Trasfigurazione

Tra Raffaello e Bellini, c’è spazio per Josip Ilicic. Questione di trasfigurazione, dimostrazione di un mutamento negativo verso una qualità diventata apatica. E quel 72 viola irriconoscibile, offuscato dalla controparte tetra e non più lucida, come un vecchio utensile esposto per anni all’umidità di una cantina. Nel suo caso però il Sole ha continuato a baciarlo, sebbene quel sorriso velato che si poteva scorgere nei momenti migliori sia svanito insieme alle prestazioni. Una classe lasciata a marcire in panchina, senza la possibilità di rinfrescare quei meccanismi che lo avevano elevato a uno dei calciatori più incisivi del campionato. Eppure, nonostante un’altezza che suggerisce ben altre caratteristiche e un fisico portato invece a dotarlo di altre, il suo talento prova sempre a metterlo in mostra. A corrente alternata, però. Proprio questo probabilmente lo separa dall’essere un campione.

Maribor-Palermo a/r

Perché le doti di Ilicic sono tangibili: un sinistro magico e la capacità di mettere il pallone dove vuoi lui. Di contro, una discontinuità vertiginosa non solo durante l’arco della stagione, bensì anche nel corso dei novanta minuti. Troppo importante non staccare la luce nei momenti decisivi.

E pensare che senza quel preliminare di Europa League forse non avremmo mai potuto ammirare le sue genialate con il mancino. Non che lo sloveno sia il classico giocatore che si prende le copertine, probabilmente a causa di una qualità limitata a determinati ambiti che gli impedisce di essere un trequartista completo, ma senza quel Palermo-Maribor (o viceversa, dipende se volete gustarvi l’andata o il ritorno) il ragazzo di Prijedor sarebbe rimasto nell’anonimato. Invece i rosanero rimangono impressionati e ci puntano: era appena arrivato dall’Interblock Ljubljana e, nel giro di un mese, saluta la nuova squadra per sbarcare in Sicilia. Temperature diverse, ambiente dissimile, ma la stessa sapienza di manipolare la sfera di cuoio.

Quando vuole

 

Firenze

Splende a Palermo per poi viaggiare verso Firenze: parte dalle retrovie e non riesce ad incidere, qualche errore fino alla rete fallita in finale di Coppa Italia. Il finale dell’ultima stagione di Montella viola però fa tornare il sorriso alla Fiorentina che scopre di avere in dote una ricchezza in più. Con Sousa è uno spettacolo: in coppia con Kalinic trascina la squadra al primo posto in classifica e fa impazzire tifosi ed avversari. Numeri da record e una maturità che sembra essere finalmente raggiunta: alla soglia dei ventotto anni Ilicic sta dimostrando di valere. Eccome. Poi a gennaio qualcosa si inceppa e la manovra corale non riesce più a essere brillante ed efficace: la Fiorentina cala e con lei le prestazioni dei singoli, compreso lo sloveno. Una stagione, la scorsa, comunque da record, segnata da tredici reti e sei assist in campionato, a cui si sommano due marcature in Europa League.

Il tocco

Trasfigurazione

Quest’anno il declino: l’ambiente mormora, l’allenatore traballa, perde le motivazioni e inizia a dare segnali di malcontento. A risentirne sono i risultati, ma anche le prestazioni del giocatore sloveno. Quel numero 72 non è più sulla bocca di tutti come appena qualche mese prima. Sousa si era impuntato: vendetemi tutti ma non Ilicic, sembrava voler dire, così le offerte dall’Inghilterra erano state rispedite al mittente.

Le gare sottotono iniziano ad accumularsi, le sostituzioni e le panchine cominciano ad aumentare sempre più di numero e il trequartista rimane “al palo” nel vero senso della parola. Sette, ben sette i pali colpiti da Ilicic nel campionato in corso. Il migliore in questa speciale classifica, se può essere considerata un merito. La trasfigurazione passa anche da qui, da quei legni che gli hanno strozzato l’urlo di gioia, da quei legni che lo hanno relegato ancora nella classe degli incompiuti. Le qualità però non sono in dubbio. Le quattro reti segnate fino ad ora, oltre a quella siglata in Europa League, rappresentano un passivo troppo pesante e indecoroso, rispetto ai ritmi di solo un anno fa.

Così, tanto per fare un esempio

 

Storie di discontinuità, riconferme e certezze mancate. L’inconcludenza e l’impaccio in certe situazioni rappresentano uno scoglio insormontabile anche per uno alto centonovanta centimetri. Quella lentezza imputatagli più volte diventa vincolante quando si tratta di uscire dalla crisi. Così Ilicic rimane nel suo guscio, in balia di un presente costruito da pali e punti interrogativi, e un futuro che sicuramente gli darà nuove occasioni per mettere in mostra la sua classe. Perché durante la trasfigurazione la raffinatezza è rimasta intatta. Oscurata, ma intatta.

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