Suso

  • Adriano ma cosa devo farne di questo Suso? Non riesco a capire neanche che ruolo abbia, non so dove metterlo.
  • Pippo lascio fare a te, lo sai che qui non c’è un soldo, era un’opportunità a zero e lo abbiamo preso.

Era il gennaio del 2015, un mercato di riparazione invernale confuso e grigio come il cielo sbiadito della Milano rossonera di un Pippo Inzaghi in piena debacle tecnica dopo l’illusione autunnale. Ed io mi sono immaginato una sua conversazione con Adriano Galliani alla disperata ricerca di un buon affare per colmare le vistose lacune del suo Milan e di quello di un sempre più disinteressato Silvio Berlusconi.

Soy gitano

Jesùs Joaquín Fernández Sáez de la Torre ha mosso i suoi primi, felpatissimi, passi da calciatore in terra natia, la terra dei Gitani. Di comune usanza è in Andalusia associare ai nomi un diminutivo speciale che riempie di sfumature il significato, piuttosto vago, come quello che Suso ha ereditato dal padre tra le calles della splendida Cádiz, città di rigoroso richiamo barocco alle porte dell’Oceano Atlantico.

Barocca è sempre stata la sua collocazione tattica in campo, un ostacolo che vi si è presentato spesso nel corso della sua seppur breve carriera, gitano è stato il suo destino. Un altalena di trasferimenti, divisi tra Liverpool e Milano; andata e poi ritorno, senza cognizione di causa. Nel mezzo due brevi e piacevoli passaggi: un rientro senza certezza alcuna in quel di Almeria e un attracco in terra di marinai sotto la lanterna, sponda rossoblu.

Arrivato nel Merseyside sotto la direzione di Brendan Rodgers, colleziona durante la sua esperienza “gitana” appena 14 presenze con i Reds. Suso appare un pesce fuor d’acqua nella fredda e incolore Liverpool, abituato a pittoreschi giochi di luce e tramonti della sua Cádiz. Non molto meglio va a Milano di ritorno da Almeria, il suo trasferimento passa totalmente inosservato e l’andaluso gioca sprazzi di partite subentrando ad Alessio Cerci. Sembra uno scherzo, invece è soltanto un grande malinteso, e allora forse quell’ipotetica conversazione tra Super Pippo e il “Condor” non è poi così distante dalla realtà.

Cerci e Suso 2014/2015 | numerosette.eu
“No mister, devo uscì pe’ quello li?”

Volver

Suso è il classico calciatore spagnolo che agisce sulla trequarti e può svariare su tutto il fronte offensivo: ottima tecnica di base, grande visione di gioco e spiccata facilità nell’ultimo passaggio. Il suo cambio di passo, tipico del futbol iberico, lo rende molto efficace nell’uno contro uno.

Sì viaggiare, dolcemente viaggiare. Rallentando per poi accelerare, con un ritmo fluente di vita nel cuore. E poi tornare a viaggiare.

La Spagna ne ha prodotti tanti negli ultimi anni, dai primi fiori come David Silva, agli ultimi deliziosi frutti come Marco Asensio. Ma la carriera di Suso ruota attorno ad un grosso equivoco, i suoi allenatori non riescono a collocarlo, e questo suo nomadismo tattico ha rischiato di essere un enigma irrisolvibile.

L’andaluso torna a Milano, e per un gitano non è mai un problema, ma stavolta cessa di esserlo. Curioso come a renderlo un’ala destra di un 4-3-3 sia uno degli allenatori più camaleontici del panorama italiano: Vincenzo Montella. L‘aeroplanino però da quando allena in rossonero ha optato per un modulo fisso a differenza delle precedenti esperienze di Catania e Firenze ed ha intravisto nella fantasia di Suso molto del suo calcio. Barrientos, e Ilicic: giocatori differenti che ha allenato, entrambi con un’elevata propensione anarchica ma che usano un solo piede, quello mancino. Nel calcio di Montella, eccezion fatta per Cuadrado, i mancini offensivi giocano a destra per sfruttare a pieno il piede invertito.

