Era dalla stagione 2006/2007 che l’Italia non qualificava due squadre ai Quarti di Finale di Champions League. La Roma non raggiungeva questo traguardo dal 2007/2008.

Basterebbero questi due periodi per manifestare l’importanza della vittoria giallorossa ieri sera per il movimento del calcio italiano e per la storia prettamente romanista. Una vittoria tutt’altro che banale e che suggella un percorso europeo che, nell’abbraccio empatico finale dell’Olimpico, ha consegnato a Eusebio Di Francesco la cifra reale di un lavoro in cantiere e fin dagli albori criticato, e che regala alla Roma una notte di compiutezza nella consapevolezza di essere una squadra limpidamente inespressa.
Inespressa compiutezza
Dopo la gara d’andata vinta 2-1 dallo Shakthar Donetsk, la Roma poteva ottenere il passaggio del turno in casa con il risultato minimo di 1-0. E così è stato. Grazie all’uomo sul quale i giallorossi hanno deciso di aggrapparsi e sul quale faranno affidamento finché le partite concederanno degli obiettivi ambiziosi; grazie alla giocata verticale e intuitiva di Strootman – alla Totti – sugli sviluppi di un corto-lungo fulmineo che coglie impreparata la linea difensiva ucraina, fino al 51’ perfetta; senza concedere neanche un tiro nello specchio della porta di Alisson, a cui vanno buona parte dei meriti per averla tenuta a galla all’andata; con l’apprensione finale in superiorità numerica e il protagonismo dei raccattapalle che tracciano elementi di continuità radicati nel concetto di Roma; con un fare cinico e un’attenzione difensiva totale che segnano forse l’aspetto più di rottura rispetto alla tradizione recente.
0 – La Roma non ha subito tiri nello specchio in un match di Champions per la prima volta da quando esiste il girone unico (2004/05). Muro. #RomaShakhtar
— OptaPaolo (@OptaPaolo) March 13, 2018
Il dato emblematico, infatti, riportato qui sopra grazie ai dati Opta, è l’espressione insita di due verità che ieri sera sono andate in scena all’Olimpico: lo Shakthar si è presentato con l’obiettivo di concludere la partita 0-0 per passare il turno; la Roma, pur proponendo un gioco opaco, non è stata risucchiata psicologicamente dalla trappola ucraina. Le due verità, quindi, sono confluite in una più grande, comune a entrambe e che ben si sono rappresentate sul prato verde del cuoio: raggiungere la meta con il minimo risultato.
Primo Tempo
Lo Shakthar ha, dunque, impostato il proprio piano gara con un giro palla continuo e paziente tra i propri difensori, nel tentativo di creare spazio avanti a sé con cui imporre superiorità posizionale e sorprendere gli avversari, innescando l’uomo libero in mezzo al campo (mai avvenuto) o favorendo un’uscita lavolpiana con Stepanenko e Fred che, a turno, si abbassavano in mezzo ai difensori centrali.
Nei primi 20 minuti la Roma è stata brava a offuscare e mettere in apprensione la strategia dello Shakthar, aggredendo il primo possesso avversario con una squadra alta e compatta: il risultato più evidente è stato il retropassaggio iterato al portiere Pyatov che, in maniera spesso imprecisa, ha tentato di scaricare la palla sui terzini che si alzavano per accoppiarsi con Bernard e Marlos. La Roma, tuttavia, è riuscita a intercettare palloni pericolosi in zone focali del campo senza, però, impensierire la retroguardia ucraina, reattiva sulle seconde palle, e lesta a riprendere il proprio copione.
La seconda parte del primo tempo, invece, ha messo in luce tutti i problemi del progetto tecnico della Roma. Il pressing, divenuto meno efficace da parte di De Rossi, Strootman e Nainggolan, ha permesso agli uomini di Fonseca di guadagnare campo con la tecnica di Fred, e affacciarsi nella metà campo romana tramite le sortite offensive guidate dalla mobilità di Taison, arginate ottimamente da Florenzi e Manolas, pur rimediando un giallo a testa. Gli ucraini non sono mai stati pericolosi, isolando eccessivamente i propri interpreti offensivi, ma a quel punto la Roma non poteva più contare su una fase di transizione offensiva rapida, bensì era costretta a impostare dal basso, una volta recuperata la sfera.
Al 26’, dagli sviluppi di un calcio di punizione nella propria metà campo, Kolarov invita i suoi compagni a manovrare con maggiore lucidità, ma quando la palla giunge a Manolas due passaggi dopo, il greco verticalizza oltre 70 metri spedendo la palla sul fondo. Da lì in poi la Roma ha tentato molteplici passaggi lunghi da diverse posizioni e con diversi interpreti, saltando completamente il palleggio a centrocampo per sorprendere la difesa dello Shakthar che, tuttavia, non ha mai fatto fatica a leggere l’azione, mantenendo la linea dei 4 difensori alta e costringendo Under a concludere anticipatamente i propri scatti, colto un paio di volte in fuorigioco.
Al 32’ Fazio perde goffamente il possesso sul pressing neanche troppo deciso di Facundo Ferreyra: lo scontro tra i due gitani argentini viene vinto dal romanista che allarga l’alettone sbilanciando regolarmente l’attaccante che, poco prima di giungere nell’area piccola, spedisce malamente alla sinistra di Alisson. È l’azione più pericolosa degli ucraini se si esclude il calcio piazzato a inizio partita, con la deviazione di Florenzi verso la propria porta. Rimane, tuttavia, emblematica la scelta di Fazio. O meglio, la non-scelta di effettuare alcun passaggio, azzardando un dribbling piuttosto insensato, a causa di un immobilismo palese e una squadra spaccata in due blocchi, in cui Nainggolan e Strootman risultano palesemente (e da troppo tempo) estranei rispetto alle proprie attitudine tecniche, e quasi inconsapevoli dei compiti da assumere.
