Sette Momenti: Mondiali 2010

Domanda: quanto sono belli i Mondiali? Non tanto sul campo quanto fuori, l’atmosfera che si respira intorno ad essi, il profumo di grigliata che inebria le case di milioni di italiani costretti probabilmente a trovare nuove vocazioni per questa campagna russa. Ma soprattuttto, quel che caratterizza i Mondiali è la sua perfetta connessione con un particolare periodo della propria esistenza. Lo stesso potere che affibbiamo alle canzoni, che riescono a segnare un momento, un ricordo, un aneddoto; ricordo, ad esempio, di un ragazzo che dovette sostenere un intervento chirurgico pochi giorni prima della finale. Con il medico curante nacque qualche sproloquio sui Mondiali 2010, forse per tranquilizzare proprio il ragazzo, forte della sua scommessa iniziale sull’Olanda vincente. Peccato.

Meglio chiudere questa piccola parentesi, stiamo per aprirne una apparentemente immensa, quella dei primi mondiali africani della storia del calcio. Quella dove venimmo sbeffeggiati da Nuova Zelanda e Slovacchia, ricordate? Bene.

Vi avverto, alla parola “Sudafrica” potreste sentire un piccolo ronzio, quasi come se fosse una zanzara che si annida e vi disturba la lettura. Quasi come una vuvuzela

Un rumore assordante a cui non eravamo più abituati, ci scusiamo per aver fatto riemergere quest’incubo sonoro. Era doveroso, così come ci sembra doveroso rivivere le emozioni dei Mondiali 2010 in sette canonici momenti.

Prima Tshabolata

Tshabalala inaugura così i Mondiali 2010 | numerosette.eu

Si, un gioco di parole orripilante e decisamente contrastante in relazione alla bellezza del gol di Siphiwe Tshabalala, esterno sudafricano che ha fatto breccia nei cuori di tutti con un sinistro assassino. Era l’11 giugno 2010, e al ronzio di quelle maledette Vuvuzela subentrò il rumore del collo piede a contatto con il decisamente anomalo Jabulani.

La prima fiammata inaugurò un Mondiale davvero caldo, a tratti rovente, un bollore che in quella partita venne prontamente raffreddato da Rafa Marquez, eterno capitano che anche quest’anno guiderà il suo Messico: chissà cosa combinerà, assieme all’invisibile Guardado.

Tshabalala, quell’11 giugno, si è presentato al mondo intero. Forse il miglior acuto di una carriera in sordina, lontana dai riflettori europei, nel Kaizer Chiefs, squadra conosciuta per lo più dagli appassionati di FIFA. Il classico giocatore da Mondiale, che fa impazzire un popolo e si rituffa nell’anonimato: pazienza, ci ha fatto emozionare ugualmente.

Noble Déchue

No, non stiamo parlando di quel malandrino di Mark Noble che non ha mai giocato un Mondiale in vita sua. Stiamo parlando di chi, forse, quel Mondiale avrebbe voluto non giocarlo, o forse avrebbe potuto non farlo: la Francia di Domenech.

La sconfitta del 2006 ha involontariamente propizionato un ciclo quadriennale di delusioni e insuccessi, e il double di eliminazioni ai gironi tra Euro 2008 e Mondiali 2010 parla chiaro: Domenech ha toppato, la Francia stava vivendo un esilio sportivo pari a quello napoleonico presso Sant’Elena. Giorni difficili, quelli sudafricani, tra le consuete Vuvuzela che facevano da colonna sonora alle parole non proprio smielate di Anelka.

Insomma, il ciclo dei colossi era agli sgoccioli – Henry soprattutto – e il ricambio generazionale è parso obbligatorio al termine della deludente spedizione africana; beh, ora si sono assemblati. Ma prima, hanno dovuto fomentare i sogni di gloria messicani.

Chicharito stende la Francia | numerosette.eu
Dov’era la difesa? Ancora a Berlino?

Chicharito fa rima con impazzito, come tutto il popolo messicano. Come l’ingranaggio francese andato completamente in tilt.

Le due finaliste dell’ultimo mondiale se ne tornano a casa. E il Messico vola, per la felicità di un Trump che pochi mesi dopo dichiarò ad American Morning di voler seriamente candidarsi alla Casa Bianca nel 2012. Ma questa è un’altra storia.