Suso ha avvertito fiducia e soprattutto ha assaporato per la prima volta l’idea di avere una dimora, quella tattica sul rettangolo verde. Alla seconda giornata al San Paolo contro il Napoli sfodera il primo dei numerosi colpi nel suo repertorio: grande agilità di pensiero spalle alla porta e tiro secco dalla media distanza.

Leader tecnico

Col passare delle giornate il Milan subisce un brusco ridimensionamento nell’idea di gioco del tecnico di Pomigliano d’Arco, a causa di una squadra incompleta e con pochi giocatori adatti alla costruzione della manovra, fatta di possesso orizzontale e talvolta eccessivamente ragionato. Una strada tortuosa e impercorribile con gli interpreti a disposizione, Suso ha queste caratteristiche e diventa imprescindibile, e dimostra grande intesa con chi parla la sua stessa lingua: Bonaventura è uno di questi.

Il Milan comincia ad affidarsi alle ripartenze per rendersi pericoloso offensivamente. Nel derby di andata contro l’Inter dello scorso anno Bonaventura porta palla in fase di transizione e ha tre diverse scelte a cui destinare il pallone, opta per Suso in posizione defilata che si accentra e fa partire un mancino a giro nell’angolino che buca Handanovic.

Nè barocco nè nomade, di quel Suso acerbo che ha lasciato casa qualche anno fa sembrano, per fortuna, essersene perse le tracce. Montella ne ha fatto un leader tecnico e ha offerto prestazioni di altissimo livello in questo inizio di stagione. Con i nuovi acquisti della proprietà cinese è tornato ad insinuarsi il dubbio sulla sua collocazione tattica in virtù di un possibile 3-5-2 per far coesistere Bonucci Musacchio e Romagnoli che ne limiterebbe ampiamente il potenziale.

Suso ha mostrato qualità da rifinitore eccelse già dalla passata stagione, con una visione di gioco superiore alla media della Seria A, alternando giocate in verticale ai consueti cambi di gioco che effettua con estrema frequenza e facilità indipendentemente dal suo raggio di azione. L’incremento di tasso tecnico nel centrocampo rossonero ha esaltato ulteriormente il suo calcio, l’asse di destra che forma con Kessiè e Conti ha finora dato il maggior apporto qualitativo alla squadra.

Milan-Cagliari

Un’interessante novità di questa stagione è l’exploit di Patrick Cutrone, con il quale Suso sembra aver trovato subito grande sintonia grazie alla sua dinamicità in area di rigore. Lo scorso anno ha sofferto la staticità di Bacca, con il quale invece, faceva molta fatica a dialogare. Nell’azione del primo vantaggio contro il Cagliari Suso sfoggia la sua grande visione di gioco sfruttando il movimento di Cutrone che finta di accentrarsi e sguiscia via alla doppia marcatura, non certo irresistibile, allargandosi verso l’esterno e depositando in rete un pallone con il contagocce dell’andaluso, che è abile a puntare l’uomo e liberarsi per il cross. Combinazione per altro che si è verificata in maniera piuttosto simile qualche giorno prima in Europa League contro lo Shkendija.

Desta molta curiosità la sua affinità con Nikola Kalinic, voluto fortemente da Montella proprio per la sua capacità di fraseggio con i compagni. In attesa del suo totale inserimento Suso si starà certamente sfregando le mani.

Milan-Cagliari di domenica scorsa è stata la sua definitiva consacrazione tra i migliori interpreti del nostro campionato. Fresco di prima convocazione con la nazionale spagnola, il gol su punizione che ha consegnato ai diavoli tre punti fondamentali, pesantissimi per la fiducia nel progetto tecnico, fa di Suso un elemento necessario per Montella, oltre che idolo di un esigentissimo San Siro. Incisivo, mai banale, esteta e concreto.

La fede in Suso è talmente intessuta col mio sentimento morale, che io non ho da preoccuparmi in alcun modo.

Anche Scanzi, citando Kant, la pensa così.

Dimenticavo il suo ultimo colpo del repertorio. Che intesa con Calabria.

 

 

 

 

 

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