampi di immagini passate dalla Rai. Capita però che, nel campionato 99/00 vinto dalla Lazio, Inter e Parma terminano a pari merito al quarto posto. Ed essendo, quello, il miglior periodo del calcio italiano di sempre, vuol dire che quattro squadre vanno in Champions, mentre altre cinque si qualificano per un posto in Europa.

All’epoca, poi, il concetto di classifica avulsa non esisteva, e non c’era altro modo che uno spareggio romantico, tanto crudele quanto sportivo. In campo neutro, cioè a Verona.

Sulla panchina interista siede Marcello Lippi che per Baggio nutre un certo astio, che molti allenatori hanno provato, da Sacchi a Ulivieri. In quell’annata, il futuro CT campione del Mondo, non lo schiera quasi mai da titolare. A Verona, però, al fianco di Vieri (uscito al 33′ per un infortunio muscolare) c’è proprio Roby.

Il Dieci ripagherà – il Calcio, si intende – con due gol da fuori area. Traiettorie efferate che neanche il giovane prodigio di Buffon può intercettare.

Le braccia al cielo, e lo sguardo basso dopo il gol. Ma come ha girato la caviglia?

Allarga le braccia, Roby

Il giorno dopo Baggio se ne andrà dall’Inter, l’esperienza di Lippi terminerà dopo la prima partita di campionato dell’anno successivo, in seguito all’eliminazione dalla Champions contro l’Helsingborg, e la sconfitta esterna sul campo della Reggina di Possanzini.

3. 24/02/2001

Svincolato per tutta l’estate del 2000, mentre l’Italia si innamora di Rosolino e Fioravanti, si accorda col Brescia di Corioni e Mazzone alla fine di settembre, tanto il campionato inizia a ottobre, per lasciare la giusta vetrina alle Olimpiadi in Australia. L’obiettivo è dichiarato: essere convocato ai Mondiali del 2002. La clausola posta sul contratto è precisa: gioco finché allena Carletto. Tra i due nasce un rapporto genitore/figlio e Roby viene designato all’unanimità della squadra capitano.

Roby Baggio e il Buddismo | Numerosette Magazine
La fascia Soka Gakkai, il Vincere Sempre buddhista giapponese, con la quale si è sempre rialzato da ogni caduta, un concetto affine alla vita di Roby, e che ritornerà.

Il Dieci gioca bene e trascina emotivamente i suoi, ma il gol personale tarda ad arrivare. Bisogna attendere fino al girone di ritorno. Una doppietta nella sua Firenze. E se dopo il gol del vantaggio, voluto a suon di calci in area, esulta come se si fosse liberato da un suo personalissimo peso, sceglie il silenzio dopo il gol che pareggia i conti su punizione. Come se quello fosse un gesto che al popolo viola non potesse mostrare contro…

Dopo quella giornata realizza 8 gol e guida i suoi al settimo posto, da neopromossi.

4. 05/05/2001

Tre di queste otto reti, si ammirano una sera al Via del Mare. Lecce 0-3 Brescia. Per il secondo, Roby, sceglie il gol olimpico.

 

5. 30/09/2001

É passato poco più di un anno dalla firma di Baggio con il Brescia, e il rapporto con Carletto non è mai stato messo in discussione. Roby ha forse provato in quel periodo un amore che non ha mai ricevuto così incondizionatamente da una piazza, da una società e da un allenatore. Il legame è così saldo che, in una partita segnata ancora da una sua tripletta, quella giornata verrà ricordata per la corsa irrefrenabile di Mazzone sotto la curva atalantina. Gliel’aveva promessa…

e la voce, inconfondibile, di Ughetta Lanari…

6. 23/01/2002 – 31/01/2002

Al Tardini, Brescia e Parma si devono sfidare per l’andata della semifinale di Coppa Italia. Poco prima dell’ingresso in campo, durante il riscaldamento, arriva la notizia della morte di Vittorio Mero, uomo spogliatoio di quelle rondinelle, per un incidente autostradale avvenuto mentre tornava dalla famiglia: in quella partita era squalificato. Roberto Baggio è uno dei primi a sapere, è il primo ad abbandonare il campo in lacrime.

Le lacrime di Roby Baggio per la morte di Vittorio Mero | Numerosette Magazine

La partita viene rinviata alla settimana successiva dove Roby si romperà il crociato sinistro, interrompendo momentaneamente il sogno di vestire la maglia azzurra per il quarto mondiale consecutivo.

L'ultimo infortunio di Roby Baggio | Numerosette Magazine
Foto tratta da RaiSport

 

7. 21/04/2002

In un pomeriggio dal cielo velato più di quindici mila sugli spalti per celebrare l’ennesima resurrezione del campione più amato…

Tonino Raffa

Al suo ingresso in campo, la fascia di capitano gli viene messa al braccio da Pep Guardiola. Sì, Pep Guardiola.

Alla fine di quella stagione Roby segnerà 11 gol in 12 partite, ma non basteranno per convincere Trapattoni a convocarlo in una nazionale in cui il Divin Codino poteva non essere la semplice ciliegina sulla torta. Perché la storia del cuoio l’ha dimostrato. Baggio, in qualche modo, torna sempre utile.

Roby Baggio e Pep Guardiola | Numerosette Magazine
Foto tratta dal Corriere dello Sport

 

8. 14/03/2004

Minuto 74, Roby riceve palla dal limite dell’area di rigore. Gli si para davanti l’intera difesa parmense. Da fermo punta il centro piantando la gamba sinistra sul suolo, poi bruscamente sterza sul mancino mettendo fuori gioco il capitano Matteo Ferrari, e anticipa l’uscita di Frey, incrociando nell’angolino. Sono duecento in Serie A. Tutti i compagni lo circondano con una maglietta celebrativa. Il Tardini, crocevia della sua ultima fase di carriera, prima si ammutolisce, e poi gli regala la dovuta ovazione.

A fine stagione il bottino salirà a 205

9. 28/04/2004 – 16/05/2004

 

La gara d’addio in nazionale era stata riservata solo a Silvio Piola. Al Marassi, la partita tra Italia e Spagna passerà in secondo piano.

Il saluto di San Siro, l’abbraccio di Maldini, l’uscita di scena senza clamore. La sua fascia di capitano, stretta in mano.

10. 01/04/2001

Ma il giorno più bello della sua esperienza bresciana si materializza il 1 Aprile del 2001, allo Stadio delle Alpi che, per molti anni, lo ha cullato e poi abbandonato senza rimpianti…

E perdonatemi del montaggio sfalsato, ma lascio le parole a chi quel Dieci l’ha visto da vicino, consegnandovi all’immagine che più tengo a cuore del mio Roberto Baggio, detto Roby.

 

 

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