Altro che NBA

Calcio e USA non sono mai andati d’accordo, per molti. Un matrimonio burrascoso, testimoniato dalla facilità con cui i calciatori europei irrompevano fra gli arrugginiti schemi del soccer americano. Il più grande stereotipo del calcio, così possiamo definire gli USA; proprio nella patria del tatticismo sfrenato, ad Italia 1990, qualcosa cambiò. Si fermò al primo turno, vero, ma fu l’inizio di una presenza fissa ai Campionati del Mondo per ben sette volte consecutive.

Anche per questo motivo, uscire contro Panama, è stata una sconfitta dolorosissima per il calcio americano.

Un calcio in continua espansione che smentisce prontamente la figura dell’americano medio con una birra in mano e il canale sintonizzato su ESPN per seguire Golden State vs Lebron – già che siamo nel vivo delle Finals; nel 2006, ai gironi, ci misero in difficoltà. E nel 2010, fu il momento di Landon Donovan.

Donovan dà un senso ai Mondiali 2010 degli USA | numerosette.eu

Forse era scritto. Forse, proprio lui doveva buttare in porta il pallone della qualificazione: proprio lui, il giocatore più iconico e rappresentativo degli States, che contribuì nel lontano 2002 alla prima vittoria contro gli storici rivali del Messico ad un Mondiale. Ben 57 gol in 157 presenze, su di lui vennero alimentate le speranze per un passaggio del turno comunque fattibile: così fu, gli USA centrarono il primo posto ma vennero beffati da una delle squadre preferite del nostro Matteo Brambilla, il Ghana. Anche per questo motivo, non metteremo il salvataggio di Suarez contro gli africani.

Il calcio anglosassone perde i pezzi, piano piano.

Repetita iuvant

Così dicono. Ed effettivamente, il concetto ha assunto una veridicità col passare del tempo: non ditelo, però, agli inglesi e a Frank Lampard.

Sintesi dei Mondiali 2010 dell'Inghilterra | numerosette.eu
Speriamo che, un giorno, Massimo Mauro dica agli inglesi che la Var gli fa schifo.

Sembra un revival a colori, parecchio familiare: veloci come un treno – non quelli italiani – sfrecciano nella mente di tifosi longevi e/o muniti di Youtube il gol fantasma di Geoff Hurst nella finale della Coppa del Mondo 1966. In quel caso gli inglesi vinsero ugualmente, contro al Germania dell’Ovest, ma a Lampard e compagni la sorte finale non fu benevola ai Mondiali 2010.

Uno dei momenti iconici di questa rassegna mondiale, senza dubbio. E ci fa capire che il calcio può riservare una ragnatela di analogie oculate, inaspettate, quasi sadiche. Sadiche come la Germania di Thomas Muller, leggero tuttofare con un cognome pesante – no, non è lo yogurt – come la punizione che infliggerà a Calamity James.

E non solo a lui.

Dominio teutonico

Germania – Argentina è il perfetto esempio del dominio teutonico. In Sudafrica abbiamo cominciato ad apprendere l’inossidabile caratura degli uomini di Low, a tratti ingiocabili contro un’accozzaglia di campioni parsa confusionaria e poco appetibile per la vittoria finale: e poi, diciamocelo, dare pochissime chance a Milito fu una mossa sconsiderata.

Sconsiderata, quasi sconcertante, fu la differenza organizzativa e mentale tra le due squadre: a scagionare ogni dubbio, comunque, ci ha prontamente pensato Thomas Muller, premiato come miglior marcatore e miglior giovane dei Mondiali 2010.

La Germania estromette l'Argentina dai Mondiali | numerosette.eu
Anche da terra Muller dispensa calcio.

Cinque gol al pari di mostri sacri come Forlan, Villa e Sneijder – ho i brividi solo a scriverli – ma il maggior numero di assist (3) fu determinante per l’assegnazione del premio; quello contro l’Argentina è un assist rivelatore, esemplificativo della carriera e dello spirito di sacrificio di Muller, giocatore che abbina quantità e qualità in maniera esemplare.