Florenzi calpesta la linea di centrocampo a destra marcato da Bernard, Kolarov a sinistra da Marlos; De Rossi e Manolas sono controllati da Fred e Taison; Stepanenko protegge la propria linea difensiva; Strootman e Nainggolan hanno completamente svuotato il centrocampo senza offrire una reale soluzione a Fazio, se non il lancio lungo.
La Roma al rientro negli spogliatoi sembra più vicina all’eliminazione che al passaggio del turno: a 45 minuti da una stagione che, ancora una volta, rischierebbe di vedere le proprie ambizioni più ardue spente al sorgere della primavera.
“Forza Roma alé! Voglio solo star con te!”? Ancora 45 minuti con la vostra spinta ?#RomaShakhtar #UCL #ASRoma pic.twitter.com/SJAw0lnZWQ
— AS Roma (@OfficialASRoma) March 13, 2018
Nonostante il calore della Sud
Secondo Tempo
La partita è stata completamente ribaltata dalla giocata estemporanea di Strootman al 51’, che non è neanche nelle corde più intime dell’olandese, il quale verticalizza di prima con il mancino, con il busto rivolto verso il fallo laterale sinistro, versante dal quale riceve il passaggio corto di Kolarov. La palla finisce nel corridoio creato da Butko e Rakitsky, che non si alzano a dovere e non hanno il tempo di recuperare Dzeko che li brucia e sorprende Pyatov con un delizioso esterno destro di prima intenzione, spedendo la sfera sotto le gambe del portiere ucraino.
Solo a quel punto, la Roma diventa padrona della partita e del proprio destino, consolidando il possesso palla, affidandosi alla fisicità di Dzeko o alla tecnica del regista occulto, Kolarov. Il serbo al 61’ lancia millimetrico per Nainggolan: il belga controlla al volo e scarica per Dzeko che, con un tiro a uscire da fuori area, sfiora un gol che sarebbe stato esteticamente ineccepibile, emblema della praticità messa in campo dalla Roma ieri sera; al 72’, sempre il serbo, rompe il pressing ucraino saltando l’avversario e attraversando il campo in diagonale fino a servire Gerson in corsa che, anziché concludere con il destro, rientra e colpisce fiaccamente di sinistro; al minuto 77 gli ucraini, in totale sfiducia tattica, compiono harakiri con un retropassaggio molle, letto in anticipo da Dzeko e che costringe Ordets a stendere il bosniaco involato verso il 2-0, e a prendersi il rosso. La palla giunge a un raccattapalle che, reo di aver tardato la riconsegna della sfera, viene abbattuto da Ferreyra. Dalla rissa che ne scaturisce, e sventata dalla diplomazia brasiliana Taison-Gerson, lo Shakthar, con un uomo in meno, trova paradossalmente la forza di ribaltare i rapporti animistici in campo, schiacciando pericolosamente la Roma a ridosso di Alisson. Nell’ultima azione Ismaily imbarazza Perotti e Gerson, presentandosi fatalmente in area di rigore, ma il passaggio di ritorno di Taison è troppo lungo, e consegna ad Alisson la sfera del rilancio finale, carico di significati.
Il popolo romanista può così vivere una notte (da) magica che non le capitava da dieci anni; Eusebio Di Francesco, da debuttante in Champions, potrà tornare a Trigoria con la consapevolezza che l’obiettivo europeo è più che superato, considerando anche la vittoria nell’arduo girone di qualificazione. E, d’ora in avanti, nell’arco di 180 minuti, non necessariamente i valori tecnici verranno rispettati. Sognare è consentito.
L'azione del nostro vantaggio! Passaggio d'oro in verticale di @Kevin_strootman per @EdDzeko, che viene spinto da TUTTO il pubblico nel tu per tu con Pyatov: il tocco di esterno destro sotto le gambe del portiere fa esplodere l'Olimpico ?#RomaShakhtar 1⃣-0⃣ #ASRoma #UCL pic.twitter.com/Gn6sRY1gdz
— AS Roma (@OfficialASRoma) March 13, 2018
Restare equilibrati
E chissà se aver raggiunto questo traguardo, a settembre insperato, non possa regalare al tecnico pescarese la forza di scrollarsi di dosso alcune critiche mediatiche (a cui sono soggetti tutti gli allenatori romanisti a prescindere) e di guadagnare quella leggerezza da tradurre sul campo tramite un gioco più fluido e tecnicamente brillante, ieri sera mai pervenuto. Ma molto probabilmente, almeno per quest’anno, i tifosi romanisti dovranno accontentarsi – ben volentieri – di una squadra più pragmatica che spettacolare, che ha trovato un equilibrio difensivo anacronistico e palpabile (e un portiere straordinario) che rappresenta, a oggi, il reale apporto di Eusebio Di Francesco alla Roma: un XI titolare ben definito e sceso in campo ieri, capace di fornire il meglio di sé quando si tratta di sminuire il gioco avversario, affidandosi nella fase propositiva alle intuizioni individuali di calciatori qualitativamente superiori alla media, ma non ancora in grado di sviluppare un’alchimia tecnica collettiva, da rintracciare anche in alcune decisioni (prese e mancate) di mercato.

Siamo tra le otto più grandi d’Europa: siamo forti anche noi.
Edin Dzeko, 13 marzo 2018, Roma 1-0 Shakthar Donetsk