Il calcio sudamericano, Uruguay a parte, ne esce con le ossa spezzate: il Brasile Fabuloso di Maicon, Kakà e Robinho cede il passo all’ultima meravigliosa Olanda di un Pallone d’Oro mancato, Wesley Sneijder.

Wes

Provate a leggere Wes al contrario. Ne esce fuori Sew, in inglese cucire, il verbo tattico di Sneijder: all’Inter, e all’Olanda, rappresentò la perfetta cucitura fra difesa e attacco, il collante ideale in grado di innescare rapidamente le punte.

Il Wesley Sneijder del 2010, però, faceva molto di più: era un giocatore totale, senza limiti.

Sneijder Mondiali 2010 | numerosette.eu
“Dove la vuoi? Angolino?”

Complice una deviazione riesce a trovare un angolo apparentemente impossibile o quasi; per i giocatori come lui, impossibile non esiste. Impossibile è solo un difficile che richiede maggior tempo e abnegazione.

È il gol che atterrisce moralmente l’Uruguay, che aveva agguantato il pareggio con il solito Diego Forlan – miglior giocatore dei Mondiali 2010 – rimasto impassibile come tutti alla staffilata di Van Bronckhorst del momentaneo 1-0. Grandissima rassegna, quella della Celeste, priva del pauroso trittico Cavani-Suarez-Forlan nel momento topico: sembrava una sceneggiatura già scritta, romantica, una rivisitazione uruguagia della Mano de Dios che ha solo prolungato di 90 minuti l’avventura dell’Uruguay. Dopo quattro anni torna nel podio una sudamericana – prima del 2006 era accaduto nel 1982. Un contentino e nulla più.

Sembra il Mondiale delle Prime volte. Spagna e Olanda per la prima volta avversarie, in finale.

Piedi de Dios

Era cominciato tutto con un mancino di Tshabalala. Forte, fortissimo, come l’urlo di tutta l’Africa che sperava di imporsi in questa competizione: non ci è riuscita, soffocata da un europeismo ancora una volta irraggiungibile, da una Germania a tratti schiacciasassi che a sua volta ha ceduto il passo a una Spagna silenziosa, neofita di finali, chirurgica. Dall’altra parte l’Olanda, due volte finalista nel 1974 e nel 1978, l’eterna sconfitta pronta a sfatare questo marchio; i presupposti per divertirsi ci sono.

Sbagliato, la finale sarà brutta.

Forse un’ulteriore punizione divina per gli italiani che, delusi, speravano di assistere ad un gran calcio. Divino sarà il piede che chiuderà la rassegna, il destro. Quello di Casillas, prima. Vero, alla fine la decide Iniesta, ma chissà come sarebbe andata se quella palla fosse entrata per la prima volta nelle fasi finali.

L’eterna antitesi destro-sinistro colpisce ancora, più che mai, in questi Mondiali 2010: il sinistro di Robben passa in un nanosecondo da leggendario a inconcludente, alimentando così le speranze delle Furie Rosse. Quante volte Arjen si sarà rivisto quelle immagini, avrà pensato di alzare un pochettino quella palla, quanto bastava per far gioire i Paesi Bassi mai più Alti degli altri.

Rimangono in disparte, i sinistri, anche quelli più importanti. Messi, mai nominato nel pezzo, forse perché non è mai emerso per davvero. Malouda, autore dell’unico gol francese, terribilmente nocivo per i padroni di casa e assolutamente inutile per alimentare una fiamma inesistente.

Alla fine, la destrezza di Iniesta ha chiuso i giochi. Chi se non lui, un campione, con una visione calcistica globale, poteva regalare un sogno al suo Paese. D’altra parte, l’altruismo ce l’ha nel DNA.

Iniesta regala i Mondiali 2010 alla Spagna
Il Destro che trionfa sul Sinistro.

Lo siamo anche noi, tanto da lasciarvi con una sorpresa finale.

Bonus Track

Italiani, coraggio. Abbiamo bisogno di ottimismo, e la perla di Quagliarella ai Mondiali 2010 mi sembra parecchio adatta. Farebbe ancora la differenza in quest’Italia?

P.S. Ricordate bene, c’è uno Tshabalala in ognuno di noi.

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